4.9.06

Dietro le quinte di Cars, l'ultima fatica tecnologica della Pixar

Per essere il "creative director" dello studio cinemtografico più tecnologicamente all'avanguardia del mondo John Lasseter ha una strana fama, si dice infatti che non sia un appassionato di tecnologia, ma che la usi unicamente per i propri scopi.
Ma nel caso dell'ultimo film della Pixar, Cars, da lui diretto di tecnologia ce n'è proprio parecchia, si tratta infatti del più complesso film d'animazione mai realizzato, basti dire che la pellicola precedente Gli Incredibili, realizzato con attrezzature infintamente meno potenti, per la sua realizzazione ha necessitato solo di una frazione del tempo che c'è voluto per Cars.

Cosa c'è di tanto complesso questa volta? Innanzitutto la velocità. Dare un senso realistico di velocità attraverso la computer grafica è tra le cose più complicate che ci siano, e secondo (e anche più importante) ci sono i problemi di illuminazione. Quella infatti dei raggi di sole o delle luci artificiali che formano ombre, danno solidità agli oggetti e si riflettono è una delle cose più complesse da realizzare, e anche se la Pixar ha dovuto scontrarsi con questa problematica fin dal suo primo film, questa volta il livello di dettaglio che si è voluto raggiungere è almeno 20 volte superiore al solito.

Per il suo lavoro la Pixar si è basata su tre software proprietari, sviluppati per loro che non si possono trovare da nessun'altra parte se non negli studi Pixar, si tratta di Marionette(software d'animazione), Ringmaster (software per la coordinazione delle animazioni) e Renderman (software di rendering per ottenere immagini fotorealistiche), tutta roba che gira solo su sistemi operativi Linux. E nonostante questa dotazione tecnica fuori dal comune ai computer erano comunque necessarie 8 ore per fare il rendering di ogni frame. E questo nel caso dei frame più semplici! Bill Kinder direttore della postproduzione ha avuto modo di spiegare infatti che alcune delle cose che gli venivano richieste sembravano ridicole e impossibili in termini di complessità, ma questo non li ha fermati "C'erano alcuni frames come quelli con 160,000 macchine allo stadio intente a fare la ola o le insegne al neon con 3,000 luci illuminate di notte che hanno richiesto anche 20 ore di rendering per ogni frame prima che l'animatore potesse vedere il risultato di una modifica o di un'aggiunta". La causa di questo erano principalmente i complessi calcoli matematici necessari per determinare il modo in cui la luce si riflette e illumina tutti gli oggetti

Ma aldilà dello sviluppo tecnologico la Pixar è sicuramente in un momento d'oro, come lo era la Disney all'epoca de Il Re Leone, prime che proprio da John Lasseter con Toy Story rivoluzionasse il modo di fare cartoni animati per il grande schermo. Scoperto una nuova maniera di fare animazione (il 3D), nuovi studios sono emersi e hanno potuto competere in un mercato che prima era monopolio Disney. In precedenza infatti, all'epoca dei cartoni classici in 2 dimensioni, non era pensabile competere con la casa madre di Topolino sul suo terreno. Invece in quella dimensione libera e pioneristica che era il 3D ai suoi inizi (ma in fondo anche ora) permetteva di sperimentare un modo diverso di fare cartoni, più adulto e meno classico, che ha intercettato i gusti di un pubblico nuovo e ha determinato il successo sul 2D. Non era e non è tanto una questione di tecnologia, che come sempre è solo un mezzo per raggiungere un obiettivo, ma di approccio alla narrazione di storie fantastiche: tutto insieme sono arrivati autori e produttori nuovi con esperienze e punti di riferimento (come l'animazine asiatica) diversi rispetto al passato, una nuova classe di cui Brad Bird e John Lasseter sono gli esempi più rappresentativi.

da MYMOVIES.IT del 06/07/06

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