Il primato sempre in via di ridefinizione di "film più costoso della storia del cinema" ha un nuovo titolare: "Spiderman 3", il film di Sam Raimi (lo stesso regista che aveva diretto i primi due episodi della saga) arriverà dal primo maggio nella cifra record di 900 sale italiane, in contemporanea con il resto dell'Europa e con ben 3 giorni di anticipo rispetto all'uscita americana.
E come ci si può aspettare dal budget senza precedenti il film è pieno di scene d'azione mozzafiato realizzate con abbondante uso di effetti speciali necessari (per esempio) per animare il personaggio dell'Uomo Sabbia, composto da milioni di piccoli granelli di sabbia che può controllare a piacimento.
In questo terzo film aumentano i personaggi coinvolti, l'Uomo Ragno dovrà vedersela con ben 3 nemici e (molto peggio!) con 2 donne nella vita privata. Alla consueta Mary Jane si affiancherà infatti la nuova bionda Gwen Stacy, interpretata da Bryce Dallas Howard (figlia d'arte del regista Ron Howard).
Tuttavia dopo la scoperta dei super poteri e la lotta per l'amore della sua amata Mary Jane, questa volta per l'Uomo Ragno (alias Peter Parker) la sfida più difficile sarà affrontare se stesso. Attaccato da un simbiota alieno l'eroe interpretato da Tobey Maguire è infatti preda di un delirio di onnipotenza (il simbiota alieno che rende scuro il suo costume infatti lo potenzia ma lo rende anche più violento e arrogante) dal quale faticherà a staccarsi fino a che non si renderà conto di come questo rischi di fargli perdere il legame con la sua amata (e forse promessa sposa) Mary Jane. Ad interpretare la donna dei sogni dell'Uomo Ragno c'è ancora Kirsten Dunst che si dichiara, al pari dell'altro protagonista (anche se su questo le cronache cinematografiche non sono concordi), pronta a girare anche un quarto episodio della saga a patto di farlo con il medesimo cast e con una buona storia.
E un po' tutte le dichiarazioni degli attori e del regista riguardo la produzione di questo film e di un'eventuale prosecuzione della collaborazione sono sullo stesso tono: "Siamo cresciuti sia nel film che nella vita e abbiamo visto consolidarsi i nostri rapporti sul set, così abbiamo affrontato i nostri ruoli con più maturità" ha dichiarato sempre Kirsten Dunst, alla quale ha fatto eco Tobey Maguire che si è detto certo di non essere ingabbiato in questo ruolo nemmeno dopo 3 film: "Interpretare Peter Parker in questi tre episodi mi ha dato la possibilità di esplorare diverse sfaccettature della psiche umana al pari di diversi momenti di maturazione di un ragazzo".
Ed è proprio la crescita e l'assunzione di responsabilità uno dei temi del film più cari al regista, Peter Parker deve comprendere come per tenersi stretto la ragazza che vuole sposare debba smettere di pensare alla propria vita (privata e "lavorativa") e prima di tutto capire che lui non è necessariamente sempre buono e quelli che ritiene essere cattivi non lo sono totalmente. Uno dei nemici di questo film infatti è proprio il criminale che nel primo episodio aveva ucciso lo zio di Peter Parker, l'uomo che gli ha fatto da padre. "Peter ha intrapreso un viaggio verso la complessità" spiega il regista "deve capire che non tutto è netto ed essere capace di sentire i propri peccati e la propria dualità, che poi è la stessa che c'è in tutti noi".
In America, quando uscirà, il film sarà distribuito (come è ormai consuetudine) anche nelle sale Imax, in una versione speciale contenente inserti in 3D.
25.4.07
Uomo Ragno 3: essere buoni non sempre aiuta a vincere
Controlli da aeroporto con l'incubo dei pirati
Cambiano le tecnologie ma non la pirateria, e nonostante la rete ne abbia amplificato la risonanza (e le cause legali) l'origine rimane sempre quella: la ripresa abusiva dalle anteprime cinematografiche. Ma se fino a dieci anni fa non c'era un mezzo come internet ad unire tutto il pianeta e fino a cinque anni fa le capacità di trasmissione non consentivano lo scambio di film, ora una pellicola che va in anteprima a New York e che viene ripresa abusivamente può finire sui computer di tutto il pianeta, inficiando in un attimo gli incassi mondiali. Una sola piccola falla può insomma causare danni giganteschi a pellicole costate milioni di dollari.
Le sale hanno infatti perso molti avventori da quando è possibile scaricare illegalmente la maggior parte dei film (con una qualità spesso discutibile ma pur sempre a prezzo zero) il giorno stesso della loro uscita cinematografica se non anche qualche giorno prima ed è quindi comprensibile le case di distribuzione abbiano preso provvedimenti. Ma se in Italia fino ad oggi questi provvedimenti erano stati limitati, dato il ritardo con cui solitamente i film approdano nelle nostra sale (a quel punto se il film doveva essere su internet già c'era), con l'anteprima di "Spiderman 3" si apre un periodo in cui il nostro paese sarà tra i primissimi a veder uscire alcune importanti produzioni americane. Infatti dopo l'uscita nostrana del nuovo episodio della saga dell'Uomo Ragno (il 1° maggio, con ben 3 giorni di anticipo rispetto agli USA) a fine mese ci sarà l'uscita in contemporanea mondiale del terzo episodio di "I Pirati Dei Caraibi" e a giugno sarà anche il turno dei "Transformers".
