E' tutto nella narrazione
Vacancy si presenta come il più consueto degli horror estivi. Lo dicono tutte le componenti "paratestuali": lo dice la locandina, lo dicono gli attori (noti ma non di primo piano), lo dice il trailer e lo dice la forma della trama.
Una coppia in crisi si ferma in un motel di notte e scopre che in realtà è una trappola mortale gestita da un sadico regista di snuff movies che tortura e uccide davanti alle telecamere i suoi ospiti. Nulla di più classico. Anche i personaggi rispondono in pieno alle figure archetipe: l'uomo troppo sicuro di sè e la donna scossa da un trauma, entrambi pronti a lasciare l'altro.
Eppure Vacancy si discosta moltissimo da qualsiasi altro filmetto estivo per l'approccio che ha al racconto. E' il tipico film di serie B (e in questo caso è un complimento) in grado di raccontare moltissimo delle idee, dei sogni e delle paure dei protagonisti (e per esteso di tutti) attraverso una forma che mette in assoluto primo piano il racconto degli eventi senza concedere mai spazio all'introspezione esplicita ma arrivandoci sempre "di rimbalzo", per induzione dalle azioni dei personaggi.
I segreti di un simile film, i motivi percui pur sembrando in tutto e per tutto come molti altri riesce invece ad andare oltre, sono molti e affondano le radici nel modo in cui il regista Nimròd Antal affronta la narrazione.
Innanzitutto la location
Il Pinewood Motel, il luogo in cui i protagonisti sono bloccati per quasi tutto il film, braccati dai macellai che lo gestiscono, è un vero e proprio personaggio a sè. Ha un carattere, un'architettura particolare (a ferro di cavallo per aumentare il senso di claustrofobia) e una serie di vie di fuga e trappole da scoprire piano piano nel corso del film che lo rendono uno snodo fondamentale per tutto il racconto. Solo con una simile location è possibile portare avanti un'ora e mezza di film in cui succedono sempre cose diverse.
Non a caso non è stato possibile utilizzare una struttura già esistente: “Abbiamo deciso che la cosa migliore da fare fosse costruire il motel secondo le nostre aspettative”, afferma il produttore Lieberman. “Alla Sony sono stati così gentili da concederci il teatro di posa numero 15, che è uno dei più grandi al mondo, consentendoci di ricostruire l’intero motel e la stazione di rifornimento”.
Oltre alle pareti in legno c'è molto vetro nel film, le stanze e specialmente l'appartamento dove la coppia protagonista è prigioniera è stata costruita con molti specchi e pareti di vetro, per dare l'idea di animali in gabbia, visti da fuori ma incapaci di uscire.
Una questione d'illuminazione
A dirigere la fotografia c'è Andrzej Sekula, fotografo di fiducia di Quentin Tarantino, abilissimo con la gestione delle luci e dei colori. E proprio le luci e le ombre sono un elemento portante di tutta la forma del film che non potrebbe avere lo stesso impatto senza le scelte precise che sono state fatte di concerto tra Sekula e il regista Antal.
Non c'è zona grigia in Vacancy, non c'è spazio aperto possibile. Tutte le immagini che si presuppongono svolgersi all'esterno sono avvolte in un buio pesto, in un'oscurità tagliata da netti fasci di luce (la macchina, i neon, le torce), creando una coerenza claustrofobica anche all'esterno.
“Abbiamo potuto girare senza dover fare i conti con la luce del sole e con le condizioni atmosferiche. Avevamo il controllo completo di ogni angolo del set" ha dichiarato il regista. Ed è proprio la parola "controllo" il punto focale. Girare tutto in un set ha il principale vantaggio di poter controllare anche la luce come sarebbe impossibile in veri esterni, e Vacancy si avvale in toto di questa potenzialità, portandola alle estreme conseguenze come lo stesso Sekula spiega: “Non volevamo né riflettere né diffondere la luce. Ho creato come delle chiazze di luce da cui improvvisamente saltano fuori gli assassini. Molto spesso, i personaggi si spostano dalla luce all’ombra e poi di nuovo alla luce”.
