30.9.06

Cambia La Tua vita Con Un Click

Quando la tua vita è divisa tra una moglie e due figli con cui stare, i genitori da accontentare e un lavoro pressante a cui stare dietro per garantire benessere e sopravvivenza alla famiglia di cui sopra, quello di cui avresti bisogno è proprio un telecomando con il quale manipolare la realtà mettendo in pausa, andando avanti veloce e rivedendo le scene fondamentali della tua vita. Peccato che non è tutto oro quello che luccica e Michael lo imparerà a sue spese, capendo che la soluzione ai suoi problemi, non è il magico telecomando, ma stare di più con la famiglia e sacrificare il lavoro.
Poche cose sono più rassicuranti di una commedia rassicurante, girata senza personalità e con discreta invisibilità da un anonimo regista e interpretata con verve dal comico di turno. In questo caso Adam Sandler, in cerca di un lancio definitivo come del resto lo era Jim Carrey all'epoca dell'equivalente Bugiardo Bugiardo, ce la mette tutta e dà fondo a tutto il suo repertorio di gag scatologiche e slapstick (calci, pugni, oggetti rotti e trovate demenziali) per emergere in una commedia per tutte le stagioni e tutte le età, fondata principalmente sulla trovata, divertente già in sè, della realtà manipolabile con un telecomando.
Il film ha un buon ritmo, come si conviene a questo genere, almeno fino alla parte finale dove sopraggiunge un po' di stanchezza e di esaurimento delle idee.
Da notare il divertente ruolo di Christopher Walken, unico vero attore di tutto il film, che stona in un cast di attori improvvisati e ne evidenzia la pochezza.
Una curiosità, Cambia La Tua Vita Con Un Click è stato girato con un nuovo modello di telecamera digitale, la stessa utilizzata per Superman Returns, che consente di girare in maniera molto diversa dal solito, a un costo infinitamente più basso (tanto che le scene non vengono più interrotte dalla chiamata del regista ma si continua a girare senza fermare la pellicola per non interrompere la concentrazione degli attori) e con una resa qualitativa infinitamente più alta.

da MYMOVIES.IT

22.9.06

Ant Bully - Una Vita Da Formica

Non è facile essere un bambino piccolo, occhialuto e mingherlino, specialmente quando quelli che dovrebbero essere i tuoi amici vanno tutti appresso al bullo del quartiere, ma così è la vita di Lucas, almeno fino a quando lo sciamano di una colonia di formiche tormentate dagli sfoghi di quello che loro chiamano "il distruttore", non decide di mettere a punto una pozione che trasformi Lucas da gigantesco distruttore a bambino alla loro portata. La vita con le formiche insegnerà a Lucas che il gruppo è più importante e più forte del singolo, sia che si tratti di una rana, di un disifenstatore o di un bullo.
John Davis, già autore di Jimmy Neutron, continua sulla linea del cartone animato classico (anche se disegnato in 3D) dove lo spettacolo e l'intrattenimento non ammiccano allo spettatore, dove non ci sono riferimenti che vanno più in profondità del primo livello di lettura e dove l'intento didascalico sembra l'unica preoccupazione. La facile e stucchevole morale della forza del gruppo rispetto all'individualismo viene presentata come un dogma, una regola da accettare in toto.
Davis non cerca in alcun modo una dimensione "adulta" del cartone animato e usa la tecnologia del disegno in tre dimensioni per narrare una storia come si faceva e si fa con il disegno a due dimensioni. Ma là dove il disegno bidimensionale operava una ricerca estetica scovando, nei casi migliori, la poesia nella semplicità, qui c'è solo una storia narrata in fretta e seguendo i binari classici. L'unica concessione a una dimensione cinematografica di più ampio respiro è la sequenza del volo con i petali di rosa, esempio di quello che questo film poteva cercare di essere.
da MYMOVIES.IT

Videogiochi,a Roma insegnano a farli

Sono ormai 4 anni che è attiva a Roma l'Accademia Italiana Dei Videogiochi, un caso unico in Italia di scuola di produzione e sviluppo videogiochi, una realtà che ha pochi paragoni anche in Europa e che si propone non solo di trasmettere gli strumenti e i trucchi per imparare a realizzare videogame ma anche di produrne di propri gettando direttamente nel mercato gli studenti.
I corsi sono di 4 tipi: Programmazione, Art Direction e Computer Grafica più un seminario sul Game Design e hanno una durata biennale anche se si articolano in più fasi.
Gli insegnanti hanno tutti una qualificazione di mercato ricevuta dallo sviluppo o realizzazione di prodotti attinenti alla loro materia e puntano a fornire agli studenti la medesima preparazione "pratica" oltre che teorica affiancandoli nelle varie fasi di realizzazioni di una Demo che nel caso si dovesse rivelare alla fine dei due anni valevole di investimento sarà sviluppata con il contributo degli studenti ideatori e messa sul mercato. Fanno parte del corpo docenti infatti anche membri di Blacksheep la società indipendente che ha creato il videogioco Il Rosso E Il Nero, sparatutto in soggettiva sulla guerra civile italiana subito dopo la seconda guerra mondiale.

Ci ha spiegato tutto lo stesso Luca De Domincis con il contributo di Raoul Carbone direttore artistico dell'accademia.


PUNTO INFORMATICO: Ci sono altri istituti comparabili a questo in Italia? E in Europa?
LUCA DE DOMINCIS: No direi proprio di no. Noi siamo una softwarehouse che fa videogiochi e poi insegnamo anche a farli, insegnamo qualcosa che facciamo e in Italia non c'è nulla di simile. Esistono altri corsi tipo "Corso di grafica in 3D applicata ai videogiochi", ma non sono il massimo, non sono ben finalizzati e soprattutto non ti mettono come noi a fare videogiochi veri.
Noi diamo tutte le competenze necessarie per poter sostenere un colloquio con un'azienda estera senza sfigurare, anzi presentandoti con credenziali molto molto buone.
Parlando d'Europa c'è in Inghilterra una scuola molto buona associata alla Lionhead che è vicino Londra e in America poi ce ne sono una dozzina. Lì proprio c'è l'insegnamento istituzionalizzato, ci sono intere facoltà che sorgono sul videogamemaking.

PI: Cosa si studia nella pratica?
LDD: Ti faccio un esempio stupido: mi serve un modello 3D di un guerriero per metterlo in un gioco. Allora per farlo devi confrontarti con il problema che bisogna stare dentro un certo numero di poligoni, devi ottimizzare le texture affinchè venga un pasta unica con lo sfondo che già c'è... Bisogna sapere che fare una texture è un conto e fare una texture che si fonde con quello che già esiste è molto differente.
RAOUL CARBONE: Ma non bisogna pensare solo ai videogiochi, anche se è quello che insegnamo. In questi 4 anni di attività i ragazzi che hanno studiato da noi hanno praticamente tutti trovato impiego non solo nel settore della videoludica, perchè quello che noi spieghiamo alla fine è riciclabile in altri ambiti. Per esempio la computer grafica, che sia che si parli di videogiochi o creatività in genere può essere applicata in tanti ambiti.

PI: Quali tool adoperate?
LDD: Soprattutto Maya, ZBrush, Photoshop e tutti i tool di programmazione come Nebula. L'unico tool non nostro che ci viene dato in licenza perchè sviluppatori è il Nebula Device 2 che è un motore fisico per elementi 3D.
RC: Ogni iscritto ha la sua postazione pc, ognuno ha a disposzione il suo computer dove facciamo girare i programmi che servono per la grafica , come detto usiamo programmi più conosciuti assieme a programmi nuovi come ZBrush, un software che consente di modellare direttamente con penna ottica e tavola grafica, una sorta di videoscultura, molto più intuitivo e artistico degli altri.

PI: Come è al momento la produzione videoludica internazionale? Parliamo dello scenario europeo.
LDD: Lo scenario Europeo è buono perchè per dire in Francia c'è la Ubisoft che fa cose fantastiche. Tuttavia parlare di Francia, Germania e Inghilterra è un conto, parlare di Italia è un altro, anzi anche l'Est Europa ora ci sta surclassando per non dire della Scandinavia con la Rockstar Games. Noi siamo l'unico grosso pezzo d'Europa fuori da questo settore, come se non sapessimo fare cinema o musica leggera.

PI: E questo perchè servono grossi budget?
LDD: Gli investitori italiani non hanno la cultura per capire che un videogioco non è un giochetto da ragazzi. Per produrre un videogioco servono milioni di euro e il business plan della produzione di un videogioco richiede lo stesso rispetto la stessa dedizione e gli stessi strumenti di quello per la produzione di un film o per la costruzione di un palazzo. Quando parli di videogiochi gli investitori e i venture capital italiani pensano ad un giochetto per ragazzi, si immaginano 20mila euro di investimento... E quando spieghi che è come un film, cioè che ci vogliono 20, 30 persone che lo sviluppino per due anni non hanno parametri per giudicare e quindi non ci può essere un dialogo. Negli altri paesi questo non accade.

PI:Ci sono cose come la creatività che non si possono insegnare ma sono fondamentali nell'ideazione e nello sviluppo di un gioco, come vi mettete riguardo questo problema?
LDD:Il senso è molto semplice, le persone come Enrico Santini, Raoul Carbone e quelli che si occupano del lato artistico, hanno degli strumenti per tentare di far sorgere, culturalmente parlando, la curiosità nei ragazzi, l'arte non si insegna ma la curiosità si può stimolare. I nostri insegnanti sono curiosi e appassionati d'arte, cercano di insegnare facendo domande e mostrando lavori già fatti. Non si può spiegare l'arte ma se ti faccio diventare curioso hai più chances di trovare l'artista che è in te.

PI:Contate di poter realizzare qualcosa come Il Rosso e Il Nero?
RC: Stiamo già realizzando con la classe dello scorso anno un seguito concettuale di Il Rosso e Il Nero che non a caso di chiama REN Tactics. Praticamente è un gioco che si ispira alla tematica di Il Rosso e Il Nero (Italia seconda guerra mondiale scontro fascisti partigiani durante la guerra civile), però, mentre Il Rosso E Il Nero era un gioco in soggettiva, REN Tactics è un gioco strategico isometrico dove si scontrano due contendenti con le loro truppe.

da PUNTO INFORMATICO del 22/09/06

14.9.06

Pirati dei carabi: L'animazione di Davy Jones spinge in avanti la tecnica del motion capture

