31.10.06

Uno shop italiano per film sul pc

Roma - Ha aperto da poco quello che ufficialmente può essere considerato il primo player italiano di un mercato che, stando a quanto succede all'estero, è sempre più interessante. FilmIsNow.it è il primo sito italiano dedicato unicamente alla vendita di film in download: i file sul sito di proprietà di Eutelia, sviluppato in collaborazione con FilmUp, vengono resi disponibili il giorno in cui viene commercializzato il film come tradizionale Home Video. I prezzi? Dai 9,90 ai 13,90 euro, con sconti per chi vuole comprarne anche una copia fisica.

Tutti i file scaricabili sono coperti da un DRM certificato Microsoft, che consente la visione solo su PC (di qui a breve sarà possibile il download anche su Mac) e con Windows Media Player; inoltre con una modifica si impedisce la riproduzione su supporti che non siano il disco rigido su cui viene scaricato. Dunque niente copia e niente masterizzazione, almeno per il momento.

Limitazioni, certo, inevitabili se si vuole avere a che fare con i colossi del cinema, come ha confermato a Punto Informatico Roberto Nardini responsabile del progetto per conto di Eutelia.

Punto Informatico: Come stanno andando i download?
Roberto Nardini: Vanno molto bene e ne sono sorpreso. Sapevamo di essere un servizio innovativo in Italia: rispetto al p2p abbiamo un costo ed una qualità diversa, per cui non ci aspettavamo una risposta così grossa. Siamo decisamente vicini al breakeven che ci eravamo posti, intorno alla decina di download al giorno, numeri decisamente non banali per un negozio online.

PI: I DRM che applicate impediscono la masterizzazione che invece in alcuni altri cinemastore internazionali è consentita. Come mai?
RN: È una richiesta delle major. Il DRM certificato Microsoft che usiamo prevede la masterizzazione e noi vorremmo lasciarla, ma per ora gli studi legali delle major hanno previsto di non permetterla e ci siamo adeguati. Le major sono molto timide su questo mondo digitale e hanno molta paura del discorso della pirateria e di trovarsi sulle bancarelle, anche se di fatto ci sono già.

PI: E poi la visione è "bloccata" su un solo PC...
RN: È una cosa che in realtà si può cambiare. Se si cambia PC o disco fisso si può chiamare il nostro call center che elargisce un altro codice e riemette un nuovo certificato. Contiamo comunque di poter offrire a breve la possibilità di aumentare la flessibilità di utilizzo.

PI: Oltre all'attuale intesa con Warner, con quali altre case contate di stringere accordi?
RN: Entro Natale stringeremo accordi con altre quattro grandi majors per avere il parco più ampio possibile, loro intanto stanno valutando la prima risposta del mercato che dopo le prime settimane è molto positiva. Rispetto al negozio fisico è proprio il grande catalogo che farà la differenza, perché nei negozi normali il prodotto nuovo rincalza il prodotto vecchio. Difficilmente si trovano film storici nelle videoteche o anche edizioni particolari.

PI: Chi sono i vostri concorrenti in Italia?
RN: Non ci sono. Tutti fanno servizi di film streaming. I film si vedono una o due volte ma alla fine non posseggo nulla, sono una concorrenza al noleggio.

PI: E voi perché fate solo vendita e non anche noleggio?
RN: Per questioni di rete. Oggi lo streaming in Italia, ma anche in Europa, non funziona perfettamente e noi volevamo puntare sulla qualità.

PI: Ma lo streaming non è l'unica soluzione per il noleggio, avreste potuto applicare dei DRM che facciano scadere il file dopo un certo numero di giorni
RN: Si, però non ci convinceva. Volevamo una ragione d'acquisto diversa.

PI: I concorrenti internazionali sono moltissimi ma al momento nessuno è presente in Italia, anche se è questione di poco tempo ormai. Come pensate di affrontare una concorrenza che con ogni probabilità sarà agguerrita?
RN: Il nostro rischio più grosso sicuramente è quello di essere i soli a proporre questo tipo di servizio, perché l'utente non si abitua all'offerta. Se siamo un certo numero crediamo che ci sarà una presa di coscienza maggiore da parte degli utenti e noi comunque saremo nel mercato da più tempo. In questi mercati poi solitamente vince chi sbaglia di meno e noi speriamo di avere più esperienza degli altri.

da PUNTO INFORMATICO del 31/10/06

27.10.06

Gentiloni: DTT e IPTV due progetti diversi

Roma - La televisione del futuro sarà digitale, ma quale sarà il suo assetto ancora non è chiaro. Ospite degli studi di RaiUtile, la rete del digitale terrestre RAI dedicata all'accorciamento della distanza tra lo stato (nelle sue mille forme) e il cittadino, il ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni ha chiarito la visione dell'attuale governo e ha risposto ad alcune domande riguardo al rapporto della televisione digitale terrestre con quella ben più innovativa che passa attraverso il protocollo IP.

