Trasmissioni video in streaming a velocità elevata che non temono il numero di utenti connessi simultaneamente, anzi! E' la tecnologia che StreamerOne ha deciso di mettere a disposizione di chiunque voglia trasmettere contenuti video in webcasting. Un sistema che si propone di andare oltre il concetto tradizionale di IPTV.
Il segreto è tutto nel sistema di distribuzione che sfrutta il principio a cascata del peer to peer: gli utenti non sono solo dei ricettori ma, dal momento che cominciano a ricevere i dati, diventano anch'essi parte del sistema distributivo. In questo modo lo streaming non incontra alcun problema di congestionamento, perché all'aumentare dei computer collegati, e quindi riceventi, aumentano in perfetta proporzione anche le fonti di trasmissione.
Per capire le strategie e le idee dietro questa iniziativa Punto Informatico ha sentito Gianni Spina, responsabile del progetto StreamerOne.
Punto Informatico: Innanzitutto, in cosa consiste la vostra offerta tecnologica?
Gianni Spina: Abbiamo sviluppato e forniamo la tecnologia necessaria alla trasmissione via internet di contenuti video in streaming. Ma a differenza delle altre tecnologie di webcasting che vanno da un punto, o server, a più ricettori (detta anche tramissione unicast) la nostra sfrutta la tecnologia peer to peer per migliorare la diffusione e ridurre i costi. I primi utenti a connettersi allo streaming, diciamo per esempio i primi dieci, ricevono il segnale in unicast, come accade normalmente, superato però questo numero di connessioni iniziali, gli utenti che si connetteranno in seguito riceveranno le trasmissioni da questi primi fruitori diventati a questo punto anch'essi trasmettitori e così via. Ogni utente diventa un "peer" che riceve e ritrasmette il segnale, così da formare una rete di webcast in condivisione. In questo modo non è più necessaria una tecnologia potente per trasmettere audio e video in buona qualità.
PI: Da dove viene l'idea di questa tecnologia?
GS: Non si tratta di un'idea originale. Ci siamo rifatti ad una tecnologia già molto usata in Cina, dove quasi tutte le trasmissioni video webcast vengono trasmesse in questo modo. Anche se le si volesse vedere dall'Italia il metodo sarebbe il medesimo.
PI: E dal punto di vista legislativo? Ci sono dei problemi per questo tipo di distribuzione?
GS: Non c'è molta differenza dal punto di vista legislativo rispetto ad una qualsiasi trasmissione via etere. Noi forniamo la tecnologia a chiunque voglia trasmettere contenuti video sotto la propria responsabilità sia in ambito nazionale che internazionale. Nel caso vengano trasmessi contenuti protetti da copyright, l'unica limitazione potrebbe essere quella di carattere geografico, ma a questo punto si può fare come già si fa con le trasmissioni unicast, cioè si pongono dei filtri che riconoscano l'indirizzo IP dell'utente e ne determinino così il paese di provenienza, in modo da inibire, se è il caso, la ricezione dei pacchetti.
PI: Credete sia questo il futuro della IPTV?
GS: Questa non è IPTV, si tratta di una cosa diversa, un modo molto economico e assolutamente potente per trasmettere contenuti in streaming di qualità. E' un mezzo che, allo stato della tecnologia di connessione ADSL diffusa in ambito domestico in Italia, consente di trasmettere fino a 180 Kb/s.
Il webcasting peer to peer è una tecnologia scalabile: nel momento in cui da noi arrivi davvero la banda larga potremo avere nelle case trasmissioni in streaming con la qualità video della televisione se non superiore. Per fare un esempio, sempre in Cina, dove le connessioni a banda larga sono poche in percentuale ma tante in numeri assoluti, l'ADSL ha una velocità di 10 Mbit al secondo; se disponessimo di connessioni simili in maniera diffusa anche in Italia si potrebbe distribuire a bassissimo costo video con qualità DVD.
PI: Quindi al momento per essere distribuito senza singhiozzi il video deve essere di qualità media...
GS: E' di una qualità sicuramente superiore a qualsiasi altro video trasmesso in webcasting da un provider unico, in unicast appunto. Per dare un'idea, consideri come punto di riferimento per la qualità di trasmissione attuale quella dello streaming video dei mediacenter di Corriere.it e Repubblica.it.