La tecnica del motion capture sta disegnando una storia parallela dell'animazione digitale, la storia di una tecnologia in continua evoluzione che non è al servizio unicamente dell'animazione o degli effetti speciali, ma cerca di fondere questi due mondi per superare le frontiere della messa in scena realista.
Per chi ancora non lo sapesse, la tecnica del motion capture sale alla ribalta con il personaggio di Jar Jar Binks nel primo episodio della nuova trilogia di Guerre Stellari e consiste nell'animare un personaggio totalmente generato al computer basandosi sui movimenti e le espressioni facciali di un attore vero. Il più famoso "performer" di motion capture è Andy Serkis che ha dato vita al Gollum del Signore degli anelli e al King Kong di Peter Jackson (anche Hulk fu animato con il motion capture e in quel caso i movimenti e le espressioni erano di Ang Lee in persona). Ora Bill Nighy e il suo Davy Jones, pirata-polipo terrore dei sette mari, spingono in avanti la frontiera di questa tecnologia.
Come racconta John Knoll, supervisore agli effetti speciali di entrambi i capitoli della saga di Pirati dei Caraibi finora usciti, lo scopo era raggiungere un livello d'integrazione maggiore tra il personaggio di sintesi e l'ambiente reale così, di concerto con Verbinski, hanno deciso che non avrebbero seguito la procedura standard per il motion capture (cioè far recitare l'attore le cui movenze vanno catturate in uno studio a parte, attrezzato per l'occasione) e hanno chiesto agli esperti dell'Industrial Light And Magic di elaborare un sistema di motion capture che gli consentisse di far recitare Bill Nighy sul set assieme agli altri attori. Questa di certo non semplice procedura ha consentito di trarre il massimo dall'interpretazione di Nighy, sfruttando anche le piccole improvvisazioni che gli attori si concedono su un set e che invece difficilmente sono tollerate quando si deve recitare in uno studio a parte senza gli altri attori.
Così, chi si fosse trovato sulle spiaggia di Exuma Island alle Bahamas al momento delle riprese, avrebbe visto recitare accanto a Johnny Depp e Orlando Bloom, entrambi perfetti in costume, un signore inguainato in una tutina aderente con una specie di elmo a forma di teschio in testa, tutto dipinto a tinte forti, bianche e nere. Un insieme decisamente grottesco che tuttavia ha permesso al regista di effettuare riprese con telecamera a mano con il personaggio da animare in campo, e soprattutto gli ha permesso di utilizzare luci e ombre reali del set per integrare la figura in 3D nello scenario. Cosa che altrimenti non sarebbe stata possibile.
Il risultato è che la differenza che c'è tra il personaggio di Davy Jones e gli altri suoi marinai (anch'essi di sintesi ma non così elaborata) è abissale ed è la misura del passo in avanti che questa tecnologia ha fatto con questo film.
Un ultimo particolare interessante dell'animazione di Davy Jones sono gli occhi, una fissazione di John Knoll. Già nel precedente episodio, nella transizione di Geoffrey Rush da uomo a scheletro quando è illuminato dalla luna, Knoll aveva volutamente mantenuto anche dopo la trasformazione gli occhi di Geoffrey Rush sul viso scheletrico fittizio, almeno fino al primo strizzamento di palpebre, questo a suo dire faceva da collante e dava realismo. Così l'ordine dato all'Industrial Light And Magic è stato di concentrarsi sugli occhi di Bill Nighy cercando di replicarli nella maniera più affidabile possibile per rendere "vivo" Davy Jones e questo tipo di lavoro si nota decisamente.

da MYMOVIES.IT del 12/09/2006

4.9.06

Singer, un Superman digitale
ispirato alla tecnologia di Lucas

Si era sempre ritenuto un tradizionalista Bryan Singer, neanche la realizzazione di due film ad alto contenuto di effetti speciali come X-Men e X-Men 2 aveva scalfito le sue convinzioni, ora invece il suo Superman Returns si prospetta come uno dei film tecnologicamente più innovativi mai realizzati, basti pensare che ben il 25% del budget è stato investito in tecnologia.
Tutto è cominciato quando nel 2002 Singer è stato invitato al "digital summit" di George Lucas, un evento tenuto nel suo ranch Skywalker dove con la collaborazione di alcune aziende il regista e produttore della saga di Guerre Stellari illustrava ad amici e colleghi (gente come Coppola, Spielberg, Scorsese, Stone...) tutte le novità del cinema digitale.

La pulce messagli nell'orecchio da George Lucas è diventata una convinzione quando, facendo dei test per le riprese di Superman, Singer ha capito che per avere sullo schermo la resa che desiderava avrebbe dovuto girare tutto con pellicola da 70mm, un mezzo dall'elevatissima qualità (fu usata raramente nel cinema e in occasione di colossal come 2001:Odissea Nello Spazio o Lawrence D'Arabia) ma dagli altrettanto elevatissimi costi rispetto al tradizionale 35mm. La soluzione ideale allora è stata utilizzare un nuovo tipo di telecamera digitale mai adottata in un film fino a quel momento: la Genesis prodotta dalla Panavision, in grado di girare immagini con una risoluzione paragonabile ad una pellicola da 70mm ma pronte per essere portate su normali pellicole da 35mm.
E' stato duro abituarsi a questo nuovo standard, specialmente al fatto che la Genesis registra su nastri magnetici da 85$, cosa che ha inquietato non poco lo stesso regista: "l mio film da 200 milioni di dollari registrato su un mucchio di cassettine da 85$. E' terrificante! A vederle mi sembrava di essere tornato a quando facevo il regista di matrimoni". Ma il risultato è tutt'altro che amatoriale e si vede specialmente nelle scene di ampio respiro.

Ci sono poi molti inserti digitali come le immagini di Marlon Brando, che aveva interpretato il padre di Superman nel film del 1978 o i movimenti del mantello e dei capelli di Superman animati in computer grafica durante i voli ad alta velocità.
Infine, ennesimo elemento innovativo, Superman Returns esce anche in una versione con inserti in 3D, un'altra cosa da cui Singer si è lasciato conquistare: "[Quelli dell'Imax] hanno preso il nostro trailer e l'hanno trasformato in 3D. Ci sono rimasto di sasso, veramente impressionante. Dopo aver visto questa dimostrazione ho pensato che dovevo inserire questa tecnologia nel film". La versione con inserti tridimensionali è distribuita solo nei cinema del circuito Imax (in Italia ce ne sono due) e in America, dove il film è già uscito, sta riscuotendo incassi altissimi, senza precedenti nella breve storia di questo tipo di sale, anche perchè si tratta della prima pellicola hollywoodiana non animata ad uscire in questo tipo di sale. Nel complesso le parti tridimesionali durano 20 minuti, e capire quando è il momento di inforcare gli occhialetti speciali non sarà difficile dice Singer: "Funziona più o meno in modo che quando Clark Kent si leva gli occhiali il pubblico li indossa".

da LA REPUBBLICA del 19/07/06

Quando Clark Kent si leva gli occhiali il pubblico li indossa

Ci si immagina sempre che ad Hollywood, il luogo della professionalità cinematografica per antonomasia, ogni decisione sia accuratamente bilanciata, pianificata e infine applicata, specialmente quelle che prevedono grosse spese. Invece come capita in tutti gli altri ambiti spesso le decisioni più importanti e che in seguito si rivelano fondamentali sono dovute a colpi di testa e fortunate coincidenze.

Così è capitato che uno dei film più tecnologicamente innovativi degli ultimi anni lo sia diventato senza una particolare pianificazione, ma andiamo con ordine.

Nel 2002 Bryan Singer viene invitato al "digital summit" un evento che si tiene al ranch Skywalker, la residenza di George Lucas, dove l'ideatore della saga cinematografica di Guerre Stellari, presenta assieme ad aziende del settore le ultime novità in fatto di cinema digitale ad amici e colleghi. Lo stesso Singer (regista giovane che è nel grande giro da relativamente poco tempo) ha descritto con toni sorpresi e sognanti questi "colleghi ed amici", si era trovato infatti seduto accanto ai suoi idoli: Spielberg, Coppola, Stone, Cameron e Martin Scorsese, per dirne alcuni, con George Lucas che gli spiegava i pregi delle macchine da presa digitali; una scena abbastanza imprevedibile.

Quell'evento aveva suscitato la curiosità di Bryan Singer, che tuttavia si è sempre professato un tradizionalista. A fargli fare il passo decisivo sono stati alcuni test fatti con vari tipi di telecamere analogiche, quando si rese conto che per Superman Returns avrebbe avuto bisogno di una telecamera a 70mm per ottenere la qualità e l'impatto visivo che desiderava. Ad Hollywood tutti sanno che la pellicola 70mm e l'apparecchiatura per utilizzarla costano uno sproposito (è stata infatti utilizzata raramente e per colossal come Lawrence D'arabia e 2001:Odissea Nello Spazio), così gli fu proposto di utilizzare un nuovo tipo di telecamera digitale, la Genesis della Panavision, ancora mai usata da nessuno, ma che era in grado di girare immagini di risoluzione paragonabile al 70mm che erano delle dimensioni giuste per essere riversate sulla più tradizionale pellicola da 35mm. Rimasto piacevolmente impressionato dal risultato (che effettiamente è impressionante specialmente nelle inquadrature in campo lungo) Singer non ci ha pensato troppo su prima di adottarla, si è trovato così a fare da tester per questo nuovo prodotto mai utilizzato da nessuno, cosa che ha anche creato qualche problema, come per esempio lo storage del girato. La Genesis infatti registra su nastri magnetici, cassettine da 85$, un film da 200 milioni di dollari registrato su un mucchio di cassettine da 85$.... Avrebbe spaventato chiunque.

Ma il lavoro di sperimentazione digitale di Singer non si è fermato alla sole riprese. Per ottenere un volo credibile di Superman infatti era necessario fare alcune modifiche a Brandon Routh (l'attore che interpreta il superuomo) ed al suo mantello. Per dare il senso di estrema velocità infatti mantello e capelli sono stati modificati in computer grafica facendogli avere reazioni altrimenti irricreabili in maniera naturale. In alcune brevi sequenze addirittura Superman è interamente digitale e purtroppo un occhio attento se ne accorge.

Infine mentre il film era ancora in fase di produzione e di pronto c'era solo un teaser trailer, Singer ricevette la visita di alcuni inviati dell'Imax, i quali si presentarono con il suo trailer modificato per essere visto in 3 dmensioni nelle loro sale. Il risultato impressionò talmente tanto il regista che dopo un breve dialogo con la produzione fu deciso che del film ne sarebbe uscita anche una versione parzialmente in 3 dimensioni per il circuito Imax. A Singer sono stati concessi 20 minuti di tridimensinalità e lui ha scelto le scene di maggior effetto in cui Clark Kent è Superman. Quand Clark si leva gli occhiali il pubblico li indossa. Mai era capitato che un film non d'animazione hollywoodiano uscisse nelle sale Imax, un po' per il costo del processo di tridmensionalizzazione e un po' per la reticenza tecnologica del mondo cinematografico. Ma tutto ciò sembra aver pagato perchè in America Superman Returns in Imax ha registrato ottimi incassi. In Italia ci sono solo due sale Imax ma sarà proiettato in entrambe.

Quello che in sostanza ha fatto Bryan Singer è stato partire con un'idea forte: un Superman che fosse veramente classico (che corresse incontro alla telecamera aprendo la camicia sotto la quale si vede la S) da mostrare nella maniera più esteticamente convincente e piano piano ha accumulato le tecnologie che gli servivano di volta in volta senza preoccuparsi di sperimentare o fare un film eccessivamente tecnologico. Non ha avuto nemmeno timore del 3D che avrebbe potuto rivelarsi un grande flop. E il risultato paga.

da MYMOVIES.IT del 22/07/06

Dietro le quinte di Cars, l'ultima fatica tecnologica della Pixar

Per essere il "creative director" dello studio cinemtografico più tecnologicamente all'avanguardia del mondo John Lasseter ha una strana fama, si dice infatti che non sia un appassionato di tecnologia, ma che la usi unicamente per i propri scopi.
Ma nel caso dell'ultimo film della Pixar, Cars, da lui diretto di tecnologia ce n'è proprio parecchia, si tratta infatti del più complesso film d'animazione mai realizzato, basti dire che la pellicola precedente Gli Incredibili, realizzato con attrezzature infintamente meno potenti, per la sua realizzazione ha necessitato solo di una frazione del tempo che c'è voluto per Cars.

Cosa c'è di tanto complesso questa volta? Innanzitutto la velocità. Dare un senso realistico di velocità attraverso la computer grafica è tra le cose più complicate che ci siano, e secondo (e anche più importante) ci sono i problemi di illuminazione. Quella infatti dei raggi di sole o delle luci artificiali che formano ombre, danno solidità agli oggetti e si riflettono è una delle cose più complesse da realizzare, e anche se la Pixar ha dovuto scontrarsi con questa problematica fin dal suo primo film, questa volta il livello di dettaglio che si è voluto raggiungere è almeno 20 volte superiore al solito.

Per il suo lavoro la Pixar si è basata su tre software proprietari, sviluppati per loro che non si possono trovare da nessun'altra parte se non negli studi Pixar, si tratta di Marionette(software d'animazione), Ringmaster (software per la coordinazione delle animazioni) e Renderman (software di rendering per ottenere immagini fotorealistiche), tutta roba che gira solo su sistemi operativi Linux. E nonostante questa dotazione tecnica fuori dal comune ai computer erano comunque necessarie 8 ore per fare il rendering di ogni frame. E questo nel caso dei frame più semplici! Bill Kinder direttore della postproduzione ha avuto modo di spiegare infatti che alcune delle cose che gli venivano richieste sembravano ridicole e impossibili in termini di complessità, ma questo non li ha fermati "C'erano alcuni frames come quelli con 160,000 macchine allo stadio intente a fare la ola o le insegne al neon con 3,000 luci illuminate di notte che hanno richiesto anche 20 ore di rendering per ogni frame prima che l'animatore potesse vedere il risultato di una modifica o di un'aggiunta". La causa di questo erano principalmente i complessi calcoli matematici necessari per determinare il modo in cui la luce si riflette e illumina tutti gli oggetti

Ma aldilà dello sviluppo tecnologico la Pixar è sicuramente in un momento d'oro, come lo era la Disney all'epoca de Il Re Leone, prime che proprio da John Lasseter con Toy Story rivoluzionasse il modo di fare cartoni animati per il grande schermo. Scoperto una nuova maniera di fare animazione (il 3D), nuovi studios sono emersi e hanno potuto competere in un mercato che prima era monopolio Disney. In precedenza infatti, all'epoca dei cartoni classici in 2 dimensioni, non era pensabile competere con la casa madre di Topolino sul suo terreno. Invece in quella dimensione libera e pioneristica che era il 3D ai suoi inizi (ma in fondo anche ora) permetteva di sperimentare un modo diverso di fare cartoni, più adulto e meno classico, che ha intercettato i gusti di un pubblico nuovo e ha determinato il successo sul 2D. Non era e non è tanto una questione di tecnologia, che come sempre è solo un mezzo per raggiungere un obiettivo, ma di approccio alla narrazione di storie fantastiche: tutto insieme sono arrivati autori e produttori nuovi con esperienze e punti di riferimento (come l'animazine asiatica) diversi rispetto al passato, una nuova classe di cui Brad Bird e John Lasseter sono gli esempi più rappresentativi.

da MYMOVIES.IT del 06/07/06

Pronti i nuovi messenger di Yahoo! e Microsoft

Per una "curiosa" coincidenza escono un giorno dopo l'altro le versioni 8.0 dei due più popolari programmi di instant messaging della rete. Confinati tutti gli altri concorrenti a percentuali di minoranza (su base mondiale) sono rimasti solo Yahoo!Messenger e MSN Messenger a dividersi il mercato e per le loro nuove versioni hanno deciso, tra le altre cose, di puntare entrambi in maniera ancora più massiccia che in precedenza sul VoIP.
La possibilità di effettuare telefonate attraverso la rete era presente già nelle edizioni precedenti dei programmi in questione, ma ora questa funzione viene estesa anche alle telefonate verso le reti fisse. Questa evoluzione è vista come assolutamente necessaria dai due colossi del messaging, specialmente considerando che il signore della telefonia in rete, cioè Skype, già da tempo ha messo un piede nel mondo dell'instant messaging (ha il 14% della quota utilizzatori mondiali e il 26% per quanto riguarda il mercato Asia-Pacifico).
Tuttavia, per quanto riguardo ai progetti a breve termine i due messenger agiscano in maniera simile, le differenze si fanno sensibili quando si parla di prospettive a lungo termine. Da alcune novità di Msn Messenger 8 e Yahoo!Messenger 8 infatti sembra di poter intuire che idee abbiano le due aziende per il futuro dei loro software e di un servizio (la messagistica istantanea) che sempre di più si sta configurando come una delle killer application della rete (più della metà degli utenti connessi in rete usa un programma di instant messaging).
Il Messenger di MSN fa parte ufficialmente della serie di servizi abbinati al portale Live.com (infatti è anche noto come Live Messenger), una serie di servizi questi del nuovo portale web 2.0 di Microsoft che promettono di andare a costituire sempre di più un corpus unico, un modo tutto Microsoft di concepire e interagire con la rete. Live Messenger è il primo di questi servizi ad uscire dalla fase di Beta Testing (altri sono Live Office, Live OneCare, Live Shopping, Live Local, Live Favorites ecc. ecc.) e promette rispetto al passato un'integrazione migliore con gli altri strumenti della famiglia Gates. Una strategia, questa delle diverse applicazioni in grado di comunicare tra loro per costituire "un'esperienza unica", che non è certo una novità per il big di Redmond che già applicò questo schema (e con successo) quando riunì vari programmi di produttività nel pacchetto poi chiamato Office.
Yahoo! invece sembra voler intercettare i trend della rete in un altro senso. Se infatti Microsoft si orienta verso il web 2.0 più dalla parte tecnica (linguaggi di programmazione e social tagging) Yahoo! continua la strada verso il crowdsourcing che aveva intrapreso dopo l'acquisizione di Konfabulator (poi trafosrmato in Yahoo!Widgets). Un sistema, questo del crowdsourcing per add-on, reso noto dal browser open source Mozilla Firefox che con le sue Extensions ha divulgato un modo diverso e decisamente migliore di rielaborare l'utilità di un software. Le Widget (o le Extension o i Gadget, ognuno li chiama come vuole) sono delle aggiunte a programmi specifici (in quest'ultimo caso aggiunte a Yahoo!Messenger) che programmano e distribuiscono liberamente gli stessi utenti mettondole a disposizione di tutti tramite un'apposito spazio fornito da Yahoo! stesso. Il risultato è di una semplicità ed un'efficienza sorprendenti: ognuno può migliorare il software in questione programmando funzionalità aggiuntive che ritiene utili e ogni utente può scegliere di adottarle. Questo procedimento consente la nascita di centinaia di migliaia di plug-in ma poi solo poche (le più utili, classificate in base al numero di download) emergono e la versione seguente del software le integra come funzionalità standard.

da AFFARI E FINANZA del 07/06

La seconda vita del giornalismo online

Le news online sono da sempre uno dei settori più di successo della rete, quindi tra i più importanti, e adesso si sono dimostrati anche uno dei più innovativi. Questo perchè a fronte della fioritura di una seconda generazione di servizi per la rete, che tengono molto più conto dei contributi degli utenti per la produzione dei contenuti (il web 2.0), i giornali sembrano essere i primi tra i colossi del vecchio mondo della rete ad adeguarsi a questa diversa modalità di produzione, ed i primi esponenti del mondo virtuale della rete a guadagnare considerazione e credibilità pari ai propri omologhi del mondo fisico, cioè i giornali di carta.

E' capitato così che il Times e il Guardian abbiano dichiarato ad una settimana di distanza l'uno dall'altro un cambiamento di politica: per la prima volta la regola sarà che i resoconti provenienti dai corrispondenti dall'estero verranno pubblicati prima sul sito e il giorno dopo sull'edizione cartacea. Questa politica detta online first, al momento è applicata solo alle notizie provenienti dall'estero ma il sentore è che di qui a pochi anni solo le grandi storie dovranno aspettare il mattino seguente per uscire nell'edizione cartacea.

Affiancamento e differenziazione sono dunque le parole chiave perchè sempre di più le edizioni online dei giornali stanno guadagnando importanza e modalità di presentazione e produzione delle notizie esclusive.

In Italia ancora non ci sono casi in cui venga applicata una politica precisa, ma una testata online come Repubblica.it da tempo affianca e in alcuni casi precede l'edizione cartacea nella pubblicazione di alcune notizie e dedica uno spazio sempre crescente alla produzione di contenuti da parte degli utenti, come nel caso del Giornale dei Lettori o dei post provenienti dai blog degli utenti selezionati dalla redazione per ruotare in prima pagina.
Invece dal lato del contributo degli utenti alla strutturazione delle notizie ha fatto scuola l'esperienza di Digg.com, il più famoso sito di news (ora solo tecnologiche ma è pronta la svolta verso una copertura di tutti i tipi di notizie) che non produce nulla di autonomo. Sulla prima pagina di Digg c'è un elenco delle notizie o storie più lette e segnalate dagli utenti tra quelle trovate in rete ogni giorno, dalla più votata alla meno. Digg dunque non pubblica notizie proprie ma solo le preferenze dei lettori e il link per andare a leggere gli articoli in questione nelle pagine dei giornali a cui appartengono. Ma la cosa più clamorosa è il fatto che metta sul medesimo piano storie provenienti da giornali e storie provenienti da blog, senza alcuna differenziazione.

Questa formula, tipicamente web 2.0, ha generato un successo tale da indurre anche la BBC a creare una sezione "Most Popular" all'interno del suo portale di news, nella quale sono riportate le notizie più lette e segnalate tra quelle del sito inglese, e ha causato la trasformazione del portale di Netscape (il web browser che a metà anni '90 era il più utilizzato per navigare in rete), ormai di proprietà del colosso America On Line, in aggregatore di notizie in stile Digg. La futura prima pagina di Netscape.com (ora visibile presso http://beta.netscape.com) presenterà una rassegna delle notizie più votate dai lettori e in più alcune altre notizie selezionate da una redazione creata per l'occasione.

Non sono però sempre un successo questo tipo di transizioni. Esemplare è stato il caso del Los Angeles Times che aveva deciso di aprire le notizie presenti sull'edizione online ai commenti dei lettori, con lo scopo di creare un'interazione simile a quella dei blog e che è stato però costretto a chiudere i commenti nel momento in cui si è visto invaso da immagini porno.

da AFFARI E FINANZA del 07/06

"Il futuro del remix è il mashup"
parola di Molella

E' un giorno come un altro del 2001 quando in Inghilterra, su XFM Network Radio, va in onda una puntata "The Remix", programma all'interno del quale vengono trasmessi brani mixati dagli ascoltatori, questa volta però stava per andare onda qualcosa di diverso dal solito remix, un esperimento che provava a sovrapporre due brani differenti per crearne un terzo. Un mashup.
L'autore era Roy Kerr (meglio noto in rete come Freelance Hellraiser) che aveva scoperto che "Genie In A Bottle" di Christina Aguilera e "Hard To Explain" degli Strokes non solo hanno il medesimo tempo, ma stanno anche sulla medesima tonalità, in sostanza sono armonicamente e ritmicamente compatibili e insieme stanno anche molto bene! Come dire che due fotografie hanno la medesima luminosità e la medesima prospettiva e quindi elementi di una possono essere inseriti nell'altra.
Inutile dire che la programmazione di questo primo esempio ha reso da quel momento la trasmissione The Remix, il principale veicolo di diffusione di mashup di ogni tipo, tuttavia a consacrare il mashup come forma d'espressione è forse stato poco dopo il dj Danger Mouse con il suo "The Grey Album", nel quale univa le melodie dei pezzi di "The Black Album" del rapper Jay-Z con il tappeto musicale (a volte anche ampiamente modificato per far funzionare il matrimonio) di "The White Album" dei Beatles.
In Italia il fenomeno è arrivato con il consueto ritardo e non abbiamo mancato di metterci del nostro. Sul sito Ricordi Bastardi (http://www.ricordibastardi.info) si possono scaricare mashup inviati dagli utenti che si basano sull'unione di brani italiani anni' 60-'70 con musica moderna internazionale. Dopo aver ascoltato Casellica non si può che rimanere stupiti di fronte all'evidenza che "Nothing Else Matters" dei Metallica e "L'Umanità" di Caterina Caselli sembrano fatti l'uno per l'altro! E lo stesso vale per Smells Like Bambola, nel quale "La Bambola" di Patty Pravo e "Smells Like Teen Spirit" dei Nirvana convivono perfettamente. Se però non riuscite a farvene una ragione e non volete nemmeno sentire come "Anima Mia" dei Cugini Di Campagna si sposa bene con "Paranoid Android" dei Radiohead, c'è sempre Radio Deejay e il Deejay Time all'interno del quale una mezz'ora a cura di Molella è dedicata alla gara tra i mashup più tradizionali, inviati e votati dagli ascoltatori. E chi meglio di Molella, che come ci ha raccontato è stato autore di un proto-mashup o mashup ante litteram, poteva parlarci di questo fenomeno...