Sekula inoltre è anche il creatore delle sequenze snuff che i protagonisti vedono nel videoregistratore della camera d'hotel, sequenze fondamentali. Quello è il momento in cui è chiaro cosa succederà, il punto dal quale nulla sarà più come prima e nel quale è chiaro a tutti (protagonisti e spettatori) che la guerra per la loro sopravvivenza è già cominciata. Le sequenze dovevano non solo essere realistiche e documentaristicamente spaventose ma anche apparire come un prodotto di bassa qualità ripreso da videocamere a circuito chiuso. Per fare questo le macchine da presa sono state piazzate come se fossero vere videocamere a circuito chiuso cioè in modo da riprendere tutta la stanza, senza lasciare buchi possibili. Poi il girato in alta qualità è stato montato e rimontato per farlo sembrare frutto di un vecchio VHS.
Infine il racconto
Ma a tirare le fila di tutto, a differenziare il film dai suoi omologhi di qualità inferiore c'è la narrazione. E' la capacità e la volontà di costruire un racconto che sia totalmente incentrato sull'azione e sul racconto dei fatti, considerando sempre i personaggi come funzionali. E' questo ciò che meraviglia di più in Vacancy.
Il film incornicia in maniera stretta e precisa la terribile disavventura della coppia protagonista, comincia al cominciare dei loro problemi (prima sbagliano strada, poi la macchina dà problemi) e finisce con la fine (per un verso o per l'altro) della caccia all'uomo nel motel. Non c'è prologo e non c'è epilogo, la vicenda narrata non è inquadrata in un contesto storico o sociale particolare, potrebbe essere un qualsiasi luogo di provincia americano in un qualsiasi momento della storia recente. E' il vero incubo, quello che non ha spiegazioni e non ha introduzioni ma comincia con l'angoscia crescente e si interrompe di botto quando non ci sono più motivazioni di angoscia.
Anche il racconto dell'amore tra i protagonisti, cosa solitamente scontata e un po' banale in questo genere di film, è particolarmente convincente e finalmente non è solo un dovere istituzionale ma un piacere che si riserva il regista.
Per finire le figure archetipe, le persone comuni coinvolte in un'esperienza fuori dal comune, tipi da città costretti per la prima volta a lottare per la propria sopravvivenza senza un motivo, sono finalmente solo un punto di partenza e non di arrivo. L'uso di caratteri tipici non è una facile soluzione ma una scelta stilistica. La coppia inizia come tutte le coppie scoppiate del cinema e nel corso del film si riconcilia in una maniera intima e particolare denunciando l'unicità della loro storia.
da MYMOVIES.IT del 19/07/07
Vacancy si presenta come il più consueto degli horror estivi. Lo dicono tutte le componenti "paratestuali": lo dice la locandina, lo dicono gli attori (noti ma non di primo piano), lo dice il trailer e lo dice la forma della trama.
Una coppia in crisi si ferma in un motel di notte e scopre che in realtà è una trappola mortale gestita da un sadico regista di snuff movies che tortura e uccide davanti alle telecamere i suoi ospiti. Nulla di più classico. Anche i personaggi rispondono in pieno alle figure archetipe: l'uomo troppo sicuro di sè e la donna scossa da un trauma, entrambi pronti a lasciare l'altro.
Eppure Vacancy si discosta moltissimo da qualsiasi altro filmetto estivo per l'approccio che ha al racconto. E' il tipico film di serie B (e in questo caso è un complimento) in grado di raccontare moltissimo delle idee, dei sogni e delle paure dei protagonisti (e per esteso di tutti) attraverso una forma che mette in assoluto primo piano il racconto degli eventi senza concedere mai spazio all'introspezione esplicita ma arrivandoci sempre "di rimbalzo", per induzione dalle azioni dei personaggi.
I segreti di un simile film, i motivi percui pur sembrando in tutto e per tutto come molti altri riesce invece ad andare oltre, sono molti e affondano le radici nel modo in cui il regista Nimròd Antal affronta la narrazione.
Innanzitutto la location
Il Pinewood Motel, il luogo in cui i protagonisti sono bloccati per quasi tutto il film, braccati dai macellai che lo gestiscono, è un vero e proprio personaggio a sè. Ha un carattere, un'architettura particolare (a ferro di cavallo per aumentare il senso di claustrofobia) e una serie di vie di fuga e trappole da scoprire piano piano nel corso del film che lo rendono uno snodo fondamentale per tutto il racconto. Solo con una simile location è possibile portare avanti un'ora e mezza di film in cui succedono sempre cose diverse.
Non a caso non è stato possibile utilizzare una struttura già esistente: “Abbiamo deciso che la cosa migliore da fare fosse costruire il motel secondo le nostre aspettative”, afferma il produttore Lieberman. “Alla Sony sono stati così gentili da concederci il teatro di posa numero 15, che è uno dei più grandi al mondo, consentendoci di ricostruire l’intero motel e la stazione di rifornimento”.
