4.9.06

Brokeback Mountain arriva in Italia

E' stato un successo da subito. Contrariamente a quello che succede a molti grandi film (se anche questo sarà un "grande film" lo scopriremo solo col tempo), Brokeback Mountain ha incontrato immediatamente i favori di pubblico e critica, sintomo di una sintonia dell'atmosfera e dei temi trattati dal film con lo spirito di questo tempo.
Presentata lo scorso settembre al Festival di Venezia la pellicola del regista cinese Ang Lee ha raggiunto il premio più ambito della manifestazione, il Leone D'Oro, trionfando su concorrenti agguerriti come Good Night And Good Luck di George Clooney e Lady Vendetta del coreano Park Chan Wook.
Ma è stato dopo i fasti del festival che è cominciato il vero lavoro, cioè la distribuzione e la promozione del film nel resto del mondo, che com'è facile immaginare è profondamente diverso dal microverso festivaliero composto da professionisti del settore, critici e appassionati. Ed è la distribuzione in sala a fare il successo commerciale di un film o a sancirne la messa al bando o addirittura l'oblio. Così mentre a Venezia c'è stato uno spazio relativo per le polemiche e le critiche allo spunto di partenza del film (l'amore omosessuale tra due cowboy), si temeva un'accoglienza decisamente più fredda da parte del grande pubblico a questa storia. E questo nonostante la delicatezza del film.
Ang Lee infatti riesce a parlare d'amore, non tralasciandone l'ambito sessuale (pur se relegato in una sola scena), concentrandosi sui momenti di separazione, sulle tensioni che provoca nella vita quotidiana dover nascondere una storia extra matrimoniale, per di più omosessuale, nell'America conservatrice e bigotta degli anni '60.
E' stata tuttavia molto positiva la risposta del pubblico internazionale e già al momento della sua uscita in Inghilterra il film ha cominciato a macinare incassi e ulteriori premi dalla critica, ultimi dei quali sono stati i Golden Globes, premi della manifestazione americana che precede di poco tempo gli Oscar e molto spesso ne preannuncia i vincitori, tra i quali spicca quello per Miglior Regista di Film Drammatico.
Pochi quindi gli spunti polemici anche se molto ha fatto parlare, ed è sembrato qualcosa di estremamente innovativo, l'idea di girare un film sull'amore proibito e consumato in silenzio da due cowboy, simbolo nazionale americano della virilità (da John Wayne ai mandriani della Marlboro Country), ma in realtà è un tema meno nuovo di quello che si crede.
Sono parecchi decenni infatti che il cinema americano non esita a mettere in scena situazioni e personaggi omosessuali, anche se solo da poco può farlo apertamente. Era di una storia extraconiugale omosessuale del resto che parlava il testo teatrale di Tennesse Williams, da lui stesso poi adatto per il grande schermo nel 1958 in La Gatta Sul Tetto Che Scotta, solo che non lo si poteva dire, all'epoca un messaggio simile poteva solo passare tra le righe. E non è una novità nemmeno l'amore omosessuale tra cowboy, questo era presente (sempre in maniera non esplicita) già in Cavalcarono Insieme di John Ford o in Pat Garrett e Billy The Kid di Sam Peckinpah e si parla del 1961 per il primo e del 1973 per il secondo. Di cowboy omosessuali se n'era poi occupato addirittura anche Andy Warhol in una sua pellicola del 1969, Lonesome Cowboys, che in maniera molto più audace mostrava la prostituzione omosessuale.
A questo punto dove si pone Brokeback Mountain? Di sicuro non nel genere western. Infatti quello che c'è nel film di Ang Lee è una storia d'amore contrastata. Ci sono due personaggi che vorrebbero vivere un'altra vita rispetto a quella che la società impone e si ritagliano dei momenti l'uno per l'altro, lontano da tutti, in un luogo dove ogni cosa sembra finalmente avere un senso, dove possono vivere alcuni giorni di felicità ogni anno. E' della ricerca della felicità e delle barriere che ostacolano questo percorso che parla Brokeback Mountain, e per farlo utilizza il canovaccio di un romanzo che parte da un fatto di cronaca: Gente del Wyoming di E. Annie Proulx, giornalista di The New Yorker che nel 1998 scrisse questo racconto ispirandosi alla storia vera di un cowboy gay ucciso, per l'appunto nel Wyoming, da due mandriani omofobi.
Scevro da intenti polemici il film decide di trattare solo di striscio della violenza sociale e fisica subita dagli omosessuali nell'america degli anni '60 e si concentra sulle diverse storie di due uomini che scoprono di non poter essere felici come desiderano e con fortune diverse tentano di mediare tra i loro sogni d'amore e quello che la società impone loro.
Oltre a questo c'è la bravura di Ang Lee, che dopo un paio di deviazioni dal suo stile classico (Hulk e La Tigre E Il Dragone), torna a girare come ha dimostrato di saper fare in passato con Tempesta di Ghiaccio o Mangiare, Bere, Uomo, Donna e inserisce i protagonisti in uno scenario naturale fortemente caratterizzato. Paesaggi rocciosi duri e aspri che si contrappongono ad orizzonti celesti incredibilmente ampi, che ricordano proprio i paesaggi di western come Il Grande Cielo o Il Fiume Rosso. E' in questo scenario che Lee fa muovere Jake Gyllenhaal e Heath Ledger (tutti e due bravissimi) nei panni dei rozzi cowboy in cerca di amore, tutto è fatto per loro, ogni azione, ogni evento nel film è finalizzato a mostrare il loro mondo interiore, la loro insanabile solitudine.

da IL SALVAGENTE del 01/05

Nessun commento: