10.3.07

Il cinema scomparso

Il più trito dei luoghi comuni sul nostro cinema vuole che in Italia non si producano film che non siano di cassetta (principalmente commedie) e che, accanto al cinema che ha il compito di incassare, praticamente non esista una produzione più audace e autoriale, magari finanziata dallo stato e infine che quel poco che c'è incassi poco perchè di cattiva qualità. Quindi ogni volta che una pellicola vagamente fuori dalle righe, interessante e ben fatta, riesce a raggiungere una certa visibilità si grida alla rinascita.
La realtà però è molto diversa, in Italia si producono moltissimi film e moltissime opere prime grazie ai soldi dello stato, ma la stragrande maggioranza di questi viene visto solo nei festival. Perchè nel nostro paese produrre un film con i soldi dello stato rende bene e subito ma distribuirlo no.

Nel solo 2003 il Ministero per i Beni Culturali ha concesso il beneficio del finanziamento nel complesso a 117 film, l'anno seguente sono usciti nelle sale circa 73 film italiani (titolo più titolo meno). E chiaramente delle 73 pellicole che sono andate in sala almeno la metà (se non di più) erano frutto di produzioni indipendenti o delle nostre major (principalmente Rai Cinema e Medusa).
Ci sono quindi moltissimi film che ricevono i soldi dai fondi per la produzione e per la distribuzione che, se sono fortunati e vengono distribuiti, lo sono dopo 2 o 3 anni e comunque in pochissime sale. Non c'è dunque da meravigliarsi che poi incassino poco, in molti casi infatti è proprio questo l'intento delle piccole case di produzione, le quali sono libere di gestire i fondi statali senza che il regista possa sapere nulla.

Un caso più che esemplare in questo senso è quello di Giovanni Robbiano, regista di Hermano, film che al momento è distribuito in una sala a Roma e una a Milano e che ha ricevuto il finanziamento nel lontano 1999. Racconta Robbiano come "bisogna tenere presente che gli utili di un produttore sono garantiti a priori. Spesso dunque i film che ricevono il finanziamento vengono presi da produttori che vedono la possibilità di lucrarci sopra realizzandoli con mezzi ridottissimi. Poi una volta finiti, siccome farli uscire al cinema è solo un ulteriore costo, trovano una società di distribuzione connivente che faccia uscire il film in pochissime copie o anche in una sala sola, perchè lo stato poi pretende che il film sia uscito". La casa di produzione di Hermano, la GAM film ora è fallita e molti partecipanti alla produzione non sono stati pagati, tanto che Robbiano non ha nemmeno una copia del suo film per se stesso. E alla Sharada, compagnia di distribuzione incaricata di distribuire il film, si rifiutano di parlare dell'accaduto o di fornire numeri di telefono per parlare con il regista.

E rivolgersi ad altri circuiti distributivi non è più semplice, perchè far uscire un film al di fuori del circuito dei grandi presuppone una spesa ed un rischio anche per gli esercenti i quali sono un altro scoglio da superare. E di questo si lamentano le società di distribuzione come anche l'Istituto Luce che nella persona del direttore Sovena spiega come "Il problema fondamentale è che i film se non incassano non sono tenuti dalle sale. Io ho avuto film con un certo budget assegnato che andavano anche bene, ma esaurito il budget se non avevo più soldi per la pubblicità gli esercenti li levavano".
E' stato il caso di Antonietta de Lillo, regista di Il Resto Di Niente (finanziato nel 1998 e uscito nel 2005) che ora è anche in causa con l'Istituto Luce: "Il mio film dopo una produzione che è durata anni è stato accolto bene a Venezia e ha avuto anche dei riconoscimenti ai David di Donatello. Poi al momento della distribuzione è uscito con un numero di copie piccolissimo, intorno alle 20. Tuttavia nonostante questo il film in sala ha tenuto bene e anzi cresceva, gli esercenti pure richiedevano più copie ma non c'è stato nulla da fare. E quando mi sono lamentata pubblicamente di tutto ciò l'Istituto Luce mi ha citato in tribunale chiedendo 250.000€ di risarcimento".