SECONDO TE IL MASHUP E' UN PASSO AVANTI O INDIETRO PER IL MONDO DELLA MUSICA MANIPOLATA?
Non è nè avanti nè indietro è una diversificazione di quello che esiste. Trallaltro secondo me c'è sempre stato, nel passato mettere due dischi uno sopra l'altro è già capitato. Io per esempio avevo fatto "883 Nella Notte", avevo usato la loro voce con un mio disco sotto, cioè la base era il mio disco e il cantato era degli 883.
Il problema è che non sempre due pezzi stanno bene insieme, generalmete si tende ad intonare la voce oppure usare la versione rap di un pezzo messo sulla base di un altro. Molte volte invece sei fortunato e i due pezzi hanno la stessa tonalità percui riesci a sovrapporli facilmente.

MI SEMBRA DI CAPIRE CHE SONO NECESSARIE CONOSCIENZE AVANZATE PER FARE UN MASHUP?
Avanzate non direi, ma bisogna avere un minimo d'orecchio, perchè se metti un pezzo in Sol su uno in Do a orecchio lo senti subito che è stonato.

COME VI E' VENUTA L'IDEA DI DARE SPAZIO AI MASHUP ALL'INTERNO DEL DEEJAYTIME?
E' stata più che altro un'evoluzione del programma che c'era prima "Do Re Mix", lo abbiamo spostato di fascia, cambiato di nome (ora si chiama Mash Up) e gli abbiamo dato più importanza facendolo nel Deejay Time con Albertino.

QUELLO DEI MASHUP E' UN UNIVERSO CHE SI STA ESPANDENDO ANCHE IN ITALIA?
Si e non solo in Italia, la tendenza che c'è comunque è di fare di due canzoni una. La stessa Madonna ai Grammy Awards ha cantato un pezzo suo su una base dei Gorillaz e anche il singolo Hung Up ha la base degli Abba. Ma come ti ho detto è una tendenza che è partita da molto tempo, già dieci anni fa nel rap si usavano basi famose, come Vanilla Ice con Ice Ice Baby, che aveva sotto Under Pressure dei Queen. Si facevano in un altro modo ma si facevano.

IL MASHUP DI MOUSSE T (Horny Dandy) USCITO DA POCO SBAGLIO O E' IL PRIMO CASO DI MASHUP FATTO DA UN PROFESSIONISTA CHE VA IN CALSSIFICA?
Fammi pensare....Beh Mylo ne aveva fatto uno con Miami Soft Machine, Doctor Pressure, è quello che è uscito tipo 6 mesi fa.

ALLA FINE SECONDO TE I MASHUP SONO UNA MODA O UN'INNOVAZIONE?
E' una moda di innovazione! (ride) Secondo me non è troppo una moda, è un'innovazione della musica, poi può piacere o meno ma sostanzialmente è una creatività in più. Tutto ciò che è costruttivo e alla fine da un risultato bello da ascoltare mi piace.

da DIGITAL LIFESTYLE del 07/06

I nuovi browser a confronto

Nonostante la sua posizione decisamente dominante Microsoft è sempre un po' in ritardo si sa e in particolar modo lo è nel campo dei web browser, i programmi per la navigazione in rete, dove l'ultima release ufficiale del suo Internet Explorer, la numero 6, risale a ben 5 anni fa (agosto del 2001). E in questi ultimi 5 anni ne sono successe di cose, prima su tutte l'ascesa senza precedenti di Firefox, il browser open source più diffuso, che in un anno ha conquistato l'11% dei navigatori, portando per la prima volta la quota di Internet Explorer sotto il 90%, e poi la nascita di nuovi mercati come quello della navigazione tramite telefono cellulare.
Si capisce quindi quanto fosse attesa la nuova versione del browser di Microsoft finalmente rilasciato (ma solo in una versione beta) in febbraio e da poco aggiornato a fine aprile. E, benchè il risultato sia stato all'altezza delle aspettative, ben poche novità assolutamente originali sono arrivate dal colosso di Bill Gates (un'altra cosa a cui in molti sono abituati) se si esclude un'interfaccia rinnovata che abbandona la classica barra dei menù optando per un'interazione basata sui pulsanti.
Per il resto Internet Explorer 7 sembra aver fatto tesoro di tutte le novità di successo introdotte in questi anni nel mondo della navigazione dagli altri browser cosìdetti alternativi (soprattutto Firefox e Opera), per poi integrarle nel proprio software, ma ancora una volta ha tralasciato uno degli aspetti fondamentali, il peso. Anche il nuovo Explorer infatti è lento a caricarsi e occupa parecchie risorse di sistema, risultando il solito colosso ingombrante.
Intanto alla Mozilla continuano a lavorare sulla nuova versione, la 2.0, di Firefox la cui release è in programma per la fine dell'estate e che dovrebbe essere più veloce grazie ad un motore di rendering migliorato, oltre a contenere un filtro antiphishing più efficiente ed avere integrate tutte le extension più di successo. Ma nonostante l'attegiamento noncurante che quelli di Firefox sembrano avere rispetto alle decisioni ed alle azioni del numero 1 del mercato, in qualche modo sembra trapelare una certa ansia da prestazione riguardo ogni novità, infatti da Mozilla hanno recentemente annunciato che nella versione 2.0 della volpe di fuoco non sarà presente Places, un nuovo sistema di gestione e ricerca di preferiti e cronologia insieme, di cui molto si era parlato e che farà invece parte della release 3.0, la motivazione è che pare non sia ancora del tutto stabile e privo di bug per fare parte di una release ufficiale.
Eppure, nonostante Firefox e Internet Explorer siano i browser le cui novità più fanno notizia, il futuro sembra essere nelle mani della norvegese Opera, piccola software house che, oltre ad avere dato alla luce anni fa un browser omonimo che per anni è stato il punto di riferimento per inventiva e novità, si è anche buttata per prima nel campo della navigazione sui cellulari con ben due soluzioni intelligentemente differenziate. Se infatti il web browser di Opera (arrivato alla versione 9) è da anni distribuito gratuitamente, lo stesso non si può dire per Opera Mobile, l'unico vero programma commerciale che consente una navigazione veloce, agile e comoda da cellulare, che viene venduto al costo di 19€. Ma da abile conoscitrice del mercato la casa norvegese ha deciso di dare alla luce anche Opera Mini (di cui da poco è disponibile la versione 2.0), versione light e con molte meno funzioni di Opera Mobile, che è invece scaricabile gratuitamente e che contribuisce a piazzare il brand della grande O rossa come leader del mercato della navigazione cellulare.

da AFFARI E FINANZA del 06/06

La battaglia dei primi videostore

E' stato un mese decisamente intenso per la distribuzione video in rete. Un mese che ha visto scendere sul campo con proposte concrete quasi tutti i principali player del mercato cinematografico e televisivo e che ha confermato che al momento i provider vogliono puntare unicamente sulla riproposizione di contenuti di successo provenienti da altri media, perchè in grado di calamitare gli inserzionisti pubblicitari, senza investire in contenuti originali e specifici per la fruizione da computer.
Tutto è cominciato il 25 marzo quando la Universal ha annunciato che in Inghilterra King Kong sarebbe stato il primo dei suoi film ad uscire in home video sia su DVD che su file. L'offerta, che ha fatto sorridere molti per la sua poca competitività, prevede il download di due copie del film entrambe soggette al sistema di protezione dei diritti digitali DRM: una autorizzata alla visione sul computer e una autorizzata al trasferimento su un dispositivo portatile (quello lo sceglie l'utente tra iPod Video, Playstation Portable ecc. ecc.). In più è prevista la spedizione a casa di una copia del film in DVD, tutto per 20£ cioè 28€. Per un prezzo superiore a quello del DVD originale si ottengono insomma due file e un DVD del medesimo film senza copertine, custodie a tema o contenuti extra, cioè sena fronzoli. Una mossa palesemente molto prudente e conservativa, mirata a non danneggiare il mercato tradizionale che tuttavia non ha mancato di fare proseliti. Solo una settimana dopo infatti la Warner ha annunciato il medesimo servizio di download per il mercato Olandese e Belga a partire dalla data di uscita in DVD di Harry Potter E Il Calice Di Fuoco.
Intanto, dall'altra parte dell'oceano, il 3 aprile si è aperta per tutti gli studios americani (Disney esclusa) l'era del download ufficiale delle novità in home video (ma è davvero ancora il caso di parlare di "home" video data la natura immateriale e quindi ubiqua dei file acquistati?). Attraverso il sito Movielink.com saranno disponibili copie digitali in altissima qualità dei film (sempre protette da DRM che ne consentiranno la visione unicamente su pc e media center) contemporaneamente alla loro uscita in DVD, i file dovrebbero occupare intorno ad 1 Gb ed avere un costo che oscilla tra i 20 e i 30 dollari (che è sempre di più di un DVD tradizionale).
Ma la Disney, esclusa per propria volontà dall'accordo, non è restata certo al palo, anzi! La casa madre di Topolino (oggi proprietaria anche e soprattutto di serie di grande successo come Lost, Desperate Housewives e CSI) da sempre è in prima linea nel settore della distribuzione digitale, molto attenta a cavalcare tutti i trend della rete. Fu infatti la prima casa di distribuzione televisiva a vendere su internet le puntate nuove delle sue serie di successo già il giorno dopo la messa in onda attraverso il media store di Apple (iTunes) e ora ha intenzione di offrire il medesimo servizio attraverso il suo rinnovato sito che dal 30 Aprile, per un periodo di prova di due mesi, offrirà la possiblità di scaricare gratuitamente i nuovi episodi. La medesima mossa è stata annunciata pochi giorni dopo anche dalla Fox, il canale di Rupert Murdoch, detentore dell'altra metà del cielo delle serie televisive (su cui spiccano I Simpsons) e in seguito anche dalla Sony, che intede partire con le sue trasmissioni a carattere horror il 31 Ottobre, notte di Halloween. Questi canali di distribuzione privati, stando agli annunci fatti, saranno tutti quanti pronti a trasformarsi al più presto in canali IPTV al servizio unicamente di determinati ISP (Verizon per Disney e Comcast per Sony).

