24.11.06

Il fantasy di Del Toro è sporco, fangoso e naturale

"Per realizzare il Fauno abbiamo adottato una tecnica speciale che credo non sia mai stata utilizzata prima. Per farlo sembrare il più realistico possibile non abbiamo usato praticamente nessun effetto speciale al computer ma abbiamo costruito tutto sul set con l'aiuto dei pupazzi". È una provocazione quella di Guillermo Del Toro, nulla più, ma è utile a spiegare la visione cinematografica dell'autore che, lungi dall'essere contro il digitale, arricchisce i suoi film con un'intelligente commistione di tecniche moderne e artigianali. Del Toro stesso cita tra le figure che più lo hanno ispirato Mario Bava e George A. Romero.
Il Fauno stesso, nonostante le parole di Del Toro, ha gli occhi (e forse anche le orecchie) realizzati al computer, probabilmente attraverso un processo di rotoscoping. Ma non è tanto questo l'importante quanto l'idea stessa di realismo che Del Toro vuole comunicare.

La produzione è messicana, spagnola e solo in parte americana, dunque non una megaproduzione com'era Hellboy. Proprio per questo Guillermo Del Toro è stato costretto ad andare alle radici del cinema e del suo linguaggio per cercare di dare il massimo effetto con il minimo dei trucchi. Si è rivolto dunque alle maschere, ai pupazzi e al sonoro.
Bisogna infatti tener conto che la mitologia messa in scena non è la solita che siamo stati abituati a vedere in film come Il signore degli Anelli o Le cronache di Narnia, ma un fantasy più grezzo, più sporco, fangoso e quindi reale. E questo senso di realtà, di empatia naturale è dato non solo dalle ambientazioni fangose e umide dei boschi spagnoli ma anche dal modo in cui si è scelto di realizzare le creature fantastiche e dai suoni del film, irrealisticamente intensi e permeanti.
Sempre di più infatti, a determinare il respiro del film è la forma degli effetti speciali e non tanto i personaggi o gli artifici che possono essere creati. Gli effetti speciali metà digitali e metà illusioni ottiche di Michel Gondry danno un certo senso straniante e sognante alle sue pellicole, mentre il dominio delle tecnologie digitali in film come Superman Returns cercano l'astratto e proiettano il film in un altro mondo, perfetto e pulito. Le interessanti idee di Del Toro invece battono una via diversa per parlare di cinema fantastico.

In Il labirinto del Fauno ci sono diverse creature fantastiche animate secondo principi diversi riconducibili a tre categorie di effetti speciali.
Ci sono le fate (ora insetti ora fatine) "molto più sudice e ingannevoli di quelle di Peter Pan!" nelle parole dello stesso Del Toro, sporche di fango ed erba che sono create per la quasi totalità al computer. Ci sono gli elementi della natura come il rospo gigante che sono grandi pupazzi animati dal vivo con qualche inserto importante di computer grafica (nel caso specifico la lingua). Infine ci sono le creature semiumane come il Fauno o l'uomo senz'occhi, frutto quasi unicamente di un lavoro di trucco.
Sono proprio queste ultime due creazioni gli elementi fondamentali che danno uno spirito alla pellicola, personaggi centrali non tanto nella narrazione quanto nella formazione dell'immaginario del film. Non a caso la loro genesi non è stata semplice.

Per il Fauno l'idea era fin dall'inizio quella di cercare di integrare quanto più possibile la sua figura con la natura, ricoprirlo quanto più possibile di elementi organici come foglie e rami e dare al suo viso e al suo corpo sembianze lignee di albero. Ma doveva anche essere un personaggio sostanzialmente empatico, a tratti dolce a tratti autoritario e, per questo, parte del suo viso (quella inferiore) era chiaramente umana. L'uomo senza occhi invece è un parto di Del Toro che si è basato su alcuni dipinti famosi di Goya e su alcune idee di David Marti, il supervisore degli effetti speciali per conto della DDT Efectos Especiales. L'idea originale era di qualcosa che non avesse lineamenti, in grado anch'esso di ricordare il mondo animale grazie ai suoi occhi inseriti nelle stimmate che si aprono come le piume di un pavone. Per il resto (i movimenti e l'andatura sbilenca) il regista si è affidato totalmente a Doug Jones, l'interprete con cui già aveva lavorato per dare vita al personaggio di Abe Sapien in Hellboy.