A quanto sembra, l'obiettivo del ministro al momento è principalmente e primariamente quello di ridurre le posizioni dominanti e dare modo a più editori di avere accesso alle frequenze (un modo anche per stimolare una maggiore qualità). Ma non solo le frequenze devono essere libere, anche e soprattutto la raccolta pubblicitaria non deve essere monopolio dei soliti noti: "Sono 20 anni che non riusciamo a fare una legge che regoli come si deve il sistema televisivo. Non c'è riuscita la legge Mammì, non c'è riuscita la legge Maccanico nè tantomeno la Gasparri", per questo Gentiloni ha come obiettivo principale, ora più che mai, il pluralismo e la liberalizzazione.

Ma è la televisione via internet, al momento, il nemico maggiore del digitale terrestre, una televisione a basso costo, fatta dal basso e dalle potenzialità infinite. Interrogato sulle possibilità di una concorrenza al digitale terrestre da parte di una tv che sfrutta un mezzo già nelle case di tantissimi, il ministro ha risposto che "la televisione via internet e quella digitale terrestre credo siano due cose ben diverse. La prima ha la straordinaria potenzialità di portare nelle case di chi la può utilizzare un grandissimo archivio di film e programmi da consultare di volta in volta, più una programmazione lineare come nelle altre televisioni. Può insomma garantire un'offerta maggiore sia del digitale terrestre che del satellite. È una modalità che tuttavia si svilupperà solo nei prossimi anni e che ha dei problemi di ammodernamento della rete. Ci sono miliardi di investimenti da fare sulla rete TLC per connettere milioni di persone, cosa che dipende molto da chi è il gestore principale di questa risorsa cioè Telecom Italia e dal fatto che possa effettivamente farli questi investimenti. Il digitale terrestre è diverso invece, si tratta di una televisione gratuita destinata alle grandi platee generaliste."

Dunque la visione del ministro della televisione digitale è:satellite e internet a pagamento e digitale terrestre come piattaforma gratuita disponibile a tutti. Queste anche le ragioni dello spostamento in avanti dello switch off dalla tv analogica al DTT.

Incalzato poi anche in studio su questo tema, il ministro ha ricondotto il suo discorso ai tre obiettivi fondamentali: "Ci sono tre cose che non si toccano" ha risposto "La ridistribuzione delle risorse in materia di raccolta pubblicitaria per evitare posizioni dominanti. I grandi broadcaster che devono andare verso lo switch off con una rete ciascuno, per liberare più frequenze possibile. E infine la strutturazione di regole ferme per quando il digitale terrestre sarà a regime (dopo il 2012), noi pensiamo ad un tetto di 12 reti a testa".

Secondo Gentiloni non si può pensare ad uno spegnimento della televisione analogica prima del 2012 (come sostiene Maurizio Costanzo) perché ci sono moltissime persone a cui il decoder non deve essere solo venduto ma gli deve essere anche spiegato come usarlo. Ci sono le persone sole, gli anziani e i meno informati, fino ad ora invece il governo ha aiutato solo gli early adopters e i più curiosi. Anche per questo il Ministero delle Comunicazioni ha stabilito che entro i 2009 una rete Rai e una Mediaset andranno sul digitale terrestre in avanscoperta.

da PUNTO INFORMATICO del 27/10/06

25.10.06

Renaissance spinge in avanti l'animazione digitale

Per realizzare Renaissance ci sono voluti dieci anni di ritardi, finanziamenti raccolti dovunque nel mondo (anche dalla Miramax), continua sperimentazione, continui errori e ripensamenti e continue innovazioni tecniche. Durante la realizzazione del film, il software necessario ad animare i personaggi e compiere il rendering in bianco e nero è stato sviluppato a seconda delle esigenze degli animatori dal team diretto dal regista/ideatore del progetto Christian Volckman. Questo perché nessuno si immaginava che, una volta compiuto il rendering in bianco e nero delle sequenze animate, una minima variazione nei movimenti facciali potesse cambiare totalmente l'espressione del personaggio poiché, nel bianco e nero di Renaissance ci sono molti meno tratti e dunque sono tutti fondamentali.

L'idea che ha mosso fin dall'inizio Volckman era quella di trovare una strada che fosse davvero a metà tra cinema tradizionale e cinema d'animazione tridimensionale e che, non a caso, potesse rappresentare un valido esempio di animazione per adulti (cosa che dieci anni fa non era assolutamente data per scontata). Per fare questo, Volckman ha iniziato assieme a Marc Miance (numero uno del reparto motion capture all'Attitude Studio) dai modelli in 3D, prima ancora di girare il film: "Questo è servito - sostiene Miance - a far capire a tutti il feeling che avrebbe dovuto avere il film". Successivamente è passato a girare il film in maniera più o meno tradizionale per nove settimane con ventiquattro macchine da presa HD. In seguito è stato il momento della cattura dei movimenti degli attori con il motion capture, poi li ha attribuiti ai personaggi di sintesi, ha montato le scene e infine ha eseguito il rendering in bianco e nero creando anche tutto lo scenario.

È stato chiaramente l'ultimo passo del processo quello che ha creato il maggior numero di problemi. Sempre Miance ha ricordato come: "Per creare una Parigi del 2054 che fosse credibile [rispetto ai personaggi animati in motion capture e alle riprese effettuate come un film normale] l'abbiamo dovuta creare come un vero set. Cioè abbiamo dovuto popolare le strade di centinaia di comparse come se l'avessimo davvero filmato a Parigi. La sequenza più grossa ha richiesto la creazione di 5000 comparse. Neanche a dirlo ci siamo serviti di un software sviluppato da noi".

Ma se questa componente era già stata sperimentata in altri film d'animazione, la vera sfida è stata comprendere come realizzare artifici quali le trasparenze dei vetri o la profondità di campo con il bianco e nero supercontrastato che è la cifra estetica di Renaissance. Per il primo problema la soluzione finale è stata utilizzare un set di ombre in toni di grigio per dare l'idea giusta mentre, dopo molto sperimentare, il team ha scoperto che sfocando e poi rimettendo a fuoco i fondali si otteneva quell'effetto di soffice smagliatura tipica della profondità di campo.

Il risultato finale è un'esperienza di notevole impatto visivo. Renaissance è un film d'animazione in 3D che, a causa del particolare tipo di bianco e nero che usa sembra in 2 dimensioni, ma che acquista profondità nelle inquadrature dove i soggetti sono virtualmente vicini alla macchina da presa e soprattutto che è dotato di piani sequenza e movimenti di macchina difficilmente riscontrabili in un film d'animazione tradizionale.

da MYMOVIES.IT 25/10/06

Un Oscuro... disegnare

I distributori di Un oscuro scrutare hanno dimostrato sicuramente lungimiranza, cavalcando abilmente tutte le ultime mode della rete. Poco prima della sua uscita, infatti, hanno bandito un concorso per il miglior remix del trailer del film, dopodiché - a film uscito nelle sale (americane) - ne hanno messo in rete (cioè a disposizione di tutto il mondo) i primi venti minuti. Decisamente una bella fiducia nel prodotto.
Ma non si tratta solo di abilità di marketing, tutte le tecnologie messe in campo dal film (sulle quali chiaramente regna l'uso fatto del rotoscoping) sono usate in maniera molto intelligente.
Un oscuro scrutare è forse il film che a oggi ha richiesto più lavoro di post produzione da quando questa esiste. Lo stesso Linklater non ce la faceva più e in mezzo è riuscito a girare altri due film ( Bad News Bears e Fast Food Nation), arrivando a dichiarare stremato: "So come si fa un film, ma davvero non so come trattare l'animazione", facendo riferimento alle mille difficoltà che il suo team ha incontrato nell'applicare la tecnica del disegno al computer ricalcando le scene girate con Keanu Reeves, Robert Downey Jr. e Woody Harrelson. Non è bastato infatti aver già girato un film con questa tecnica (Waking Life); ora che il budget è infinitamente più alto e il software sviluppato appositamente dal MIT di Boston (Rotoshop) infinitamente migliorato (tanto che solo poche persone sanno usarlo), tutto si era complicato.