da AFFARI E FINANZA del 04/06

La televisione in rete? E' già arrivata

Da molto tempo si sente ripetere che il futuro dei contenuti in rete è la televisione, anche da prima che arrivasse la rivoluzione web 2.0, che sta invece spostando l'attenzione (ancora una volta) sugli utenti. Analisti, produttori ed esperti puntano sempre più sulla cosìddetta IPTV (televisione su protocollo IP).
Il sentore è che dopo l'esplosione della radio in rete (il podcasting) e quella ancor più improvvisa della telefonia su IP (grazie all'exploit di Skype) ora stia arrivando il momento dell'esplosione del video.
In realtà, anche a livello italiano, dei frammenti di IPTV già ci sono, si tratta di esperimenti più o meno professionali di videocasting (trasmissioni in differita da fruire in qualsiasi momento) che in alcuni casi si spingono anche fino alla trasmissione in streaming (trasmissioni in diretta) di brevi eventi.
Dal punto di vista dell'integrazione dei due sistemi di fruizione e trasmissione l'esperimento più professionale è quello del gruppo L'Espresso che da novembre di quest'anno ha tramutato RepubblicaRadio, la radio in podcasting di Repubblica.it, in RepubblicaRadio&Tv (http://repubblicaradio.repubblica.it): tre ore di streaming al giorno (dalle 10 alle 13) divise in frammenti tematici da 15 o 30 minuti, disponibili per la visione o il download in videocasting già pochi minuti dopo la loro messa in onda. E proprio per dare l'dea di un prodotto che, se pur sperimentale, non perde in autorevolezza al nuovo volto Francesco Fasiolo ogni giorno si affianca Paolo Garimberti nella conduzione e nelle interviste agli ospiti.
Ma questo è un caso, la maggior parte delle trasmissioni video in rete al momento è l'evoluzione legale ed organizzata di quella che può essere definita la "protoIPTV", cioè lo scambio illegale che da tempo avviene, e continua ad avvenire tramite sistemi peer to peer, di file video contenenti spettacoli televisivi già andati in onda. Una prima forma di "invasione", più che integrazione, della televisione in rete che si è andata mitigando con il videocasting che, in maniera perfettamente legale, consente il download di file video gratuiti prodotti dagli utenti (come è per il podcasting) oppure il download a pagamento (ma in Italia questo ancora deve arrivare) dei medesimi show televisivi che i pirati scaricano gratuitamente. Veicolo di diffusione per il videocasting al momento sono i vlog (video-blog) o iTunes, il più noto e usato fra gli aggregatori di podcast e videocast.
Nella categoria dello streaming invece rientrano, oltre alle trasmissioni considerate in diretta, anche tutte quelle che pur non essendolo non vengono scaricate sul disco rigido e sono quindi visibili una volta sola rimanendo connessi alla fonte. Un esempio fulgido è costituito dal portale Rosso Alice (http://www.rossoalice.it) che mette a disposizione a pagamento lo streaming di film, concerti e eventi televisivi come Il Grande Fratello 24 ore su 24. Ma lo streaming video è al momento sta producendo non pochi problemi giuridici. Celebri sono state in questi ultimi mesi le cause (prima penali e ora civili) intentate da Sky nei riguardi di siti come Coolstreaming (http://www.coolstreaming.it/) e Calciolibero (http://www.calciolibero.com/), colpevoli secondo la società di Murdoch di aver violato l'esclusiva del colosso sulla trasmissione in diretta delle partite di serie A. I due siti in questione infatti fornivano informazioni su come accedere alla trasmissione in rete del campionato italiano effettuate da server cinesi, i quali ne hanno regolarmente acquistato i diritti. L'accusa sarebbe per questi siti dunque di favoreggiamento alla pirateria, anche se il GIP per il momento ha escluso un illecito penale.

da AFFARI E FINANZA del 04/06

Google si compra il suo Word

"Il percorso solitamente prevede che le grandi compagnie lascino a quelle più piccole il compito di trovare applicazioni innovative per loro. Per le piccole compagnie è più facile elaborare soluzioni fuori dai rigidi schemi dei colossi e a quel punto vengono acquisite", queste parole appartengono a Stephen O'Grady analista per RedMonk e spiegano in maniera molto chiara quello che sta succedendo in questo momento nell'industria dell'IT.
In special modo in rete l'innovazione è sempre venuta dalle piccole aziende e se fino a poco tempo fa l'unico colosso in grado di acquisire (o mutuare) una tecnologia da queste era Microsoft, ora i concorrenti sono decisamente di più e più agguerriti.
E' successo così che Google ha da poco acquisito Upstartle, una startup che ha dato vita a Writely (www.writely.com), piccolo fenomeno di questi ultimi mesi per come ha saputo guadagnare utenti in poco tempo e per il servizio che offre.
Registrandosi gratuitamente su Writely si ha la possibilità di accedere attraverso il browser (Internet Explorer, Firefox, Netscape o qualunque altro sia) ad un vero e proprio word processor, meno sofisticato di Word magari, ma dotato assolutamente di tutte le caratteristiche basilari di un programma per scrivere. Fatto un documento questo è automaticamente salvato su in un'interfaccia simile a quella di un account di posta e può essere scaricato su disco rigido in un formato compatibile con Word (doc), Wordpad (rtf) o OpenOffice (odt), lo si può anche scaricare in formato PDF, ma questa è l'unica funzione per fare la quale questo occorre pagare.
L'uso di software che non risiedono su un computer particolare è uno degli aspetti del nostro futuro informatico e del web 2.0, il cambiamento, venuto dalla creazione di un nuovo linguaggio di programmazione (AJAX), che gradualmente sta investendo tutta la rete trasformandola all'insegna di una maggiore complessità delle applicazioni eseguibili attraverso i browser e all'insegna di una spiccata componente produttiva da parte degli utenti. E la prova di tutto ciò è la decisione di Microsoft di conformarsi a questa tendenza facendo sì che la nuova versione della suite di programmi Office (attualmente in Beta ma già accessibile in rete), denominata Office Live, sia per la prima volta tutta eseguibile attraverso il browser.
Infatti il word processing, una delle grandi killer application del computer, è solo la più in vista e la più emulata delle tante possibili applicazioni eseguibili in rete, ma allo stesso modo sono accessibili anche fogli di calcolo (NumSum.com), calendari (calendarhub.com), instant messenger (meebo.com), semplici editor grafici (PXN8.com) o intere suite alternative ad office (gOffice.com).
Quali i vantaggi di usare un programma in rete invece di uno sul computer? Se utilizzate unicamente un computer per il momento il guadagno è solo in leggerezza e nel fatto che non si paghi nulla, se invece, come la maggior parte dei lavoratori, avete accesso a più d'un computer (a casa e al lavoro per dire) o device (palmare, smartphone, tablet...) un software in rete risolve un'infinità di problemi. Non solo infatti tutti i documenti sono automaticamente salvati su internet, quindi accessibili da dovunque, ma sono anche accessibili da qualunque strumento senza bisogno di installare altri software che non siano il browser (solitamente già presente). Inoltre, e questo è il caso di Writely, possono accedere al doumento anche altri utenti indicati da chi lo crea, per poter lavorare e collaborare in più persone ad un medesimo progetto. Ogni utente lascia le sue modifiche che hanno un colore differente e tutto rimane sempre e comunque salvato in rete.

da AFFARI E FINANZA del 03/06

Glocalmap, le mappe interattive all'italiana

Nel mondo delle mappe non esiste solo Google Earth. E non esistono nemmeno solo i suoi concorrenti più agguerriti con alle spalle colossi come Microsoft, Yahoo!, Amazon ecc. ecc.
A dimostrarlo è la piccola realtà di glocalmap.to, un progetto che, facendosi forza dell'evento olimpico Torino 2006, ha messo in piedi intorno alla mappa della città un'applicazione che consente a chiunque di etichettare qualsiasi luogo con commenti, indicazioni, iniziative e quant'altro, aggiungendo anche fotografie e video.
La mappa (ottenuta aggregando il materiale dell'archivio orto-fotografico del Comune di Torino) è visibile a diversi livelli di zoom ma soprattutto è aperta ai contributi degli utenti. Chiunque lo voglia puà inserire un "tag", cioè un'etichetta con del testo e un'immagine o un video, su un punto in particolare della mappa (una via, un palazzo, un parco...) e questo viene segnato con una piccola X rossa, cliccando sulla quale gli altri utenti possono visualizzare il commento scritto e (se c'è) l'immagine o il video associati.
Questo si chiama "social tagging" e, applicato anche a contesti diversi, è una caratteristica fondamentale di tutto ciò che sta uscendo di nuovo in rete. E' il focus che si sposta sugli utenti, i quali diventano automaticamente anche produttori di contenuti. I blog, Flickr e Deli.cio.us sono tutti esempi di grandi successi di internet che stanno segnando la differenza in questo modo.
Lo scopo, nel caso di glocalmap, è semplice: creare una visione di Torino differente, altamente influenzata dalle persone, dalle comunità e dai movimenti che attraversano la città, per dimostrare le potenzialità di una tecnologia e di un'idea applicabile anche a molti altri contesti.
Ma glocalmap non è solo questo, il progetto tutto italiano curato da Carlo Infante con Filippo Moncelli, Stefano Ruggeri, Sandro De Francesco e l’architetto Maurizio Cilli assieme alla regione Piemonte ed al consorzio top-ix (www.top-ix.org), sperimenta anche le integrazioni tra media. I tag infatti possono essere inviati pure attraverso il cellulare, mandando un SMS o un MMS (con foto) al sito contenenti l'etichetta e l'indirizzo a cui questa fa riferimento si possono aggiungere in mobilità dei commenti.
Un esempio della forza di tutto questo lo si è visto sabato 18 e sabato 25 febbraio, durante le due notti bianche di Torino, due momenti in cui tutta la città (con i suoi musei, locali, iniziative....) era aperta al pubblico. In quei casi un servizio come quello di glocalmap è servito ad orientare gli utenti grazie al loro stesso contributo.
Digitando "carpeNoctem" sul motore di ricerca del sito appaiono tutti i tag realtivi alle notti bianche e inquadrando una zona dall'alto si ha immediatamente il colpo d'occhio di quali e quanti luoghi (segnati con le X rosse che indicano la presenza di un'etichetta) offrano qualcosa e cliccando sul tag appare la descrizione dell'evento o un'eventuale commento.
Quello che sta succedendo è che se nella prima fase internet si è configurato come il luogo non fisico per eccellenza delle informazioni (cioè dell'oggettività), ora nella sua seconda fase (con progetti come Wikipedia, Digg e Deli.cio.us) la rete delle reti sembra stia diventando sempre di più il luogo per eccellenza dell'espressione dei pareri (cioè della soggettività di massa). Opinioni, preferenze e considerazioni che aggregate danno un valore aggiunto alle semplici informazioni, cioè oltre a sapere dove si trovi un certo luogo (per continuare con l'esempio delle mappe), spesso è più utile sapere che cosa succeda in quel luogo, se sia difficile trovare parcheggio, se ci siano lavori in corso o ancora se quello che si trova lì sia interessante o meno.