da MYMOVIES del 14/11/06

17.11.06

Quei Linux Angels ringiovaniscono pc obsoleti

Roma - Si chiamano Linux Angels e nelle parole di Silverio Carugo, rettore di Didasca (azienda che lavora nella formazione informatica nell'ottica del lifelong learning) "sono proprio come gli angeli: gente che va a dare consiglio supporto e assistenza. Chiaramente nel settore del software open source!". Si tratta di ragazzi, studenti di licei romani (quasi tutti provenienti da licei tecnici industriali o professionali) impegnati nella diffusione di una cultura dell'open source tramite dimostrazioni di come questi software siano più semplici da utilizzare rispetto ai tradizionali software proprietari.
È questo lo spirito con cui i Linux Angels danno vita all'Operazione Lilliput, pensata per ampliare la cultura del software libero e a dimostrare la sua usabilità, portata avanti "con la stessa intraprendenza e alacrità dei piccoli abitanti visitati da Gulliver in uno dei suoi viaggi". Tra queste attività, una delle più interessanti consiste nel prendere computer ritenuti obsoleti perché troppo vecchi e trasformarli in macchine perfettamente operative, grazie a sistemi open source e software gestiti da un server centrale. Al momento, la destinazione di questi computer di rinnovata utilità sono le scuole e la formazione degli anziani (altra attività patrocinata dal comune di Roma). Di tutto questo Punto Informatico ha parlato con lo stesso Carugo.

Punto Informatico: Cos'è l'Operazione Lilliput? A leggere quel che si dice è una sorta di progetto di formazione "virale" focalizzato sull'open source
Silverio Carugo: È tutta un'attività svolta dai nostri studenti-insegnanti ai quali noi spieghiamo come funziona la tecnologia e poi loro, su richiesta, vanno a fare dimostrazioni al sindaco, al presidente del consorzio tal dei tali, dei commercianti ecc. ecc. fino al singolo padre di famiglia e eventualmente ad altri studenti.

PI: Quali sono i vostri agenti-docenti?
SC: Questi studenti già insegnano e sono inquadrati in classi dove spiegano agli over 60 come usare internet. Per il momento l'Operazione Lilliput è attiva a Roma, dove consiste appunto in un corso di perfezionamento per Linux Angels. A loro insegniamo in modo specifico a usare la tecnologia LazzaroNX. Dopodichè loro la installeranno sui pc obsoleti che poi andranno nelle scuole per i corsi per gli anziani ma anche per i più giovani.

PI: Perché ricorrere proprio a LazzaroNX?
SC: La tecnologia LazzaroNX consiste nella creazione di un ecto-server ovvero un grande server remoto fornito di sistema Novell e di tecnologia NX che permette la creazione in parallelo, nella grande memoria dell'ecto-server, di migliaia di pc virtuali ai quali si accede via internet anche con un vecchio pc. Così chi usa questo vecchio pc avrà la sensazione di usare un pc nuovissimo, di grande potenza, perché in realtà le operazioni computazionali invece di essere fatte localmente sono fatte dalla memoria e dalla potenza dei processori dell'ecto-server.

PI: E invece l'iniziativa "Non buttarmi... al centro anziani c'è post@ per me"? In che modo si integra all'Operazione Lilliput?
SC: È un'idea del Consorzio Gioventù Digitale, e parte dell'Operazione Lilliput:: in sostanza si invitano le aziende e la pubblica amministrazione a non buttare i pc obsoleti ma consegnarli al Consorzio. Dopo averli sottoposti al nostro trattamento, i computer ritornano utili e vengono distribuiti per fare scuola agli anziani.

PI: Se non sbaglio è parte dell'iniziativa "Nonni su Internet", no?
SC: Sì, è stata lanciata dal comune di Roma già 3 anni fa. Oltre 3mila persone hanno partecipato a questi corsi con grande successo. Ma mentre anni fa usavano software molto artigianali e arcaici, da qui in avanti con l'ecto-pc sono nel futuro del computing, il web2computing. Un nuovo sistema di utilizzare le applicazioni che non girano sul pc ma sui server remoti, un po' quello che fa Google con i suoi servizi come Gmail o Google Spreadsheets.

PI: La vostra attività si traduce in un impulso locale al software libero. Come vede lo scenario di mercato: l'aumento degli utenti di sistemi aperti andrà ad intaccare la leadership dei software proprietari?
SC: Il 2 novembre Microsoft e Novell si sono accordate per rendere compatibili i due sistemi operativi. È evidente quindi che Microsoft riconosce in Linux un concorrente terribilmente pericoloso, per cui meglio accordarsi con lui e trarre vantaggio dai suoi punti di forza. A questo punto che OpenOffice debba sostituire Office nelle scuole è palese, non ci piove. Anche perchè è meglio di Office e non costa niente.

PI: Ma far abituare gli studenti ad OpenOffice quando poi nel mondo del lavoro troveranno Office non è fuorviante? C'è chi lo sostiene
SC: No, è il contrario! Perché OpenOffice è più intuitivo. Chiunque sa usare OpenOffice sa usare anche Office. E poi nel mondo del lavoro d'ora innanzi anche le aziende useranno OpenOffice, per una ragione semplice, perché Microsoft li spinge verso Office 2007 che richiede risorse hardware superiori a quelle attuali. E poi, spiegare ad un dipendente come usare Office 2007 è più costoso che usare OpenOffice che dà le stesse prestazioni.

PI: Dopo Roma, l'Operazione Lilliput proseguirà in altri comuni?
SC: Sicuramente. Abbiamo già degli accordi con comuni molto importanti dei quali non posso fare il nome, uno è al nord e uno poco sopra Roma per iniziative simili a quelle di Roma, cioè un polo educativo che faccia dimostrazioni.

da PUNTO INFORMATICO del 17/11/06

14.11.06

La fantascienza all'europea:
poca tecnologia ma solo apparentemente

C'è un'idea diffusa secondo la quale la fantascienza all'americana è un convoglio di tutte le novità tecnologiche nel campo cinematografico mentre quella all'europa insiste molto di più sullo scenario e sull'idea di futuro. Il film di Alfonso Cuaròn in qualche modo smentisce questa regola.
La storia descrive infatti un futuro molto prossimo non solo in termini temporali (si tratta del 2027) ma anche in termini scenici. Le automobili sono leggermente più evolute, gli schermi televisivi sono sempre di più e sempre più piatti e le pubblicità hanno assunto forme nuove e più invadenti (quest'ultima poi è una cosa molto presente nell'immaginario fantascientifico). Se trascuriamo insomma lo spunto della trama, cioè il fatto che l'infertilità diffusa delle donne ha causato un generale stato di decadenza e militarizzazione delle nazioni, per il resto il mondo non è troppo diverso da quello attuale.

Apparentemente I Figli Degli Uomini è il tipico esempio di quella fantascienza all'europea che, un po' per fondi un po' per snobismo, non abbina descrizione del futuro e utilizzo di tecnologie di messa in scena. In realtà il film, che è una coproduzione inglese e americana, utilizza le tecnologie del cinema molto più di quanto possa sembrare, solo che lo fa in maniera più sottile e più invisibile del solito, come dimostra l'incredibile piano sequenza di 15 minuti che accompagna il protagonista dentro un palazzo attaccato militarmente.
Oltre infatti a una lunga serie di accorgimenti di postproduzione, molte immagini sono ritoccate al digitale per creare il mondo disperato immaginato dal regista (ma non la luce grigiastra, quella è vera luce inglese ricercata con perizia e fatica dal direttore della fotografia Emmanuel Lubezki). Accorgimenti apparentemente invisibili come si diceva, ma che contribuiscono a dare quel senso claustrofobico degli spazi aperti che caratterizza tutta la pellicola.

Ma è nel modo di riprendere il film che la tecnologia ha dominato. Per inseguire il senso di realtà Cuaròn ha voluto realizzare tutto il film seguendo due direttrici principali: primo, utilizzare al massimo la profondità di campo, cioè posizionare la macchina da presa abbastanza lontana dai protagonisti in modo da poter tenere a fuoco anche gli elementi di sfondo di ogni inquadratura e, secondo, realizzare il film attraverso l'unione di lunghi piani sequenza.
Queste due tecniche finalizzate alla costruzione di un forte senso di verosimiglianza della storia narrata, richiedono tecnologie che qualche anno fa non sarebbero state disponibili. Obiettivi particolari, lenti particolari e soprattutto videocamere digitali in grado di memorizzare lunghe riprese (le vecchie bobine più di tanto non potevano durare). La più lunga delle riprese senza stacchi, quel piano sequenza di 15 minuti cui già si è accennato, è un perfetto esempio di tutto questo.