Sono stati necessari licenziamenti, spostamenti dell'unità di post-produzione, nuove assunzioni, lezioni su come usare il software e più di due anni di lavoro per cominciare solo ad avere un'idea di quando il film sarebbe stato pronto. Parecchi gli ultimatum che i produttori hanno inviato a Linklater, il quale ogni volta rispondeva mostrando piccoli trailer o sequenze finite per convincerli ad andare avanti.
A un certo punto lo stesso Linklater si è dovuto allontanare dal processo di disegno sui fotogrammi: "Era così lento che non ce la facevo, di settimana in settimana mi mettevo dietro le spalle degli animatori e vedevo che così poco era stato fatto. Era troppo per me! Dovevo lavorare su altre cose per mantenermi sano di mente".
Ora che quest'inferno è finito il regista di School of Rock e Dazed and Confused giura che non farà più un film d'animazione, salvo poi ritrattare subito dopo, auspicando un modo per farlo senza tutto questo dolore. Ma ne è valsa la pena?
L'obiettivo dichiarato di Richard Linklater era avvicinare un pubblico più maturo all'animazione, mostrare loro, con un solo film, che esiste una dimensione adulta dell'animazione, nella speranza che altri seguano la sua strada. Ma decisamente è andato anche oltre i suoi propositi.
Con Waking Life, pur nella sua immaturità, Linklater aveva cominciato a sperimentare un nuovo linguaggio: quello della tecnologia al servizio della recitazione, quello che cerca una strada di mezzo tra il film tradizionale e il cartone animato. In quale cartone si possono avere delle scene frutto di improvvisazione sul set? In quale cartone i personaggi non hanno espressioni che sembrano reali ma espressioni facciali vere e proprie? Per quale cartone si fanno riunioni su riunioni con i protagonisti per discutere sui personaggi?

Il risultato di questa sperimentazione cine-linguistica è che Un oscuro scrutare è differente sia dai film tradizionali che dai cartoni animati. Perchè se un film tradizionale, quando incorpora effetti speciali lo fa cercando il più possibile il realismo (cioè la non discrepanza con il resto degli elementi dell'immagine) e il cartone animato non ne ha bisogno perchè tutto ciò che accade di impossibile sarà disegnato, al pari del resto del film (cioè avrà lo stesso grado di verosomiglianza), allora, Un Oscuro Scrutare, è necessariamente a metà perchè non può essere inserito in nessuna delle due categorie. In un film realizzato usando il rotoscoping - come ha fatto Linklater - la fusione tra film ed effetti speciali è totale; elementi veri e inventati hanno il medesimo grado di realismo. E se la storia è ben narrata questo può arrivare a essere molto elevato.
Quando Keanu Reeves vede gli amici con il corpo di insetto non c'è discrepanza rispetto alla scena precedente, non c'è stupore o incredulità davanti a qualcosa di non possibile realmente, non c'è stacco con il resto del film o con gli altri elementi dell'immagine, tutto è disegnato, tutto è falso. Quindi tutto è vero.
Questa proprietà, se ben sfruttata (come Linklater era già stato capace di fare in Waking Life) porta un diverso grado di emotività alla pellicola, non un grado maggiore e non minore, ma diverso.

da MYMOVIES.IT 21/10/06

19.10.06

Alla Festa Del Cinema in scena il Digital Party

E' con la giusta dose di orgoglio che Fabrizio Fultò dichiara che: "Non ci sono festival o feste del cinema con una sezione dedicata agli effetti speciali", nulla insomma come il Digital Party, la mostra/esibizione/workshop allestita interamente nello Spazio Espositivo Uno presso l'Auditorium di Roma, un'area di 2300 metri quadrati che gli ideatori non esitano a definire "underground" per la sua collocazione sotterranea e per l'illuminazione dai forti toni blu.
Un'intera area dedicata alle nuove tecnologie del cinema che in questa prima edizione darà particolare attenzione al tema cardine della Festa Del Cinema 2006: il lavoro dell'attore.
Il cuore del Digital Party infatti è costituito dalla messa in scena dell'intero processo di creazione di un attore digitale attraverso il motion capture (la tecnica che è servita ad animare Gollum di Il Signore Degli Anelli o il King Kong di Peter Jackson). Ci sono schermi piatti diffusi in tutta l'area sui quali sono visualizzati i diversi step che danno vita all'attore di sintesi: dalla "cattura" dei tratti facciali, alla loro tridimensionalizzazione, alla cattura dei movimenti del corpo, fino all'applicazione del viso sul corpo e l'interazione, sempre in un ambiente rigorosamente virtuale, con attori in carne ed ossa.
"Abbiamo voluto creare uno spazio che stupisca chi entra con la sua magia, che è poi quella dei trucchi cinematografici, senza parlare del funzionamento delle componenti elettroniche ma mostrando le radici storiche di queste evoluzioni", in questo modo Adriano Levantesi spiega l'obiettivo dichiarato dell'evento, cioè mostrare al pubblico come nel virtuale non scompaia l'artigianato del cinema, anzi. Ogni mestiere "analogico" ha un suo corrispettivo digitale. Le tecnologie al servizio del cinema anche nell'era digitale per funzionare richiedono pratica, apprendistato e creatività artigianale, non si tratta di una scappatoia tecnica che delega il lavoro alle macchine. Ed è per dimostrare questo che Fultò e Levantesi (le menti dietro il Digital Party) hanno voluto mettere a disposizione del pubblico l'esperienza e i mezzi tecnici che le aziende partner hanno portato. In questo modo ogni avventore può, spostandosi attraverso l'area espositiva, diventare il modello per la creazione di un clone digitale con il quale alla fine sarà anche possibile interagire in un ambiente rigorosamente virtuale, mettendosi di fronte al classico pannello blu.
Ma non ci sarà solo questo, il Digital Party durerà per l'intera durata della Festa e oltre ad esporre tecnologia consentirà anche di capirne di più sui sistemi produttivi. La più grande sorpresa è infatti scoprire che alcuni dei maggiori esperti che lavorano alla post produzione digitale ad Hollywood sono italiani o di origine italiana. Professionisti che interverranno per parlare o fare delle lezioni ad un pubblico di esperti, da Anthony Lamolinara a Filippo Costanzo fino ad Antonio Noti, il primo italiano a lavorare come supervisore agli effetti speciali per un'azienda americana, la Sony Images.