da AFFARI E FINANZA del 03/06

Mappe online
un'evoluzione partita dal basso

Le mappe di tutte le principali città del mondo sono disponibili in rete, questo è cosa nota, e in molti le consultano e le modificano, lo dicono i numeri. Ma quello che i numeri non dicono è che i servizi di mapping stanno cambiando molto rapidamente, passando da semplici servizi di localizzazione o costituzione di itinerari a vera e propria simulazione "aumentata" delle nostre città in rete. La rivoluzione, tanto per cambiare l'ha fatta partire Google.
Esistono infatti due fasi nell'evoluzione dei servizi di mappe onilne, prima di Google Earth e dopo Google Earth. Una divisione che non casualmente rispecchia e simboleggia anche il passaggio dalla prima alla seconda fase di internet.
Prima di Google Earth i servizi di mappe erano cartine trasformate in immagini e disponibili in rete, la descrizione bidimensionale di tutti principali luoghi del mondo a disposizione di tutti, in un attimo.
Con questo servizio esordiva nel 1996 MapQuest, la società che tutt'ora è leader, per la sola America, nel mapping. Come era tipico della prima fase di internet MapQuest consentiva sostanzialmente due tipi di operazioni: la visualizzaizone e il calcolo remoto. Accadeva cioè che chi lo volesse poteva richiedere quale fosse l'itinerario più breve tra due punti geografici al server centrale di MapQuest, il quale in tempo reale faceva il calcolo e caricando un altra pagina mostrava i risultati. Un servizio sicuramente rivoluzionario all'epoca, in grado in qualche modo di anticipare e per molti versi spronare la recente diffusione di navigatori satellitari commerciali creando un universo di confidenza con questo tipo di tecnologia.
Ma Google è andato oltre. All'origine c'era Google Maps, sostanzialmente uno dei tanti cloni di MapQuest, come poteva essere Yahoo!Maps, o Maporama, con l'unica variante della fusione con Google Local che associava alle cartine le sue informazioni locali. Questo fino ad anno esatto fa, quando accanto alle classiche cartine Google ha posto foto satellitari disponibili a diversi livelli di dettaglio, consentendo, grazie all'utilizzo intensivo della tecnologia AJAX (Asynchronous Java Script and XML), di passare con grande velocità da una visuale che comprende tutta l'Europa fino ad una in grado di far intravedere le macchine come punti sfocati e far scoprire una piscina nella casa del vicino. Un servizio che per molti utenti si è tramutato in una droga, la cui dipendenza è difficile da spiegare per chi non lo abbia mai provato. In aggiunta a questo Google ha diffuso anche Google Earth un programma a sè stante, scaricabile dal sito del popolare motore di ricerca che offre il medesimo servizio ma con un interfaccia più dinamica e con la possibilità di vedere in versione 3D le maggiori città.
Ma la vera rivoluzione Google Earth l'ha fatta grazie agli utenti. La mossa lungimirante è stata infatti quella di mettere a disposizione di tutti le API del programma, cioè la descrizione di come eseguire operazioni con il software. Questo ha consentito a quanti ne avessero voglia di riutilizzare le foto satellitari di Google, integrandole con il social tagging, cioè le etichette apposte dagli utenti. In parole povere chiunque può disporre del database di foto satellitari di Google ed inventare utilizzi nuovi che comprendano i contributi degli utenti.
Uno di questi primi riutilizzi si è manifestato durante l'uragano Katrina. Un sito mise online le foto satellitari e le mappe di New Orleans consentendo a chiunque di apporre un'etichetta su una strada, un incrocio o un palazzo chiedendo o dando informazioni su chi ci abitava. Accanto a questi usi sociali non sono chiaramente mancati gli utilizzi più futili del social tagging delle mappe: ne esiste una Chicago con segnati i luoghi dei crimini commessi negli ultimi 90 giorni ed una di Seattle con le provenienze delle chiamate al 911 e c'è infine anche chi ha riutilizzato le API fornite da Google per programmare un Risiko online sempre con le foto del satellite.
Un passaggio, quello dalla mera consultazione delle mappe alla formazione di un servizio che si nutre della conoscenza collettiva tramite il contributo di tutti gli utenti, che è paradigmatico di quanto sta accadendo a tutta la rete. E non sono rimasti al palo i concorrenti del colosso di Mountain View, anche se per il momento nono sono in grado di fornire un servizio uguale per tutto il mondo.
Poco si è mosso Yahoo!Maps, il leader di mercato mondiale, che ha resistito al fascino delle foto reali e continua ad affidarsi alle tradizionali cartine integrandole però con informazioni sul traffico e la viabilità (strade chiuse per manutenzione, orari di accesso ai veicoli ecc. ecc.), mentre Microsoft, con il suo Live Earth, sta sperimentando un tipo di visualizzazione decisamente suggestiva, cioè quella a volo d'uccello: se Google Earth fa vedere qualsiasi punto del pianeta dall'alto, Live Earth dispone di foto scattate da un aereo (quindi con un livello di dettaglio ed una possibilità di zoom decisamente maggiori) con una prospettiva di tre quarti, e cosa ancora più sbalorditiva l'ha fatto da diverse angolature. Il risultato è che su Live Earth si può vedere la statua della libertà da tutte le angolazioni. Ma ancora più avanti è andato Amazon, insolito player del mercato, che cliccando su un punto qualsiasi delle cartine di alcune città è ingrado di mostrare le fotografie dei due lati della strada. Queste foto, scattate da un furgoncino itinerante, possono essere inoltre completate dagli utenti che, qualora ne siano a conoscenza, etichettano ogni foto indicando cosa è rappresentato: un negozio di animali, un ristorante molto buono ma anche caro, un palazzo particolarmente bello, un negozio di dischi fornito ecc. ecc.
E se questi modi di "aumentare" la tradizionale rappresentazione delle città riscuotono un grandissimo successo sul computer si può solo immaginare cosa succederà quando saranno disponibili su dispositivi portatili dotati di GPS.

da AFFARI E FINANZA del 02/06

Intervista a Franco Mussida

La PFM torna in teatro, quali sono state le motivazioni che vi hanno spinto ad esibirvi in questo tipo di luoghi?
Il teatro è sempre stato uno dei luoghi da noi preferiti. Solitamente o suoniamo nei piccoli club, d'estate anche all'aperto, o se no il teatro è sempre stato un po' la nostra dimensione. Ma questa volta c'è una motivazione in più perchè allo spettacolo normale si è aggiunto anche l'elemento di multimedialità, cioè si sono aggiunti i filmati, i video che ovviamente per essere visionati hanno bisogno di un luogo un po' raccolto. Di qui l'esigenza di un teatro.

Nel vostro tour includerete anche Dracula la vostra opera rock, da cosa è nata?
L'input è nato abbastanza casualmente, c'era Flavio Premoli che stava lavorando su un'ipotesi di progetto che riguardava Dracula, aveva fatto un paio di brani, poi Franz Di Cioccio da Milano l'ha raggiunto a Roma per vedere se gli piaceva l'idea, e così è stato. Franz l'ha sposata subito e ci siamo quindi messi a lavorare attorno a questo progetto trovandolo tutti estremamente stimolante. Noi poi siamo sempre stati molto contenti ed eccitati di poter lavorare attorno a quelli che una volta venivano chiamati gli album concept, tant'è che di questi lavori ne abbiamo fatti diversi, dal nostro primo album che è un concept ad Ulisse l'album con cui siamo tornati nel 1996, che anche quello è concept. Poi il tipo di personaggio e la tipologia di avventure che si porta dietro Dracula si prestava ad utiliazzare molti linguaggi musicali diversi. Abbiamo utilizzato lo slogan "Opera Rock" per distinguerci un pochino dall'opera romantica in stile Notre Dame, piuttosto che altri musical che vanno in giro oggi. I linguaggi che noi usiamo non sono solo quelli del romanticismo, e nemmeno solo il rock, in Dracula c'è anche il jazz, la musica classica e il romanticismo anche se poi il rock la fa da padrone.

L'esperimento dunque vi è piaciuto? Lo ripeterete
Vediamo prima come va questo (ride), per farlo ci sono voluti due tre anni di lavoro, c'è tanta musica, tanti arrangiamenti, tanta sonorità... Per cui prima di fare qualcos'altro vediamo come reagisce il pubblico a questo.

Pensa anche lei che il progressive rock sia morto col finire degli anni '70? Quello che si sente ora e che viene etichettato con il termine progressive si può considerare davvero tale?
Non mi piacciono molto le sigle perchè alla fine targettizzano troppo. Il progressive è una forma musicale che è nata in quell'epoca e in quell'epoca aveva un senso d'esistere anche perchè aveva la capacità di trasformarsi in tanti generi musicali, le composizioni non erano conformi ma difformi e quello che sento oggi non ha questa difformità ma molta uniformità. Il progressiva anni '70 suonato oggi forse sarebbe regressive perchè superato. Certo però quel tipo di esperienza, al di là dei nomi, oggi ha fatto capire a tanti ragazzi che la forma canzone non è l'unico modo per poter esprimere qualcosa di eccitante. In questo il progressive ha fatto scuola, ma è sempre così: fa più scuola rompere una forma che ripetere un modello timbrico, trallaltro le timbriche di un tempo non possono essere quelle di oggi perchè gli strumenti non sono gli stessi.
L'unica cosa forse che può unire questi due momenti diversi è appunto la rottura degli schemi e l'allontanamento dalla forma canzone, cercando di dare una musica meno impacchettata o infiorettata e meno semplice da ascoltare ma con più sentimenti dietro.

Assieme ai Jethro Tull siete gli unici, tra i gruppi che hanno contribuito a creare il progressive rock, ad essere ancora in attività, generalmente gli altri hanno smesso dopo una manciata d'anni, come si spiega questa longevità?
Tra i 14 e i 24- 25 anni c'è il momento di massima gioia per la musica, dopo questo momento di massima passione istintiva per molte persone decade la voglia di fare musica, dunque rimangono in circolazione non solo quelli che hanno fatto tendenza o hanno avuto successo, ma quelli che hanno avuto un rapporto intimo con la musica. Questo vuol dire essere musicisti, cioè volerlo fare e fare in modo che la musica sia sempre lì pronta ad essere conquistata capita e trasformata in progetto sempre nuovo. Lo strumentista magari a volte ripete in continuazione quello che ha già fatto oppure prende quello che serve e lo restituisce alla gente. I musicisti invece sono quelli che cercano di fare musica ogni giorno trovando motivazioni per suonare che non siano solo il sopravvivere. Una delle motivazioni per cui noi esistiamo ancora credo proprio sia quella delle motivazioni. Abbiamo passato la fase dell'entusiasmo e della voglia di comunicare con i nostri coetanei quando eravamo ragazzi. Abbiamo passato diverse crisi su questi temi, le abbiamo superato e oggi noi tutti riteniamo che la musica sia lo strumento della nostra espressività.

Che musica ascolta oggi Franco Mussida?
Ascolto poco perchè ho sempre ritenuto che l'attivtà del compositore deve essere a tempo pieno necessariamente, poichè la mente deve essere sempre pronta a tirar fuori delle cose. Ascolto o cerco di ascoltare quando mi capita la musica che mi dà grande emozione e questa non ha una forma precisa, mi piacciono le variazioni di Goldberg suonate al pianoforte, mi piace ascoltare Mozart, qualche buon disco di Clapton, ma non ho un amore particolare. L'ultima cosa che ho apprezzato molto l'ho scoperta in Brasile, dove ho ascoltato dal vivo in un bar di Rio De Janeiro lo shorinho che è una musica suonata da un mandolino, una chitarra a 7 corde e un tamburello che fa da percussione, è una musica lusitana che ha una voglia di vivere straordinaria ed è lontanissma dal samba e dall'altra musica brasiliana che è piena di esasperazioni ritmiche
Ho citato Mozart anche perchè sarà il prossimo progetto della PFM, oltre a Stati D'Immaginazione. Con l'orchestra di Savona diretta da Enrico Maria Bessan vogliamo portare sul palco un progetto suonato da noi per celebrare il 250esimo anniversario della nascita di Mozart.

da IL SALVAGENTE del 02/06

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la nuova terra di conquista

E' appena terminato il 2005, un anno che ha visto aumentare vertiginosamente le vendite online di file musicali, e già il 2006 è partito sotto i migliori auspici, facendo presupporre un'ulteriore crescita del mercato e un ampliamento dell'offerta veros il settore del video.
Le stime riguardo il 2005, rese note da poco, per essere ufficiali hanno dovuto attendere la prensentazione dei risultati commerciali di Apple, che con il suo iTunes tiene in pugno il 75% del mercato, e queste hanno sostanzialmente confermato il quadro generale delle vendite di musica digitale su in rete che parlano di un mercato da 1,1 miliardi di dollari, diviso tra la vendita di file musicali (60%) e quella di suonerie per telefoni cellulari (40%). A questo punto il settore della vendita online è arrivato a costituire il 6% del fatturato totale dell'industria musicale, una quota che, per dare un'idea della crescita, due anni fa era ancora pari a zero e pari al 4% a metà 2005.
A questa crescita degli utenti che comprano legalmente musica digitale non sembra però corrispondere un parallelo crollo della pirateria, anzi. La condivisione illegale di file musicali cresce in parallelo con la vendita legale senza arrestarsi, colpa secondo molti di un attitudine da Dr. Jekyll e Mr. Hyde degli utenti, che con una mano comprano e con l'altra rubano, ma anche colpa del continuo e vertiginoso aumento della popolazione di internet in virtù della crescente connettività nei paesi asiatici e sudamericani.
Così, nonostante l'industria musicale continui ad essere in profonda crisi ed a vedere i suoi profitti in continua discesa, una luce si intravede nella vendita in rete, anche perchè se per il momento è iTunes a fare la parte del leone, anche in virtù della killer application iPod a cui è abbinato, molti altri music stores stanno emergendo. Uno di questi è Napster, che dopo essere stato lo storico software di condivisione file che diede inizio alla grande ondata di pirateria alla fine degli anni '90, da molto tempo (per effetto di una condanna legale) si è convertito in negozio di musica, e anche se non gode della medesima fortuna del music store di Apple, da poco può vantare mezzo milione di abbonati. Un altro agguerrito concorrente è poi Rhapsody, di proprietà di Real Networks (quelli del Real Player), che in virtù di una causa di antitrust vinta contro Microsoft sarà compreso in tutte le nuove versioni di Windows Media Player. Tra le novità da venire invece va segnalato sicuramente Urge, il media store (musica e video) di Mtv sponsorizzato da Microsoft (anche questo chiaramente sarà compreso nel media player di Windows), che vedrà la luce nel 2006.
Una curiosità: di questi 4 principali music stores citati solo due (Rhapsody e Napster) vendono file Mp3 riproducibili con qualsiasi software o qualsiasi lettore Mp3, gli altri due (iTunes e il futuro Urge), non a caso di proprietà di due colossi, vendono file in formato proprietario, leggibili cioè solo dai programmi e dai lettori di musica digitale della medesima casa. Una limitazione non da poco che tuttavia fin'ora non ha impedito ad Apple di essere leader di mercato.
Ma quello che ci si aspetta dal 2006 è soprattutto la crescita e la maturazione di un altro settore della vendita virtuale, quello dei video stores (spesso abbinati ai music stores che quindi diventano dei media stores).
Anche in questo campo tutto è partito dalla casa di Cupertino, tanto per cambiare, che il 12 ottobre passato, assieme alla presentazione della quinta generazione di iPod (quelli che possono riprodurre anche file video da vedere sul piccolo schermo dalla grande risoluzione o sul televisore tramite apposito cavo), ha presentato anche una nuova versione di iTunes in grado di vendere file video. Questo gesto ha segnato l'inizio del commercio digitale di video. Tra le prime cose messe in vendita ci sono per lo più show e serie televisive, per i film non sembra essere ancora arrivato il momento, com'è facile intuire i primi serial in vendita sono stati i cult Lost e Desperate Housewives, diventati da subito la punta di diamante di iTunes (che può contare anche sui corti della Pixar, lo studio di animazione in 3D più potente del mondo), 2€ ogni episodio, disponibile dal giorno dopo la messa in onda. Per tutta risposta Micorosoft ha annunciato che il già citato Urge metterà in vendita in esclusiva (oltre alla musica) le trasmissioni di Mtv e altri contenuti originali sempre prodotti dall'emittente musicale.
Ma un altro evento ha scosso il mercato della vendita online di video, la decisione di Google, il gigante delle ricerche online, di aprire un video store trasformando in negozio il suo Google Video, originariamente un motore di ricerca per filmati in rete. E come sempre quando si muove la grande G di Mountain View si fa notare. Contrariamente agli altri concorrenti infatti Google lascia mano libera a chi vuole mettere in vendita i suoi video attraverso il negozio virtuale, permettendo al venditore di decidere non solo il prezzo ma anche la modalità di vendita, se in streaming (cioè visualizzazione della clip in diretta su internet) o tramite download. Al momento le offerte più di richiamo di Google Video sono senza dubbio le partite dell'NBA e alcune serie televisive come CSI, più altre un po' più datate ma ugualmente di culto come McGyver, Star Trek (Deep Space Nine e Voyager) e The Twilight Zone (quello che da noi si chiamava Ai Confini Della Realtà).
Ma uno dei segni che più testimoniano la salute di questo mercato è il fatto che stia rapidamente uscendo dalla fase della fornitura di contenuti in esclusiva per dirigersi verso una più matura e concorrenziale, in cui chi detiene questi contenuti sfrutta non uno ma più video store i quali sono liberi di applicare tariffe diverse.
La prima grande casa a muoversi in questa direzione è stata recentemente la Disney (proprietaria di Lost e Desperate Housewives, oltre che di molte altre serie e cartoni animati) che non solo ha dichiarato di essere in cerca di altre piattaforme da cui vendere i propri contenuti ma anche di essersi sempre professata "platform agnostic".

da AFFARI E FINANZA del 01/06

Brokeback Mountain arriva in Italia

E' stato un successo da subito. Contrariamente a quello che succede a molti grandi film (se anche questo sarà un "grande film" lo scopriremo solo col tempo), Brokeback Mountain ha incontrato immediatamente i favori di pubblico e critica, sintomo di una sintonia dell'atmosfera e dei temi trattati dal film con lo spirito di questo tempo.
Presentata lo scorso settembre al Festival di Venezia la pellicola del regista cinese Ang Lee ha raggiunto il premio più ambito della manifestazione, il Leone D'Oro, trionfando su concorrenti agguerriti come Good Night And Good Luck di George Clooney e Lady Vendetta del coreano Park Chan Wook.
Ma è stato dopo i fasti del festival che è cominciato il vero lavoro, cioè la distribuzione e la promozione del film nel resto del mondo, che com'è facile immaginare è profondamente diverso dal microverso festivaliero composto da professionisti del settore, critici e appassionati. Ed è la distribuzione in sala a fare il successo commerciale di un film o a sancirne la messa al bando o addirittura l'oblio. Così mentre a Venezia c'è stato uno spazio relativo per le polemiche e le critiche allo spunto di partenza del film (l'amore omosessuale tra due cowboy), si temeva un'accoglienza decisamente più fredda da parte del grande pubblico a questa storia. E questo nonostante la delicatezza del film.
Ang Lee infatti riesce a parlare d'amore, non tralasciandone l'ambito sessuale (pur se relegato in una sola scena), concentrandosi sui momenti di separazione, sulle tensioni che provoca nella vita quotidiana dover nascondere una storia extra matrimoniale, per di più omosessuale, nell'America conservatrice e bigotta degli anni '60.
E' stata tuttavia molto positiva la risposta del pubblico internazionale e già al momento della sua uscita in Inghilterra il film ha cominciato a macinare incassi e ulteriori premi dalla critica, ultimi dei quali sono stati i Golden Globes, premi della manifestazione americana che precede di poco tempo gli Oscar e molto spesso ne preannuncia i vincitori, tra i quali spicca quello per Miglior Regista di Film Drammatico.
Pochi quindi gli spunti polemici anche se molto ha fatto parlare, ed è sembrato qualcosa di estremamente innovativo, l'idea di girare un film sull'amore proibito e consumato in silenzio da due cowboy, simbolo nazionale americano della virilità (da John Wayne ai mandriani della Marlboro Country), ma in realtà è un tema meno nuovo di quello che si crede.
Sono parecchi decenni infatti che il cinema americano non esita a mettere in scena situazioni e personaggi omosessuali, anche se solo da poco può farlo apertamente. Era di una storia extraconiugale omosessuale del resto che parlava il testo teatrale di Tennesse Williams, da lui stesso poi adatto per il grande schermo nel 1958 in La Gatta Sul Tetto Che Scotta, solo che non lo si poteva dire, all'epoca un messaggio simile poteva solo passare tra le righe. E non è una novità nemmeno l'amore omosessuale tra cowboy, questo era presente (sempre in maniera non esplicita) già in Cavalcarono Insieme di John Ford o in Pat Garrett e Billy The Kid di Sam Peckinpah e si parla del 1961 per il primo e del 1973 per il secondo. Di cowboy omosessuali se n'era poi occupato addirittura anche Andy Warhol in una sua pellicola del 1969, Lonesome Cowboys, che in maniera molto più audace mostrava la prostituzione omosessuale.
A questo punto dove si pone Brokeback Mountain? Di sicuro non nel genere western. Infatti quello che c'è nel film di Ang Lee è una storia d'amore contrastata. Ci sono due personaggi che vorrebbero vivere un'altra vita rispetto a quella che la società impone e si ritagliano dei momenti l'uno per l'altro, lontano da tutti, in un luogo dove ogni cosa sembra finalmente avere un senso, dove possono vivere alcuni giorni di felicità ogni anno. E' della ricerca della felicità e delle barriere che ostacolano questo percorso che parla Brokeback Mountain, e per farlo utilizza il canovaccio di un romanzo che parte da un fatto di cronaca: Gente del Wyoming di E. Annie Proulx, giornalista di The New Yorker che nel 1998 scrisse questo racconto ispirandosi alla storia vera di un cowboy gay ucciso, per l'appunto nel Wyoming, da due mandriani omofobi.
Scevro da intenti polemici il film decide di trattare solo di striscio della violenza sociale e fisica subita dagli omosessuali nell'america degli anni '60 e si concentra sulle diverse storie di due uomini che scoprono di non poter essere felici come desiderano e con fortune diverse tentano di mediare tra i loro sogni d'amore e quello che la società impone loro.
Oltre a questo c'è la bravura di Ang Lee, che dopo un paio di deviazioni dal suo stile classico (Hulk e La Tigre E Il Dragone), torna a girare come ha dimostrato di saper fare in passato con Tempesta di Ghiaccio o Mangiare, Bere, Uomo, Donna e inserisce i protagonisti in uno scenario naturale fortemente caratterizzato. Paesaggi rocciosi duri e aspri che si contrappongono ad orizzonti celesti incredibilmente ampi, che ricordano proprio i paesaggi di western come Il Grande Cielo o Il Fiume Rosso. E' in questo scenario che Lee fa muovere Jake Gyllenhaal e Heath Ledger (tutti e due bravissimi) nei panni dei rozzi cowboy in cerca di amore, tutto è fatto per loro, ogni azione, ogni evento nel film è finalizzato a mostrare il loro mondo interiore, la loro insanabile solitudine.

da IL SALVAGENTE del 01/05

Gotuneed propone le ricerche... sicure

Lanciato da poco in rete, già è stato frainteso dalla stampa: è Gotuneed, il motore di ricerca italiano partorito dalla Autin Software House di Luigi Rubboli, che è stato definito a più riprese e su più testate la risposta nostrana a Google. Ma così non è, anzi. Gotuneed è un motore di ricerca che si basa su un concetto completamente diverso.

L'idea alla base del progetto è fornire informazioni sicure e verificate su realtà territoriali specifiche. Un motore di ricerca glocal basato su un contributo forte degli utenti, in modo che - spiegano i responsabili del progetto - "i risultati siano tutti affidabili".

Il tutto è incastonato in un sistema di indicizzazione a tre dimensioni (dove, cosa e quando) che consente di cercare in una maniera diversa, più precisa e dettagliata: "Oltre una certa soglia l'informazione diventa rumore" - sostiene Rubboli - "non mi servono 200.000 risultati per una ricerca ma solo quei 4-5 che sto effettivamente cercando".

Per effettuare un ricerca si può dunque inserire una chiave testuale nella maniera tradizionale oppure gli si può affiancare una categorizzazione (quella appunto fatta attraverso le categorie cosa, dove e quando) che la raffina e la rende più precisa. Oppure, infine, si può unicamente cercare tutte le voci della categoria Divertimento (cosa), Ottobre 2006 (quando), Roma (dove). I risultati non saranno migliaia come con un altro motore di ricerca, ma saranno tutti sicuri.

Come garantire quest'affidabilità? Affidando agli utenti stessi il compito di inserire le voci che li riguardano e mantenerle complete e aggiornate e potendo contare inoltre su una redazione attiva che controlla e seleziona il materiale inviato. Un proponimento non semplice.

PI: Come vengono indicizzati i contenuti web su Gotuneed?
LR: Con database relazionali, già ne abbiamo caricati e molti ne stiamo continuando a caricare, riempiti per la maggior parte da record inviati dagli utenti che sono i nostri editor e che poi li mantengono per il proprio interesse. Quando saremo a pieno regime noi costituiremo la redazione centrale ma avremo una struttura a rete essendo quindi solo uno dei mille punti possibili.