L'interrogativo di tutti questi registi è sempre come mai lo stato non controlli cosa viene fatto con i soldi che elargisce. Un problema che il ministero non ammette esplicitamente ma solo implicitamente, dato che sta provvedendo all'approvazione di una nuova legge in materia. "Lo stato controllava l'applicazione corretta dei fondi tramite il soggetto deputato alla loro gestione, cioè la sezione credito cinematografico e teatrale della BNL, la cui responsabilità scattava al momento della delibera." spiega Gaetano Blandini, direttore della sezione cinema del Ministero Dei Beni Culturali "La BNL aveva tutta una serie di obblighi e responsabilità a cui sono sicuro ha adempiuto. Per il futuro comunque abbiamo semplificato tutto facendo coincidere il finanziamento con la garanzia e soprattutto nel nuovo sistema nessuno potrà avere erogazione di risorse se non dimostra di avere un contratto adeguato di distribuzione".

Sono storie paradossali queste della maladistribuzione, al limite del grottesco e ce ne sono a centinaia ogni anno. Come quella che racconta Diego Olivares, regista di I Cinghiali di Portici, film finanziato dallo stato nel dicembre 2001 e finalmente uscito solo cinque anni dopo in pochissime sale a luglio, il giorno prima di Italia-Francia, la finale dei mondiali di calcio di Germania. "Sono stato in concorso al festival di Torino dove ho preso la menzione speciale per la sceneggiatura assieme poi a vari altri premi e statuette di ogni genere in importanti festival europei" racconta il regista "tra cui anche il premio di Cinema Mezzogiorno, il festival organizzato da Gianni Minà, che consisteva in una distribuzione finanziata dall'Istituto Luce", una volta vinto il premio (consegnatogli da Franco Nero in una serata presentata per l'appunto da Gianni Minà) Olivares, com'è normale, ha rinunciato al fondo di distribuzione statale, sicuro ormai di ricevere l'agognata uscita. "Poi vengo a sapere che l'Istituto Luce ha smesso di elargire questo premio perchè è cambiato l'orientamento politico e quindi il tutto restava un'iniziativa autonoma di Minà". E a poco è servito al regista non arrendersi: "Io poi ho anche incontrato Gianni Minà a delle presentazioni di libri, il quale aveva detto che si sarebbe dato da fare parlando con Tizio e Caio, anche alla Rai, e che mi avrebbe fatto sapere. Cosa che poi regolarmente non è successa. Non mi ha fatto mai sapere niente e a quanto ne so non si è mosso assolutamente in nessuna direzione. So solo che alla mia obiezione -Ma che è successo?- mi ha risposto -Sa il cinema non è il mio mestiere...-".

da LA REPUBBLICA del 10/03/2007

3 commenti:

Unknown ha detto...

Buongiorno Gabriele,

sono uno dei responsabili, insieme a Roberto Nardini e Paolo Tinarelli, del progetto Filmisnow (www.filmisnow.it).

Ho letto con molto interesse il tuo articolo di sabato 10-03 su Repubblica dedicato al "Cinema scomparso" e vorrei dare un piccolo contributo, se posso.

I gravi problemi di distribuzione che colpiscono il cinema indipendente (se mi passi la semplificazione) forse oggi possono essere in qualche misura superati grazie al web.

Noi di Filmisnow, ad esempio, abbiamo tutta l'intenzione di offrire la nostra piattaforma distributiva online anche ai filmaker/produttori che citi nel tuo articolo. Il nostro obiettivo, infatti, è di veicolare sul web anche e soprattutto le opere cinematografiche "introvabili", e in questo novero comprendo sia i film che ormai sono usciti da tutti i circuiti possibili e che nessuno trova più neppure al "Tempio del video" di Milano, sia quelli che, per le ragioni che hai lucidamente esposto, non arrivano neppure al primo stadio della catena distributiva. Poi dobbiamo avere anche gli altri titoli più commerciali, e infatti siamo partiti proprio da qui, ma questo rientra nelle ovvie regole del gioco.

Insomma, noi siamo seriamente intenzionati ad aprire le nostre porte. Se ritieni di poter trasferire questo messaggio ai registi che hai intervistato e, in generale, a tutto l'ambiente dei "film fantasma", te ne sarei davvero grato.

Cordialità.

Maurizio Ferrari - Filmisnow

gparker ha detto...

Rispondo qui perchè non tuoi contatti, benchè abbia intervistato qualcuno di voi (Nardini) per un pezzo su Punto Informatico.
Purtroppo non ho referenti di email dei registi che ho contattato, ma solo numeri di telefono. Se cmq tu li volessi te li potrei dare, credo che ne sarebbero comunque lieti.

Unknown ha detto...

Ti lascio volentieri il mio account Google: mauri.ferrari@gmail.com. Aspetto i contatti telefonici e ti ringrazio in anticipo.