15.10.06

La Casa Dei Mostri Viventi

L'animazione 3D è sicuramente il campo che, al momento, consente la maggiore libertà creativa, il miglior riscontro di pubblico, offrendo allo spettatore un territorio tutto nuovo da esplorare, elementi che non possono non fare gola a un cineasta puro e devoto al blockbuster come Steven Spielberg, il quale già aveva tentato un'incursione nel mondo dell'animazione partecipando alla produzione nel 1998 de Il Principe d'Egitto.
Ma il vero precedente di Monster House è Polar Express, prima pellicola ad applicare la tecnica del motion capture a un film d'animazione (all'epoca fu addirittura scritturato Tom Hanks per il doppiaggio e la recitazione facciale) e ormai pezzo d'antiquariato.
Sono in molti a fare sperimentazione, tentando nuove forme cinematografiche e nuovi tipi di narrazione, ma specialmente dal punto di vista tecnologico ancora nessuno è all'altezza dei terribili giovanotti (ormai vecchietti) che a fine anni '70 rivoluzionarono Hollywood. Spielberg, Burton, Lucas e Cameron (tra i tanti) sono ancora i fari a cui guardare, gli unici capaci di far fare alle tecnologie del cinema balzi da gigante a ogni loro sperimentazione.

In Monster House non tutto è perfetto, il motion capture facciale è eseguito solo per i personaggi principali e questo fa sì che si noti una marcata differenza con l'animazione dei comprimari, i movimenti non sono fluidi come quelli dei campioni della Pixar e la costruzione della scena è ancora vincolata alla gestione di pochi elementi ma tanto basta per dare un impulso, uno stimolo al mondo della produzione animata. E non solo.
L'ultimo film prodotto da Spielberg e Zemeckis sarà infatti il più grande lancio nelle sale in tre dimensioni della storia del cinema. Sale che in America sono in continua ascesa specialmente dopo il clamoroso quanto inaspettato successo del non troppo esaltante Chicken Little 3D della Disney, su questo tipo di schermi.
Il segreto dei film d'animazione in 3D tuttavia non è interamente dovuto a ragioni tecnologiche, anzi! È tutto merito del ritorno alla narrazione di grandi storie. La Disney e i suoi pochi concorrenti, negli anni '90 avevano cominciato a mostrare segni di stanchezza da questo punto di vista, mentre la Pixar, da Toy Story in poi, aveva dimostrato che poteva esistere un tipo di narrazione diversa prima ancora che una tecnologia diversa.

La tecnologia d'animazione in 3D sta riportando il cinema a una dimensione di piccoli budget che consente la produzione di film più rischiosi, più modesti e non necessariamente buoni per tutti i pubblici.
Un film da 100 milioni di dollari dovrà piacere a tutti, dovrà contenere elementi che soddisfino ogni tipo di pubblico, dovrà essere un successo assicurato e per fare questo dovrà essere un film che batta il sentiero più sicuro che c'è. Al contrario un film da 8 o 9 milioni di dollari può anche permettersi di puntare a un target più specifico e prendersi il lusso di tentare di battere una nuova strada. Lo stesso Ralph Guggenheim, produttore di casa Pixar (responsabile all'epoca di Toy Story) ha dichiarato di essere: "molto interessato a produrre pellicole animate da 8 o 10 milioni di dollari, sappiamo che si possono fare". Il costo dei software e delle macchine per "disegnare" un cartone in 3D sta crollando di mese in mese, gli strumenti sono virtualmente nelle mani di tutti e si vede. Accanto ai soliti grossi film ne escono moltissimi altri fatti a basso costo (molti dei quali francamente inguardabili) che non hanno la tecnologia di Cars ma cercano nuove strade.
Lo stesso esordio fulminante di quelli che ormai sono dei classici come Shrek o L'Era Glaciale (il primo della Dreamworks il secondo dell'indipendente Blue Sky) va considerato in quest'ottica. Il loro successo era dovuto non alla tecnologia (che pure era diversa dalle altre di quel momento) ma all'approccio che avevano deciso di avere nei confronti del cinema (non solo d'animazione). Sono stati questi film, per dire, a mettere in evidenza come anche il cinema d'animazione si nutra del cinema passato attraverso il citazionismo, spinto però alle massime conseguenze. Da Shrek in poi i film d'animazione in 3D sono colmi di citazioni cinefile, molto più di quanto non lo siano i film normali, e anche la Pixar si è lentamente adeguata. Il risultato è allora che anche il più infantile e mediocre dei film d'animazione contiene elementi che possono soddisfare e sollazzare solo un pubblico maturo.
Questa è la dimostrazione più evidente dello stato di salute di questo tipo di cinema, il fatto che comincino a uscire anche molte pellicole prodotte con pochi soldi e di scarso valore. La massificazione e il conseguente abbassamento della qualità media sono segni inequivocabili della raggiunta maturità produttiva di questo genere, l'unico per il momento a consentire un exploit formidabile a un costo contenuto.

da MYMOVIES.IT del 13/10/06

11.10.06

Snakes On A Plane, fenomeno internet

Il fenomeno "Snakes On A Plane" è cominciato ben un anno fa, nell'estate del 2005, quando Josh Friedman, uno sceneggiatore hollywoodiano di poco conto, dal suo blog ha lanciato la notizia di essere stato contattato per contribuire al lavoro sullo script di un film il cui titolo semplice e sincero lo aveva da subito galvanizzato e insieme ispirato: "Snakes On A Plane".
La semplice pubblicazione del titolo provvisorio (o come si dice in gergo "titolo di lavorazione") ha attivato un meccanismo di feroce passaparola e fomento generale attraverso internet. Un movimento talmente ampio e pervasivo che è arrivato all'attenzione della New Line Cinema, lo studio che produce il film, che nel frattempo aveva deciso di passare dal titolo di lavorazione al definitivo "Pacific Airflight 121" e che si è vista costretta a tornare sui suoi passi, forzata a sorpresa anche dallo stesso protagonista Samuel L. Jackson, il quale ha raccontato di aver commentato la notizia del cambio di titolo con un secco: "Come sarebbe a dire avete cambiato il titolo? Io avevo accettato solo per quello!".
Ma la furba New Line non si è fermata qui. Compreso il valore e l'importanza che la grossa comunità della rete aveva ormai assunto ha deciso di utilizzare quest'aspettativa prematura a suo vantaggio. Le community, i forum e i blog più attivi sul piano della speculazione sulla possibile riuscita di un film dal titolo così promettente sono stati contattati e ascoltati dalla produzione, è stata messa in piedi una campagna promozionale ad hoc che puntasse sul gusto retrò del cinema di serie B e sulla figura di Samuel L. Jackson (che dopo le dichiarazioni di amore per il genere e per un film con quel titolo aveva assunto lo status di idolo). Gli spettatori sono stati utilizzati come grande test di mercato per la riuscita del film e addirittura il regista David Ellis si è dovuto piegare al volere dei consumatori e girare delle scene in più, nonostante il film fosse già considerato concluso, solo per aggiungere, stando alle dichiarazioni ufficiali: "Più serpenti, più gore, più nudità e più Samuel L. Jackson". Portando tra le altre cose il film da "Pg-13" (sigla che indica il divieto di visione per i minori di 13 anni) a "R" (divieto per i minori di 17 anni non accompagnati). Una mobilitazione di massa insomma che ha portato forse per la prima volta gli spettatori a contribuire a dare una forma ai film che vorrebbero vedere al cinema.
Tuttavia pensare che sia tutto merito di un titolo accattivante sarebbe estremamente riduttivo, "Snakes On A Plane" non è semplicemente un buon titolo, è un simbolo. Tutti coloro i quali sono cresciuti e hanno amato quel cinema d'azione di serie B un po' splatter e gore, dalla trama semplice e scontata che sollazza più la pancia che la mente, hanno immediatamente riconosciuto in quel titolo un'ammissione di sincerità e una promessa di felicità. Titoli più complessi o più raffinati rimandano ad un gruppo di esperti attorno ad un tavolo che studiano la maniera migliore per promuovere un film, mentre un titolo così schietto e semplice rimanda ad uno scrittore ubriaco che non ha voglia di pensare anche ad un titolo per l'ultimo copione da 4 soldi che ha scritto e butta giù l'unica cosa che abbia senso.
In questo senso "Snakes On A Plane" più che un titolo è stato subito il simbolo di un modo di concepire il cinema che ha fomentato gli animi degli appassionati di quei film di serie B che non hanno paura di proporre un intreccio banale dalla risoluzione scontata e più azione che parole ma anzi cercano di farlo meglio che possono.