StreamerOne è quiIl segreto è tutto nel sistema di distribuzione che sfrutta il principio a cascata del peer to peer: gli utenti non sono solo dei ricettori ma, dal momento che cominciano a ricevere i dati, diventano anch'essi parte del sistema distributivo. In questo modo lo streaming non incontra alcun problema di congestionamento, perché all'aumentare dei computer collegati, e quindi riceventi, aumentano in perfetta proporzione anche le fonti di trasmissione.
Per capire le strategie e le idee dietro questa iniziativa Punto Informatico ha sentito Gianni Spina, responsabile del progetto StreamerOne.
Punto Informatico: Innanzitutto, in cosa consiste la vostra offerta tecnologica?
Gianni Spina: Abbiamo sviluppato e forniamo la tecnologia necessaria alla trasmissione via internet di contenuti video in streaming. Ma a differenza delle altre tecnologie di webcasting che vanno da un punto, o server, a più ricettori (detta anche tramissione unicast) la nostra sfrutta la tecnologia peer to peer per migliorare la diffusione e ridurre i costi. I primi utenti a connettersi allo streaming, diciamo per esempio i primi dieci, ricevono il segnale in unicast, come accade normalmente, superato però questo numero di connessioni iniziali, gli utenti che si connetteranno in seguito riceveranno le trasmissioni da questi primi fruitori diventati a questo punto anch'essi trasmettitori e così via. Ogni utente diventa un "peer" che riceve e ritrasmette il segnale, così da formare una rete di webcast in condivisione. In questo modo non è più necessaria una tecnologia potente per trasmettere audio e video in buona qualità.
PI: Da dove viene l'idea di questa tecnologia?
GS: Non si tratta di un'idea originale. Ci siamo rifatti ad una tecnologia già molto usata in Cina, dove quasi tutte le trasmissioni video webcast vengono trasmesse in questo modo. Anche se le si volesse vedere dall'Italia il metodo sarebbe il medesimo.
PI: E dal punto di vista legislativo? Ci sono dei problemi per questo tipo di distribuzione?
GS: Non c'è molta differenza dal punto di vista legislativo rispetto ad una qualsiasi trasmissione via etere. Noi forniamo la tecnologia a chiunque voglia trasmettere contenuti video sotto la propria responsabilità sia in ambito nazionale che internazionale. Nel caso vengano trasmessi contenuti protetti da copyright, l'unica limitazione potrebbe essere quella di carattere geografico, ma a questo punto si può fare come già si fa con le trasmissioni unicast, cioè si pongono dei filtri che riconoscano l'indirizzo IP dell'utente e ne determinino così il paese di provenienza, in modo da inibire, se è il caso, la ricezione dei pacchetti.
PI: Credete sia questo il futuro della IPTV?
GS: Questa non è IPTV, si tratta di una cosa diversa, un modo molto economico e assolutamente potente per trasmettere contenuti in streaming di qualità. E' un mezzo che, allo stato della tecnologia di connessione ADSL diffusa in ambito domestico in Italia, consente di trasmettere fino a 180 Kb/s.
Il webcasting peer to peer è una tecnologia scalabile: nel momento in cui da noi arrivi davvero la banda larga potremo avere nelle case trasmissioni in streaming con la qualità video della televisione se non superiore. Per fare un esempio, sempre in Cina, dove le connessioni a banda larga sono poche in percentuale ma tante in numeri assoluti, l'ADSL ha una velocità di 10 Mbit al secondo; se disponessimo di connessioni simili in maniera diffusa anche in Italia si potrebbe distribuire a bassissimo costo video con qualità DVD.
PI: Quindi al momento per essere distribuito senza singhiozzi il video deve essere di qualità media...
GS: E' di una qualità sicuramente superiore a qualsiasi altro video trasmesso in webcasting da un provider unico, in unicast appunto. Per dare un'idea, consideri come punto di riferimento per la qualità di trasmissione attuale quella dello streaming video dei mediacenter di Corriere.it e Repubblica.it.
da PUNTO INFORMATICO del 23/01/06
Nessun commento:
Posta un commento