PI: Quali sono i contenuti che contate di indicizzare?
LR: Beh ci sono notizie, in realtà rassegne stampa fatte da una redazione centrale, poi ci sono gli oggetti: se hai un'attività commerciale puoi inserirla. Abbiamo anche lo spazio web e tra poco partiremo con i blog. Noi metteremo a disposizione la struttura e chiaramente i contenuti li metteranno gli utenti (gli editor appunto), ognuno con una sua scheda su Gotuneed e la possibilità di diventare anche advertiser.
Diamo in sostanza un ambiente da personalizzare all'interno di un motore di ricerca.

PI: Come contate di garantire l'affidabilità delle informazioni non gestite da chi le immette, come per esempio le notizie?
LR: Controllandole. Per esempio per ogni notizia o anche per ogni voce della webpedia che stiamo inserendo, e per ora siamo a 200mila voci, c'è il nostro controllo. Quindi non funziona come Wikipedia, dove chiunque può modificare una voce inserita. Solo noi della redazione la gestiamo oppure un tutor da noi designato.

PI: Come farete nel caso le informazioni inviate siano moltissime?
LR: La nostra redazione è destinata ad ampliarsi e comunque ogni utente è registrato, per cui abbiamo la mail e l'IP di chi scrive e in caso di voci fasulle c'è un regolamento che ci consente di prendere provvedimenti.

PI: Ma nel caso di errori in buona fede?

LR: Quelli in buona fede accadono sempre. Nessuno può essere certo che nessuno faccia errori, anche su Google si trovano moltissimi errori. La garanzia di totale veridicità non la possiamo dare, come del resto nessuno. Ma possiamo offrire un livello alto di garanzia.

PI: In quale caso allora dovrei fare una ricerca su Gotuneed invece che su un altro motore di ricerca?
LR: In questo momento in nessun caso (ride), ancora siamo in una fase iniziale e abbiamo molte voci da inserire.
In un futuro prossimo però converrà fare una ricerca su Gotuneed in tutti i casi in cui si abbia bisogno di un'informazione completa o su una categoria o su una località.

PI: Ad esempio?
LR: Vado in vacanza a Milano Marittima? Perché devo cercare in 50 siti quello che voglio? Alberghi, ristoranti, spiagge... Se io conosco Gotuneed so che lì trovo tutto quello che devo trovare su Milano Marittima e una volta che lo so farò lo stesso per le altre località senza passare per il sito del comune piuttosto che della provincia piuttosto che del turismo...

PI: Non temete che basarsi solo sulle immissioni degli utenti possa produrre un database non esaustivo?
LR: Mai nulla è esaustivo, ma noi offriremo informazione di qualità, garantita. Controlliamo dall'inizio che tutto quello che è inserito sia giusto. È chiaro che non ci saranno mai tutti i siti del mondo, il nostro motore del resto non si chiama All You Need ma Gotuneed, dà quello che è sufficiente, ossia informazioni mirate.

da PUNTO INFORMATICO del 15/07/06

Sicurezza wireless: abbandonate il WEP

Organizzato per la prima volta nel 2003, il Crypto Meeting ha riscontrato un notevole interesse in tutta Italia, riuscendo a far confluire a Pescara appassionati, tecnici e semplici curiosi da tutta Italia. Quest'anno il meeting si svolgerà il 25 marzo presso la Sala dei Marmi della Provincia (Piazza Italia 30) e ad organizzarlo ci sarà come sempre Metro Olografix, associazione che si occupa di volontariato dell'informazione, di sicurezza informatica e di open source e le cui principali attività sono più che altro la divulgazione e l'organizzazione di corsi e seminari (su temi che vanno anche oltre la crittografia), mantenendo un dibattito su cosa siano l'informatica e la telematica per la socialità.
Per addentrarci nei temi che verranno affrontati da Crypto Meeting 2006, e fare un punto sullo stato della crittografia, abbiamo incontrato un membro di Metro Olografix, Alessio Sclocco.

Punto Informatico: Crypto Meeting 2006.. un appuntamento solo per appassionati ed iniziati?
Alessio Sclocco: Non del tutto. Avremo interventi a tutti i livelli, sia personaggi che verranno a parlare delle basi della crittografia, cioè l'utilizzo di sistemi crittografici personali oppure come rendere anonime le proprie comunicazioni, sia poi interventi più teorici come uno sull'introduzione alla crittografia quantistica o una crittoanalisi delle problematici del WEP.

PI: E chi ne sa poco o niente?
AS: Per chi è meno ferrato al pomeriggio c'è un bell'intervento che spiega i fondamenti dell'utilizzo per l'utente del GPG, che poi è la versione GNU del PGP: come si installa, come funziona ecc. ecc. il necessario, insomma, per poi tornare a casa e cominciare ad utilizzarlo per la posta elettronica o per la firma digitale. Ci saranno poi anche degli interventi più politico-sociali che parleranno di condivisione anonima di informazioni o della manomissione del server del Firenze Linux user group che è avvenuta l'anno scorso, insomma discorsi assolutamente fruibili anche dai non tecnici.

PI: Quali sono i temi caldi su cui vi concentrerete? Si parla di wireless...
AS: Si parlerà di temi come le VPN, che su internet si stanno diffondendo parecchio, e la crittografia delle reti wireless. A proposito di queste ultime, sono stati già proposti e superati tecnicamente molti standard, per esempio adesso ci sarà un intervento sul WEP che dimostrerà come questo sistema sia altamente inefficace per proteggere le reti senza fili e come consenta a chiunque di bypassarle.

PI: Questa è una consapevolezza per alcuni esperti già da tempo ma non tutti se ne lamentano... Pensi che l'interesse nel settore della crittografia sia in crescita?
AS: Io penso di si, sicuramente. Perché vedo che solitamente quando ne parliamo le persone si dimostrano interessate.

PI: Non sempre si percepisce la riservatezza come un diritto...
AS: All'inizio molti obiettano che non avendo nulla da nascondere per loro c'è poco interesse in una cosa del genere, ma noi tentiamo di far capire che non serve avere qualcosa da nascondere per volere una garanzia sulla propria privacy, che è un diritto. Quando poi la gente capisce che questa è una cosa che tocca tutti quanti, allora vuole saperne sempre di più.

PI: A tuo parere si fa un uso sufficiente di cifratura in Internet?
AS: Sicuramente poco, ma dipende dal servizio. Sul web c'è l'https, cioè l'SSL, che è molto utilizzato dai servizi commerciali come per esempio eBay, ma per quanto riguarda invece la posta elettronica la crittografia è praticamente inutilizzata.

PI: Come mai? Mancano ancora le basi..?
AS: Il problema è che spesso la gente crede che le informazioni che viaggiano su internet vadano da un punto ad un altro, cioè che partano da loro ed arrivino al destinatario. Invece tutti sappiamo che le informazioni in rete viaggiano attraverso un numero arbitrario di nodi, per cui lasciano tracce o addirittura sono leggibili da malintenzionati. Allora offrire servizi crittografici ai propri utenti significa stabilire un rapporto di fiducia per il quale è garantito che la comunicazione scambiata tra emittente e destinatario sarà fruibile solo da questi due.

da PUNTO INFORMATICO del 22/03/06

A Ragusa il podcasting scolastico

Più in là dei tradizionali giornalini scolastici e più in là delle spesso inutili ore di informatica, nel liceo statale E. Fermi di Ragusa ha preso vita uno dei primi podcasting scolastici italiani dal nome evocativo: RadioTuttiFermi. Un esperimento che coinvolge una redazione di studenti, con l'obiettivo di formare in loro una mentalità attiva nei confronti delle nuove tecnologie, per insegnargli come sfruttarle, modificarle ed utilizzarle al meglio.
Promotore dell'iniziativa e principale coordinatore è il prof. Carmelo Ialacqua (curatore anche di un blog dedicato alle nuove tecnologia applicate alla didattica, Edublog.it) che abbiamo contattato per capire meglio come sia nato questo progetto e come si può sviluppare.

Punto Informatico: Come nasce l'idea di realizzare RadioTuttiFermi e come sta andando?
Carmelo Ialacqua: Dentro le scuole da sempre si fa il giornalino. Anche da noi c'è, ne abbiamo addirittura più d'uno. Ma l'idea che ci è venuta meno di un mese fa era di sperimentare nuove formule. La radio in particolare c'è sembrata perfetta, perché consente di trasmettere anche contenuti musicali o di altra natura, cosa che comunque ci interessa molto. Ci piacerebbe infatti più avanti trasmettere contenuti originali come radiodrammi o letture, cose insomma che possono essere svolte solo attraverso la radio e non su un tradizionale giornalino.

PI: Qual è il vostro pubblico?
CI: Fin dall'inizio la nostra ambizione è stata più che altro quella di raggiungere la nostra comunità, che già è abbastanza ampia. Vogliamo che la radio sia soprattutto uno strumento di comunicazione dentro la scuola e devo dire che da questo punto di vista c'è stata una buona risposta. Considerando anche la povertà dei mezzi a disposizione direi che i risultati sono molto buoni.
Certo col tempo vorrei coinvolgere sempre di più l'istituto cercando di fare una radio vera che trasmetta magari via satellite o in streaming, con anche un palinsesto più serrato.

PI: Ecco, la povertà di mezzi.. Che budget vi è servito e che tecnologie avete utilizzato?
CI: Il budget per ora è zero. Nel senso che prima di poter chiedere ulteriori risorse alla scuola abbiamo preferito cominciare da soli, utilizzando tutti strumenti gratuiti. Lo spazio web è stato preso sui server di Altervista, il software open source utilizzato per metter in piedi e gestire il sito è Drupal e quello utilizzato per la registrazione e l'editing audio è Audacity.
Per l'hosting dei file audio poi ci siamo appoggiati a Garageband.com e infine le trasmissioni vengono registrate sui computer della scuola, attrezzature quindi già esistenti.

PI: E gli studenti? Sono tanti quelli che si sentono coinvolti?
CI: Devo dire che, benché me l'aspettassi, non c'è stata un'adesione a valanga e fortunatamente! Perché ora che siamo all'inizio per me è meglio poter contare su un gruppo ristretto e già formato.

PI: In troppi potrebbero rendere difficile organizzarsi...?
CI: Il fatto è che l'abitudine ad usare questi strumenti informatici in maniera così attiva non è troppo diffusa tra i giovani, anche a scuola vedo che i ragazzi girano su internet sempre sui medesimi siti.

PI: Beh, ma quindi quanti siete?
CI: Per il momento il gruppo è intorno alle 20 persone, necessariamente limitato anche perché li stiamo formando per diventare producers, cioè seguire una trasmissione dall'ideazione alla messa in onda sul sito, ma ci sono parecchi altri collaboratori che girano intorno alla radio e confido che questi cresceranno sempre di più.

PI: In quale momento della giornata i ragazzi si dedicano alla radio? Non è un problema con le lezioni?
CI: Al momento queste attività sono considerate extra-scolastiche, cioè hanno una valenza educativa e formativa ma vengono realizzate all'interno di un piano di formazione che prevede l'uso di ore pomeridiane. Tuttavia questo non ha fermato i ragazzi, è interessante notare come si siano organizzati coordinandosi via internet tramite scambi di mail e file durante tutta la settimana.

PI: E gli altri insegnanti che dicono?
CI: Ho notato che alcuni degli altri professori non si sono lasciati sfuggire l'occasione e hanno capito le potenzialità didattiche sia di una simile iniziativa, sia della tecnologia che utilizziamo e contano di applicare questo modello ad altri tipi di attività.

da PUNTO INFORMATICO del 15/03/06