10.10.06

Caccia Al Tesoro Wi-Fi, Com'E' Andata

Roma - Si è da poco svolta a Roma nell'area di Villa Borghese la prima iniziativa Play Your City, un modo per creare una cultura delle tecnologie al servizio della didattica. Alcuni studenti di tre scuole romane (il Liceo classico Dante, l'Itis Einstein e l'Ipsia Europa) hanno partecipato ad una caccia al tesoro all'interno del parco, armati di una Playstation Portable e sfruttando gli hotspot WiFi ad accesso gratuito installati nell'area ormai da tempo da RomaWireless.

Punto Informatico ha scambiato quattro chiacchiere con due dei protagonisti dell'organizzazione: Gianni Celata, direttore di RomaWireless, e Mirta Michilli direttrice del Consorzio Gioventù Digitale.

Punto Informatico: Come funziona una caccia al tesoro WiFi?
Celata: I ragazzi, attraverso la PSP, si collegavano al sito e una volta indovinata la risposta era il portale a dare l'autorizzazione a passare alla tappa seguente.
Michilli: La caccia la tesoro WiFi coniuga il tradizionale ed il digitale, da un lato la struttura classica del ben noto gioco di squadra, dall'altro una playstation al posto dei tradizionali bigliettini di carta, per leggere le domande, collegarsi ad Internet tramite Hotspot per fare ricerche, digitare e inviare le risposte.

PI: Docenti e alunni si sono divertiti?
Celata: Il software che noi abbiamo preparato appositamente permetteva da un laptop di monitorare come le singole squadre progredissero. Si era creato attorno allo schermo un certo tifo dei professori che vedevano le squadre avvicendarsi nella classifica.
Michilli: Tutti i ragazzi sono estremamente ricettivi a questo tipo di proposte, e l'evento ha mostrato come le tecnologie catturano anche quegli studenti che sui libri tradizionali fanno più fatica.

PI: Pensate ad altre edizioni di questa particolare.. caccia scolastica?
Celata: Sicuramente. Vorremmo ripetere questa cosa con percorsi nella città, la Roma del Tiziano, la Roma del Bernini, del Caravaggio o la Roma medievale o anche la Roma delle Fontane o quella di Dan Brown addirittura. Vorremmo allargarci anche a programmi di edutainment per ragazzi e per adulti, magari da legare a iniziative anche per turisti.

PI: Quindi pensate di allargare i "confini" di questo edugame?
Michilli: Noi vorremmo ripetere l'iniziativa magari a livello cittadino. Oggi i contenuti sono su Villa Borghese perché il software è stato programmato con 11 o 13 domande su questo, ma abbiamo visto anche come tutto ciò abbia un valore particolare per le scuole di periferia e per questo lo vogliamo ripetere. Immaginiamo anche una caccia al tesoro cittadina che esplori i luoghi storici della città a cui far magari partecipare le scuole di vari municipi della città.

PI: Quali sono gli obiettivi di una iniziativa di questo tipo?
Michilli: La nostra attività principale è portare il digitale nelle scuole e promuovere un utilizzo delle tecnologie multimediali al servizio della didattica, dimostrando che le nuove tecnologie sono in grado di veicolare educazione, cultura e facilitare una didattica innovativa più idonea alla scuola del 21esimo secolo.
Per questa iniziativa la nostra parte è consistita nel coinvolgere e preparare le scuole, mentre Sony ha fornito le PSP e Roma Wireless ha messo a punto l'infrastruttura.