Oltre alle pareti in legno c'è molto vetro nel film, le stanze e specialmente l'appartamento dove la coppia protagonista è prigioniera è stata costruita con molti specchi e pareti di vetro, per dare l'idea di animali in gabbia, visti da fuori ma incapaci di uscire.
Una questione d'illuminazione
A dirigere la fotografia c'è Andrzej Sekula, fotografo di fiducia di Quentin Tarantino, abilissimo con la gestione delle luci e dei colori. E proprio le luci e le ombre sono un elemento portante di tutta la forma del film che non potrebbe avere lo stesso impatto senza le scelte precise che sono state fatte di concerto tra Sekula e il regista Antal.
Non c'è zona grigia in Vacancy, non c'è spazio aperto possibile. Tutte le immagini che si presuppongono svolgersi all'esterno sono avvolte in un buio pesto, in un'oscurità tagliata da netti fasci di luce (la macchina, i neon, le torce), creando una coerenza claustrofobica anche all'esterno.
“Abbiamo potuto girare senza dover fare i conti con la luce del sole e con le condizioni atmosferiche. Avevamo il controllo completo di ogni angolo del set" ha dichiarato il regista. Ed è proprio la parola "controllo" il punto focale. Girare tutto in un set ha il principale vantaggio di poter controllare anche la luce come sarebbe impossibile in veri esterni, e Vacancy si avvale in toto di questa potenzialità, portandola alle estreme conseguenze come lo stesso Sekula spiega: “Non volevamo né riflettere né diffondere la luce. Ho creato come delle chiazze di luce da cui improvvisamente saltano fuori gli assassini. Molto spesso, i personaggi si spostano dalla luce all’ombra e poi di nuovo alla luce”.
Sekula inoltre è anche il creatore delle sequenze snuff che i protagonisti vedono nel videoregistratore della camera d'hotel, sequenze fondamentali. Quello è il momento in cui è chiaro cosa succederà, il punto dal quale nulla sarà più come prima e nel quale è chiaro a tutti (protagonisti e spettatori) che la guerra per la loro sopravvivenza è già cominciata. Le sequenze dovevano non solo essere realistiche e documentaristicamente spaventose ma anche apparire come un prodotto di bassa qualità ripreso da videocamere a circuito chiuso. Per fare questo le macchine da presa sono state piazzate come se fossero vere videocamere a circuito chiuso cioè in modo da riprendere tutta la stanza, senza lasciare buchi possibili. Poi il girato in alta qualità è stato montato e rimontato per farlo sembrare frutto di un vecchio VHS.
Infine il racconto
Ma a tirare le fila di tutto, a differenziare il film dai suoi omologhi di qualità inferiore c'è la narrazione. E' la capacità e la volontà di costruire un racconto che sia totalmente incentrato sull'azione e sul racconto dei fatti, considerando sempre i personaggi come funzionali. E' questo ciò che meraviglia di più in Vacancy.
Il film incornicia in maniera stretta e precisa la terribile disavventura della coppia protagonista, comincia al cominciare dei loro problemi (prima sbagliano strada, poi la macchina dà problemi) e finisce con la fine (per un verso o per l'altro) della caccia all'uomo nel motel. Non c'è prologo e non c'è epilogo, la vicenda narrata non è inquadrata in un contesto storico o sociale particolare, potrebbe essere un qualsiasi luogo di provincia americano in un qualsiasi momento della storia recente. E' il vero incubo, quello che non ha spiegazioni e non ha introduzioni ma comincia con l'angoscia crescente e si interrompe di botto quando non ci sono più motivazioni di angoscia.
Anche il racconto dell'amore tra i protagonisti, cosa solitamente scontata e un po' banale in questo genere di film, è particolarmente convincente e finalmente non è solo un dovere istituzionale ma un piacere che si riserva il regista.
Per finire le figure archetipe, le persone comuni coinvolte in un'esperienza fuori dal comune, tipi da città costretti per la prima volta a lottare per la propria sopravvivenza senza un motivo, sono finalmente solo un punto di partenza e non di arrivo. L'uso di caratteri tipici non è una facile soluzione ma una scelta stilistica. La coppia inizia come tutte le coppie scoppiate del cinema e nel corso del film si riconcilia in una maniera intima e particolare denunciando l'unicità della loro storia.
da MYMOVIES.IT del 19/07/07
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