Frutto di 5 giorni di prove e di un'attenta pianificazione degli spostamenti di protagonisti e troupe (che cercava in ogni modo di non essere ripresa dai continui movimenti della macchina da presa), ha richiesto l'utilizzo di una videocamera digitale wireless in grado di funzionare senza fili e trasmettere in diretta le immagini riprese su un monitor a disposizione del regista il quale, non sempre (durante quei 15 minuti) poteva inseguire l'operatore per controllare l'andamento della ripresa. La complessità e la dovizia di particolari di messa in scena di quella ripresa sarebbero stati impensabili solo qualche anno fa.

da MYMOVIES.IT del 14/11/06

6.11.06

I "talenti" che nascono in rete

La rete è piena di talenti del video, i motivi sono molti e vanno dalla libertà creativa che è data dal non aver nessun produttore a cui fare riferimento, all'alta qualità che le tecnologie di uso quotidiano possono offrire fino alla distribuzione gratuita e altamente pervasiva che caratterizza Internet. Questo è un fatto e qualcuno se n'è accorto.
La United Talented Agency, una delle 5 più importanti agenzie di talenti di Hollywood che può vantare nella sua scuderia attori come Vince Vaughan e Jack Black o registi come M. Night Shyamalan, ha deciso di aprire una sezione che ha il preciso compito di scovare nuovi talenti in rete e metterli a disposizione di chi voglia creare contenuti specifici per Internet.
Ma l'approccio veramente rivoluzionario sta nel fatto che l'obiettivo non è trovare in rete la prossima generazione di filmmakers o autori televisivi, ma al contrario offrire una soluzione altamente professionale a chi è affamato di contenuti originali per i propri portali o siti allo stesso modo in cui in passato le case cinematografiche si rivolgevano alle talent agencies per trovare nuovi registi o attori. "Lo scoglio all'entrata è così irrisorio che ora chiunque potenzialmente può essere un'artista." sostiene Brent Weinstein, il capo di questa nuova sezione, "ci sono dunque moltissimi talenti là fuori anche se il 99,999% di questi non andrebbe bene per il cinema o per la televisione. Ma su Internet magari sì, perché contano doti diverse".
La divisione web della UTA conta al momento tre dipendenti la cui media è di 26 anni che in poche settimane (ma molto è la forza del nuovo mercato) hanno concluso 6 importanti accordi con grossi portali che producono e distribuiscono video. Jeremy Zimmer, uno dei fondatori dell'agenzia ritiene che "più riusciamo a guadagnare quote nel settore dei talenti per la rete, più saremo in grado di definire le regole di questo mercato così da aiutare i compratori a capire la maniera migliore di offrire servizi".
Con l'allargarsi progressivo della banda di trasmissione in questi ultimi anni, Internet ha dimostrato come possa funzionare da gigantesco canale di distribuzione a costo zero (o a costo di connessione), facendo emergere svariate figure di blogger, videoblogger, creatori di contenuti e filmmakers che hanno raggiunto la fama unicamente in virtù della loro abilità.
Esemplari in questo senso il caso di Andrew Baron, la mente dietro Rocketboom, il videoblog che ogni giorno mette in rete 45 minuti di news e curiosità sulla società tecnologica, un business da 300 mila download per ogni puntata ottenuti senza un briciolo di spesa in pubblicità. Rocketboom è visto dai maggiori leader d'opinione e CEO di Internet, un successo che ha permesso ad Andrew Baron di sostituire Amanda Congdon, il volto storico di Rocketboom, con Joan Colan, una delle conduttrici di punta di Mtv Uk. Simile è stata anche l'ascesa di lonelygirl15, pseudonimo dietro il quale si celano due giovani filmmakers che quest'estate hanno cominciato a distribuire su YouTube episodi di una serie televisiva fingendo si trattasse delle videoconfessioni di una ragazza di 16 anni. Ogni episodio era accuratamente sceneggiato e montato, si inseriva nel continuo di una storia narrata con abilità che lasciava indizi di volta in volta e che ha appassionato così tanti utenti da diventare il canale di YouTube più sottoscritto in assoluto.
Ora l'idea della UTA è un riconoscimento ufficiale da parte di uno dei colossi dei media tradizionali che non solo esiste una creatività da scovare nelle maglie della rete, ma soprattutto che esiste uno specifico della produzione Internet differente dalla produzione per i media tradizionali, e che quindi necessita di differenti professionalità.

da AFFARI & FINANZA del 6/11/06