4.9.06

Media Stores Online
la nuova terra di conquista

E' appena terminato il 2005, un anno che ha visto aumentare vertiginosamente le vendite online di file musicali, e già il 2006 è partito sotto i migliori auspici, facendo presupporre un'ulteriore crescita del mercato e un ampliamento dell'offerta veros il settore del video.
Le stime riguardo il 2005, rese note da poco, per essere ufficiali hanno dovuto attendere la prensentazione dei risultati commerciali di Apple, che con il suo iTunes tiene in pugno il 75% del mercato, e queste hanno sostanzialmente confermato il quadro generale delle vendite di musica digitale su in rete che parlano di un mercato da 1,1 miliardi di dollari, diviso tra la vendita di file musicali (60%) e quella di suonerie per telefoni cellulari (40%). A questo punto il settore della vendita online è arrivato a costituire il 6% del fatturato totale dell'industria musicale, una quota che, per dare un'idea della crescita, due anni fa era ancora pari a zero e pari al 4% a metà 2005.
A questa crescita degli utenti che comprano legalmente musica digitale non sembra però corrispondere un parallelo crollo della pirateria, anzi. La condivisione illegale di file musicali cresce in parallelo con la vendita legale senza arrestarsi, colpa secondo molti di un attitudine da Dr. Jekyll e Mr. Hyde degli utenti, che con una mano comprano e con l'altra rubano, ma anche colpa del continuo e vertiginoso aumento della popolazione di internet in virtù della crescente connettività nei paesi asiatici e sudamericani.
Così, nonostante l'industria musicale continui ad essere in profonda crisi ed a vedere i suoi profitti in continua discesa, una luce si intravede nella vendita in rete, anche perchè se per il momento è iTunes a fare la parte del leone, anche in virtù della killer application iPod a cui è abbinato, molti altri music stores stanno emergendo. Uno di questi è Napster, che dopo essere stato lo storico software di condivisione file che diede inizio alla grande ondata di pirateria alla fine degli anni '90, da molto tempo (per effetto di una condanna legale) si è convertito in negozio di musica, e anche se non gode della medesima fortuna del music store di Apple, da poco può vantare mezzo milione di abbonati. Un altro agguerrito concorrente è poi Rhapsody, di proprietà di Real Networks (quelli del Real Player), che in virtù di una causa di antitrust vinta contro Microsoft sarà compreso in tutte le nuove versioni di Windows Media Player. Tra le novità da venire invece va segnalato sicuramente Urge, il media store (musica e video) di Mtv sponsorizzato da Microsoft (anche questo chiaramente sarà compreso nel media player di Windows), che vedrà la luce nel 2006.
Una curiosità: di questi 4 principali music stores citati solo due (Rhapsody e Napster) vendono file Mp3 riproducibili con qualsiasi software o qualsiasi lettore Mp3, gli altri due (iTunes e il futuro Urge), non a caso di proprietà di due colossi, vendono file in formato proprietario, leggibili cioè solo dai programmi e dai lettori di musica digitale della medesima casa. Una limitazione non da poco che tuttavia fin'ora non ha impedito ad Apple di essere leader di mercato.
Ma quello che ci si aspetta dal 2006 è soprattutto la crescita e la maturazione di un altro settore della vendita virtuale, quello dei video stores (spesso abbinati ai music stores che quindi diventano dei media stores).
Anche in questo campo tutto è partito dalla casa di Cupertino, tanto per cambiare, che il 12 ottobre passato, assieme alla presentazione della quinta generazione di iPod (quelli che possono riprodurre anche file video da vedere sul piccolo schermo dalla grande risoluzione o sul televisore tramite apposito cavo), ha presentato anche una nuova versione di iTunes in grado di vendere file video. Questo gesto ha segnato l'inizio del commercio digitale di video. Tra le prime cose messe in vendita ci sono per lo più show e serie televisive, per i film non sembra essere ancora arrivato il momento, com'è facile intuire i primi serial in vendita sono stati i cult Lost e Desperate Housewives, diventati da subito la punta di diamante di iTunes (che può contare anche sui corti della Pixar, lo studio di animazione in 3D più potente del mondo), 2€ ogni episodio, disponibile dal giorno dopo la messa in onda. Per tutta risposta Micorosoft ha annunciato che il già citato Urge metterà in vendita in esclusiva (oltre alla musica) le trasmissioni di Mtv e altri contenuti originali sempre prodotti dall'emittente musicale.
Ma un altro evento ha scosso il mercato della vendita online di video, la decisione di Google, il gigante delle ricerche online, di aprire un video store trasformando in negozio il suo Google Video, originariamente un motore di ricerca per filmati in rete. E come sempre quando si muove la grande G di Mountain View si fa notare. Contrariamente agli altri concorrenti infatti Google lascia mano libera a chi vuole mettere in vendita i suoi video attraverso il negozio virtuale, permettendo al venditore di decidere non solo il prezzo ma anche la modalità di vendita, se in streaming (cioè visualizzazione della clip in diretta su internet) o tramite download. Al momento le offerte più di richiamo di Google Video sono senza dubbio le partite dell'NBA e alcune serie televisive come CSI, più altre un po' più datate ma ugualmente di culto come McGyver, Star Trek (Deep Space Nine e Voyager) e The Twilight Zone (quello che da noi si chiamava Ai Confini Della Realtà).
Ma uno dei segni che più testimoniano la salute di questo mercato è il fatto che stia rapidamente uscendo dalla fase della fornitura di contenuti in esclusiva per dirigersi verso una più matura e concorrenziale, in cui chi detiene questi contenuti sfrutta non uno ma più video store i quali sono liberi di applicare tariffe diverse.
La prima grande casa a muoversi in questa direzione è stata recentemente la Disney (proprietaria di Lost e Desperate Housewives, oltre che di molte altre serie e cartoni animati) che non solo ha dichiarato di essere in cerca di altre piattaforme da cui vendere i propri contenuti ma anche di essersi sempre professata "platform agnostic".

da AFFARI E FINANZA del 01/06

Nessun commento: