1.5.07

La tecnologia che si preoccupa dei clienti

Dopo decenni di evoluzione tecnologica in termini di potenza e prestazioni il mercato degli ultimi anni sta vedendo finalmente un cambiamento di prospettiva e gli oggetti tecnologicamente più avanzati (cioè i più venduti) stanno diventando quelli frutto di accurati studi di interactive design prima ancora che di prestazioni. E l'iPod è solo l'esempio più eclatante e di successo di una tendenza che ha l'obiettivo di allargare la platea di fruitori di tecnologia prima ancora che primeggiare a livello tecnico.
Ecco, Giorgio Manfredi e Leandro Agrò è di questo che si occupano con Kallideas: interactive design per applicazioni aziendali. In sostanza Kallideas cura il modo con cui la tecnologia delle aziende riesce a comunicare con i clienti, progettando interfacce che cercano di essere il più amichevoli possibile, fino all'ultima idea: il virtual assistant, cioè l'individuo di sintesi che dà una faccia ed un corpo alla tecnologia.
Claudia (così si chiama il primo modello) vuole essere la visualizzazione in forma umana di un sistema di intelligenza artificiale che è in grado di dialogare con il cliente. Claudia dunque è capace di muoversi e sorridere, ma non con uno script (cioè in maniera predeterminata), bensì esprimendo emotività in base a ciò che gli si dice.
Leandro e Giorgio vengono entrambi dal mondo della teoria (uno dai corsi di design dell'interazione e l'altro dall'università) e si sono incontrati in una conferenza dove tra i relatori c'era anche Leandro stesso, impegnato a diffondere la sua visione dell'interaction design. Una visione che parte dall'assunto che nell'interazione uomo-macchina è l'uomo a costituire la parte complessa e non la macchina.

Tu non ti sei sempre occupato di personal assistant vero?
GIORGIO: No, ho sempre lavorato nell'interaction design ma Kallideas nasce nel 2003, orientata alla gestione della relazione azienda-cliente in ottica strumenti e soluzioni per la comunicazione multimediale, quindi web, telefono, SMS e quant'altro. Solo all'inizio del 2006 abbiamo cominciato ad elaborare la soluzione K-Human, o virtual assistant.

Perchè studiare l'interazione?
GIORGIO: Provo a risponderti spiegandoti da dove viene il nome Kallideas. E' l'unione del prefisso greco kalòs ("bello") e ideas che è la parte anglofona, quindi "belle idee". Ma la parte anglofona significa anche tecnologia perchè ormai è tutta americana, mentre sul versante della creatività la parte mediterranea ha ancora tanto da dire.
Il nostro approccio mira a svincolarsi dalla tecnologia. Se dici "viaggio" o lo scrivi o lo selezioni non importa, noi lavoriamo su quello che avviene dopo, quando quest'informazione è elaborata. Per cui se la tecnologia avanza, io non cambio nulla ma la mia tecnologia migliora adattando solo il primo strato.

Qual è la visione del progetto?
LEANDRO: Bisogna partire dal concetto di "embodiment" sviluppato da Paul Dourish, una mente molto fine, esso è la riduzione della distanza tra bit e atomi, dove i bit sarebbero le macchine e gli atomi le persone. Noi, come dice Bruce Sterling, viviamo già in un ecosistema misto dove uomini e macchine ne sono parte integrante e di questo dobbiamo prenderne atto perchè comporta che molte volte ci troviamo ad avere un dialogo con oggetti o con altre persone ma attraverso oggetti. Allora a questo punto il concetto di embodiment diventa cruciale e in un mondo simile occuparsi di virtual assistant vuol dire pensare ad un avvicinamento alle macchine attraverso la creazione di un piano intermedio in cui le macchine tendono ad assomigliare un po' di più alle persone, non tanto dal punto di vista visivo ma più che altro da quello comportamentale.

Chi sono le persone con cui lavorate?
GIORGIO: Ci sono due elementi che sono particolarmente importanti per me: la curiosità e la capacità di essere ibridi. Il nostro gruppo è fatto di tecnici ma c'è anche chi si occupa di semiotica, c'è uno che si occupa di psicologia, uno di design ecc. ecc. Il tecnico alle volte è troppo rigido da questo punto di vista. Da noi c'è tutta gente che suona, ama la musica ecc. ecc. infatti nel classico curriculum come prima cosa guardo gli hobby, perchè ti danno l'idea della creatività e della varietà. Qui c'è tutta gente di 25 anni che ha quella freschezza mentale di chi non è stato inquadrato da anni di tecnologia.

Quali problemi concreti può risolvere il virtual assistant?
LEANDRO: Pensa ad un call center di un'azienda in grado di fornire un primo livello di risposta tramite un assistente virtuale efficiente ed empatico, già risolve moltissimi problemi. E se poi il problema è più complesso è dotato di sufficiente intelligenza artificiale per indirizzare la chiamata all'operatore umano più appropriato (mentre solitamente le chiamate arrivano un po' "a pioggia").

Ma oltre ai call center?
LEANDRO: C'è moltissimo. Tutta la parte dell'apprendimento può essere supportata da assistenti virtuali. Pensa ad un sistema banale, in cui fruisci tramite video di una lezione. Poi però c'è una parte di esercitazione che chiaramente non puoi fare con il docente, qui scatta l'assistente virtuale che, non è solo una faccia, ma soprattutto un cervello che analizza i dati che ha inserito la persona che sta facendo il test e poi passa i risultati al docente (non al suo video ma proprio alla persona) che può valutare le performance e contattare i singoli studenti. Per non parlare poi del settore dell'intrattenimento: mia madre non sa usare un videoregistratore perchè è una cosa meccanica con un'interfaccia digitale, un approccio che lei non ha mai assorbito. Se il set top box potesse però registrare una trasmissione unicamente premendo un pulsante sarebbe più semplice per lei. E questa è una tecnologia che oggi è già disponibile (vedi MySky) basta aggiungere solo l'ultimo pezzo, quello più umano e più "intelligente" che ti chiede: "Vuoi registrarlo tutte le settimane?".

Non si rischia l'effetto boomerang però? Cioè che l'assistente che risulta antipatico...
GIORGIO: Il rischio c'è, ma è lo stesso che può accadere con un operatore umano. Il principio fondamentale da non violare è la non invadenza: l'assistente deve presentarsi solo quando lo richiedi tu.

Se devo essere sincero mi sembra improbabile che gli utenti accettino di parlare ad uno schermo in mezzo quando sono in mezzo ad una stanza...
LEANDRO: E hai ragione! Infatti io non credo che gli assistenti virtuali debbano mai essere personali, perchè è un concetto che è legato ad un uso personale del computer mentre il personal computer ormai è da anni che è morto. Il virtual assistant invece per me deve essere l'estensione di una compagnia, non di una persona. Pensare che un singolo assistente virtuale possa risolvere tutte le istanze di un uomo è follia, ma pensare che un assistente virtuale, che tra le altre cose riconosce testi o input vocali, sia un'estensione della banca è un altro conto. Perchè quando mi collego ad un sito di home banking ogni volta devo rifare le stesse cose, ma se subito dopo il login mi compare una faccina che mi strizza l'occhio e mi chiede se voglio sapere le solite cose e poi con un solo click mi mostra l'aggiornamento del mio saldo posso risolvere il 90% delle situazioni, perchè solitamente non serve altro.

Ma questa metafora umana, proprio per la sua ricercata accuratezza, non risulta ancora più fallace?
LEANDRO: Certo che è fallace! Ma è una semplificazione che la nostra mente accetta volentieri. Pensa all'alzacristalli elettrico della macchina: in linea di massima non sai come funzioni ma vedendo unicamente un pulsante ti fai una tua idea di quale sia il meccanismo che lo lega al movimento del vetro. Il virtual assistant può essere un pò come il pulsante dell'alzacristalli: qualcosa che ti fornisce una visione semplificata -ed accettabile- del mondo. Inoltre, mentre è molto improbabile che qualcuno sviluppi empatia nei confronti del pulsante dell'alzacristalli, c'è molta gente sviluppa emotività verso l'automobile. Il fatto di poter sviluppare empatia verso gli assistenti virtuali, è senz'altro un aspetto controverso, ma anche una delle chiavi di lettura dell'interesse che suscitano, nonché del loro potenziale successo.

da 7TH FLOOR di marzo/aprile 2007

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