L'animazione 3D è sicuramente il campo che, al momento, consente la maggiore libertà creativa, il miglior riscontro di pubblico, offrendo allo spettatore un territorio tutto nuovo da esplorare, elementi che non possono non fare gola a un cineasta puro e devoto al blockbuster come Steven Spielberg, il quale già aveva tentato un'incursione nel mondo dell'animazione partecipando alla produzione nel 1998 de Il Principe d'Egitto.
Ma il vero precedente di Monster House è Polar Express, prima pellicola ad applicare la tecnica del motion capture a un film d'animazione (all'epoca fu addirittura scritturato Tom Hanks per il doppiaggio e la recitazione facciale) e ormai pezzo d'antiquariato.
Sono in molti a fare sperimentazione, tentando nuove forme cinematografiche e nuovi tipi di narrazione, ma specialmente dal punto di vista tecnologico ancora nessuno è all'altezza dei terribili giovanotti (ormai vecchietti) che a fine anni '70 rivoluzionarono Hollywood. Spielberg, Burton, Lucas e Cameron (tra i tanti) sono ancora i fari a cui guardare, gli unici capaci di far fare alle tecnologie del cinema balzi da gigante a ogni loro sperimentazione.
In Monster House non tutto è perfetto, il motion capture facciale è eseguito solo per i personaggi principali e questo fa sì che si noti una marcata differenza con l'animazione dei comprimari, i movimenti non sono fluidi come quelli dei campioni della Pixar e la costruzione della scena è ancora vincolata alla gestione di pochi elementi ma tanto basta per dare un impulso, uno stimolo al mondo della produzione animata. E non solo.
L'ultimo film prodotto da Spielberg e Zemeckis sarà infatti il più grande lancio nelle sale in tre dimensioni della storia del cinema. Sale che in America sono in continua ascesa specialmente dopo il clamoroso quanto inaspettato successo del non troppo esaltante Chicken Little 3D della Disney, su questo tipo di schermi.
Il segreto dei film d'animazione in 3D tuttavia non è interamente dovuto a ragioni tecnologiche, anzi! È tutto merito del ritorno alla narrazione di grandi storie. La Disney e i suoi pochi concorrenti, negli anni '90 avevano cominciato a mostrare segni di stanchezza da questo punto di vista, mentre la Pixar, da Toy Story in poi, aveva dimostrato che poteva esistere un tipo di narrazione diversa prima ancora che una tecnologia diversa.
La tecnologia d'animazione in 3D sta riportando il cinema a una dimensione di piccoli budget che consente la produzione di film più rischiosi, più modesti e non necessariamente buoni per tutti i pubblici.
Un film da 100 milioni di dollari dovrà piacere a tutti, dovrà contenere elementi che soddisfino ogni tipo di pubblico, dovrà essere un successo assicurato e per fare questo dovrà essere un film che batta il sentiero più sicuro che c'è. Al contrario un film da 8 o 9 milioni di dollari può anche permettersi di puntare a un target più specifico e prendersi il lusso di tentare di battere una nuova strada. Lo stesso Ralph Guggenheim, produttore di casa Pixar (responsabile all'epoca di Toy Story) ha dichiarato di essere: "molto interessato a produrre pellicole animate da 8 o 10 milioni di dollari, sappiamo che si possono fare". Il costo dei software e delle macchine per "disegnare" un cartone in 3D sta crollando di mese in mese, gli strumenti sono virtualmente nelle mani di tutti e si vede. Accanto ai soliti grossi film ne escono moltissimi altri fatti a basso costo (molti dei quali francamente inguardabili) che non hanno la tecnologia di Cars ma cercano nuove strade.
Lo stesso esordio fulminante di quelli che ormai sono dei classici come Shrek o L'Era Glaciale (il primo della Dreamworks il secondo dell'indipendente Blue Sky) va considerato in quest'ottica. Il loro successo era dovuto non alla tecnologia (che pure era diversa dalle altre di quel momento) ma all'approccio che avevano deciso di avere nei confronti del cinema (non solo d'animazione). Sono stati questi film, per dire, a mettere in evidenza come anche il cinema d'animazione si nutra del cinema passato attraverso il citazionismo, spinto però alle massime conseguenze. Da Shrek in poi i film d'animazione in 3D sono colmi di citazioni cinefile, molto più di quanto non lo siano i film normali, e anche la Pixar si è lentamente adeguata. Il risultato è allora che anche il più infantile e mediocre dei film d'animazione contiene elementi che possono soddisfare e sollazzare solo un pubblico maturo.
Questa è la dimostrazione più evidente dello stato di salute di questo tipo di cinema, il fatto che comincino a uscire anche molte pellicole prodotte con pochi soldi e di scarso valore. La massificazione e il conseguente abbassamento della qualità media sono segni inequivocabili della raggiunta maturità produttiva di questo genere, l'unico per il momento a consentire un exploit formidabile a un costo contenuto.
da MYMOVIES.IT del 13/10/06
Ma il vero precedente di Monster House è Polar Express, prima pellicola ad applicare la tecnica del motion capture a un film d'animazione (all'epoca fu addirittura scritturato Tom Hanks per il doppiaggio e la recitazione facciale) e ormai pezzo d'antiquariato.
Sono in molti a fare sperimentazione, tentando nuove forme cinematografiche e nuovi tipi di narrazione, ma specialmente dal punto di vista tecnologico ancora nessuno è all'altezza dei terribili giovanotti (ormai vecchietti) che a fine anni '70 rivoluzionarono Hollywood. Spielberg, Burton, Lucas e Cameron (tra i tanti) sono ancora i fari a cui guardare, gli unici capaci di far fare alle tecnologie del cinema balzi da gigante a ogni loro sperimentazione.
In Monster House non tutto è perfetto, il motion capture facciale è eseguito solo per i personaggi principali e questo fa sì che si noti una marcata differenza con l'animazione dei comprimari, i movimenti non sono fluidi come quelli dei campioni della Pixar e la costruzione della scena è ancora vincolata alla gestione di pochi elementi ma tanto basta per dare un impulso, uno stimolo al mondo della produzione animata. E non solo.
L'ultimo film prodotto da Spielberg e Zemeckis sarà infatti il più grande lancio nelle sale in tre dimensioni della storia del cinema. Sale che in America sono in continua ascesa specialmente dopo il clamoroso quanto inaspettato successo del non troppo esaltante Chicken Little 3D della Disney, su questo tipo di schermi.
Il segreto dei film d'animazione in 3D tuttavia non è interamente dovuto a ragioni tecnologiche, anzi! È tutto merito del ritorno alla narrazione di grandi storie. La Disney e i suoi pochi concorrenti, negli anni '90 avevano cominciato a mostrare segni di stanchezza da questo punto di vista, mentre la Pixar, da Toy Story in poi, aveva dimostrato che poteva esistere un tipo di narrazione diversa prima ancora che una tecnologia diversa.
La tecnologia d'animazione in 3D sta riportando il cinema a una dimensione di piccoli budget che consente la produzione di film più rischiosi, più modesti e non necessariamente buoni per tutti i pubblici.
Un film da 100 milioni di dollari dovrà piacere a tutti, dovrà contenere elementi che soddisfino ogni tipo di pubblico, dovrà essere un successo assicurato e per fare questo dovrà essere un film che batta il sentiero più sicuro che c'è. Al contrario un film da 8 o 9 milioni di dollari può anche permettersi di puntare a un target più specifico e prendersi il lusso di tentare di battere una nuova strada. Lo stesso Ralph Guggenheim, produttore di casa Pixar (responsabile all'epoca di Toy Story) ha dichiarato di essere: "molto interessato a produrre pellicole animate da 8 o 10 milioni di dollari, sappiamo che si possono fare". Il costo dei software e delle macchine per "disegnare" un cartone in 3D sta crollando di mese in mese, gli strumenti sono virtualmente nelle mani di tutti e si vede. Accanto ai soliti grossi film ne escono moltissimi altri fatti a basso costo (molti dei quali francamente inguardabili) che non hanno la tecnologia di Cars ma cercano nuove strade.
Lo stesso esordio fulminante di quelli che ormai sono dei classici come Shrek o L'Era Glaciale (il primo della Dreamworks il secondo dell'indipendente Blue Sky) va considerato in quest'ottica. Il loro successo era dovuto non alla tecnologia (che pure era diversa dalle altre di quel momento) ma all'approccio che avevano deciso di avere nei confronti del cinema (non solo d'animazione). Sono stati questi film, per dire, a mettere in evidenza come anche il cinema d'animazione si nutra del cinema passato attraverso il citazionismo, spinto però alle massime conseguenze. Da Shrek in poi i film d'animazione in 3D sono colmi di citazioni cinefile, molto più di quanto non lo siano i film normali, e anche la Pixar si è lentamente adeguata. Il risultato è allora che anche il più infantile e mediocre dei film d'animazione contiene elementi che possono soddisfare e sollazzare solo un pubblico maturo.
Questa è la dimostrazione più evidente dello stato di salute di questo tipo di cinema, il fatto che comincino a uscire anche molte pellicole prodotte con pochi soldi e di scarso valore. La massificazione e il conseguente abbassamento della qualità media sono segni inequivocabili della raggiunta maturità produttiva di questo genere, l'unico per il momento a consentire un exploit formidabile a un costo contenuto.
da MYMOVIES.IT del 13/10/06
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