PI: Perché collaborare con Sony, una multinazionale giapponese?
Celata: Perché quello che stiamo facendo a Roma è un caso internazionale che non può non interessare le grandi aziende. Per ora c'è solo Sony, ma altre collaborazioni sono dietro l'angolo, come quella con Google, che coinvolgerà le scuole per lo sviluppo di progetti tridimensionali di Roma con un software che ci forniranno gratuitamente da Mountain View e che lanceremo con il Consorzio Gioventù Digitale.
Anche con IBM attiveremo una collaborazione, assieme a piccole e medie imprese romane, per sviluppare progetti di ricerca sulle piattaforme di gestione delle reti wireless e dei contenuti per questi nuovi network.

da PUNTO INFORMATICO del 10/09/06

3.10.06

Cars

Saetta McQueen è la matricola più promettente di tutta la storia della Piston Cup, il principale torneo automobilistico non europeo. È bello, forte, veloce e arrogante, dalla vita ha tutto quello che vuole ma, durante il trasferimento verso il circuito dove disputerà la grande finale, si trova accidentalmente bloccato a Radiator Springs, un piccolo paesino di provincia. Costretto ai lavori forzati e a stare a contatto con persone (o macchine) dai valori semplici ma radicati, riuscirà a trovare la vera felicità, l'amore e forse anche qualche motivazione in più per vincere il campionato.
Dopo sette anni di assenza alla regia (anni nei quali si è comunque dedicato alla produzione delle altre opere Pixar) torna John Lasseter. Era il 1999 quando aveva diretto il suo ultimo lungometraggio, Toy Story 2, e molte cose sono cambiate in questi 7 anni nel mondo dei cartoni animati, proprio per merito della Pixar. Sono usciti capolavori come Monsters & Co., Alla Ricerca Di Nemo e Gli Incredibili, film che hanno segnato una decisiva svolta nel modo di scrivere (ma anche di disegnare e progettare) cartoni animati, storie diverse che non hanno perso le loro radici classiche ma che sanno essere molto moderne ed emozionanti nel senso più cinematografico possibile.
Cars invece punta tutto sulla divertente (e lo è per davvero) traduzione del nostro mondo in un universo di macchine (nel film ci sono vetture che fanno il verso a Jay Leno, Arnold Schwarzenegger e Michael Schumacher) poggiando su una trama che più prevedibile non si può. Rimane comunque innegabilmente molto bello il modo in cui la Pixar ha antropomorfizzato le automobili (giganteschi occhi "giapponesi" sul parabrezza, radiatori come baffi, paraurti come mento e perfetta armonia tra tipo di vettura e carattere del personaggio), un raro esempio di utilizzo "emozionale" della computer graphic.

da MYMOVIES.IT

Superman Returns

Quando Superman ritorna in grande stile dopo 5 anni di assenza, giustificata (ma non agli occhi del mondo) da un viaggio verso gli ultimi resti del suo pianeta natale Krypton, non tutti sono pronti ad accettarlo. Specialmente la sua amata Lois Lane che intanto ha vinto un premio pulitzer con l'editoriale "Perchè il mondo non ha bisogno di Superman" e vive con un compagno e un figlio. Ci sono molte cose da mettere a posto, disastri da sventare, criminali da inseguire, donne amate da riconquistare e soprattutto Lex Luthor da fermare. La nemesi storica dell'uomo d'acciaio infatti ha pronto un piano per erigere un nuovo continente e diventare il padrone del mondo vendendo tecnologia aliena.
A 19 anni dall'ultimo episodio cinematografico di Superman, l'uomo d'acciaio torna sugli schermi per la quinta volta, ma Bryan Singer si è rifiutato di considerare la trama dei capitoli III e IV della saga e riprende il filo narrativo da Superman II.
La struttura del film è praticamente la medesima del primo episodio di Richard Donner datato 1978, ma lo stesso non si può dire della resa. Nelle mani di Singer il film diventa il classico permeato d'ironia che è sempre dovuto essere, il trionfo del superomismo più puro, dove, come è giusto che sia, all'impalpabile figura angelica dell'eroe di Krypton è affiancato uno splendido cattivo, il Lex Luthor di Kevin Spacey, assieme a una serie di sequenze altamente spettacolari.
Ma al di là di ogni interpretazione, a colpire più di tutto è il talento visivo di Singer che si impone come vero elemento di propulsione del film. Colmo di sequenze già viste ma girate in maniera mai vista, Superman Returns conferma come il regista emerso con I Soliti Sospetti sia uno dei migliori entertainer del cinema americano, capace di andare alle radici dello spirito hollywoodiano e girare dei blockbuster dall'anima classica che sappiano intrattenere con gusto e intelligenza un pubblico che non ha vergogna di emozionarsi davanti alle avventure e ai problemi di un alieno dotato di superpoteri che agisce per il bene dell'umanità.

da MYMOVIES.IT