Quindi ora anche da noi prime e anteprime godono di una sorveglianza che ricorda molto quella aeroportuale. Si comincia a pochi metri dall'entrata in sala con un preliminare avvertimento di spegnere i cellulari e personale che smista il pubblico. Poi si procede con la richiesta di consegnare qualsiasi apparecchio tecnologico si possegga (oltre ai cellulari quindi anche iPod, palmari...) seguito da un controllo di eventuali borse o zaini (nonchè corporale) effettuato con il metal detector (quello manuale a forma di paletta). Il problema infatti è che molti modelli di telefonini o di lettori mp3 funzionano anche come videocamere o registratori audio con una qualità buona per gli standard della pirateria. Una volta consegnati (o sequestrati) gli apparecchi in questione vengono spenti e inseriti in speciali buste di plastica sigillate e isolanti che gli impediscono di registrare, ricevere o inviare dati. Gli apparecchi imbustati vengono riconsegnati al proprietario solo all'uscita quando dovrà sudare sette camicie per riaprire gli speciali involucri.
La sicurezza è poi attiva anche durante la proiezione del film. In sala viene diffuso un avviso in due lingue che avverte dei controlli che saranno effettuati e gli addetti passano continuamente ai lati delle file con visori notturni per controllare se qualcuno stia riprendendo o meno e dichiarano di tenere in funzione apparecchiature in grado di disturbare il segnale, perchè effettivamente anche da noi è capitato di cogliere in fallo dei pirati.
Sempre secondo la sicurezza è capitato, e anche di frequente, a prime ed anteprime di sequestrare piccole videocamere all'ingresso e qualche volta anche di pizzicare insospettabili signore che riprendevano tranquillamente il film senza tentare nemmeno di nasconderlo. Eppure i primatisti rimangono i cinesi che anche per Spiderman 3 sono riusciti nel miracolo: il film è infatti già in rete (e quindi pure sulle bancarelle di Pechino) in versione mandarina.
da IL SECOLO XIX del 25/04/07
Le sale hanno infatti perso molti avventori da quando è possibile scaricare illegalmente la maggior parte dei film (con una qualità spesso discutibile ma pur sempre a prezzo zero) il giorno stesso della loro uscita cinematografica se non anche qualche giorno prima ed è quindi comprensibile le case di distribuzione abbiano preso provvedimenti. Ma se in Italia fino ad oggi questi provvedimenti erano stati limitati, dato il ritardo con cui solitamente i film approdano nelle nostra sale (a quel punto se il film doveva essere su internet già c'era), con l'anteprima di "Spiderman 3" si apre un periodo in cui il nostro paese sarà tra i primissimi a veder uscire alcune importanti produzioni americane. Infatti dopo l'uscita nostrana del nuovo episodio della saga dell'Uomo Ragno (il 1° maggio, con ben 3 giorni di anticipo rispetto agli USA) a fine mese ci sarà l'uscita in contemporanea mondiale del terzo episodio di "I Pirati Dei Caraibi" e a giugno sarà anche il turno dei "Transformers".
Quindi ora anche da noi prime e anteprime godono di una sorveglianza che ricorda molto quella aeroportuale. Si comincia a pochi metri dall'entrata in sala con un preliminare avvertimento di spegnere i cellulari e personale che smista il pubblico. Poi si procede con la richiesta di consegnare qualsiasi apparecchio tecnologico si possegga (oltre ai cellulari quindi anche iPod, palmari...) seguito da un controllo di eventuali borse o zaini (nonchè corporale) effettuato con il metal detector (quello manuale a forma di paletta). Il problema infatti è che molti modelli di telefonini o di lettori mp3 funzionano anche come videocamere o registratori audio con una qualità buona per gli standard della pirateria. Una volta consegnati (o sequestrati) gli apparecchi in questione vengono spenti e inseriti in speciali buste di plastica sigillate e isolanti che gli impediscono di registrare, ricevere o inviare dati. Gli apparecchi imbustati vengono riconsegnati al proprietario solo all'uscita quando dovrà sudare sette camicie per riaprire gli speciali involucri.
La sicurezza è poi attiva anche durante la proiezione del film. In sala viene diffuso un avviso in due lingue che avverte dei controlli che saranno effettuati e gli addetti passano continuamente ai lati delle file con visori notturni per controllare se qualcuno stia riprendendo o meno e dichiarano di tenere in funzione apparecchiature in grado di disturbare il segnale, perchè effettivamente anche da noi è capitato di cogliere in fallo dei pirati.
Sempre secondo la sicurezza è capitato, e anche di frequente, a prime ed anteprime di sequestrare piccole videocamere all'ingresso e qualche volta anche di pizzicare insospettabili signore che riprendevano tranquillamente il film senza tentare nemmeno di nasconderlo. Eppure i primatisti rimangono i cinesi che anche per Spiderman 3 sono riusciti nel miracolo: il film è infatti già in rete (e quindi pure sulle bancarelle di Pechino) in versione mandarina.
da IL SECOLO XIX del 25/04/07
23.4.07
Italia, Strudle open source contro la dislessia
Firenze - La dislessia è una malattia che prima viene diagnosticata e meglio la si può curare, per questo spesso psicologi e linguisti rivolgono la loro attenzione alle scuole elementari, dove si manifestano i primi sintomi. Tuttavia non è sempre possibile fare i test dovuti su tutti i bambini poiché la procedura di correzione è lunga e complessa. Per questo Giacomo Bartoloni, al momento di laurearsi, ha deciso di mettere a punto come tesi un software che aiuti la diagnosi della dislessia, velocizzandone alcuni passi fondamentali.
Il risultato si chiama STRUDLE (strumento d'aiuto alla diagnosi della dislessia), un progetto open source ospitato su SourceForge, un software che tramite il riconoscimento vocale e la comparazione di questi dati con quelli corretti, permette di fare un primo screening e selezionare i soggetti che potrebbero essere a rischio rispetto a quelli che certamente non lo sono. Siccome si tratta di un'applicazione di ambito medico, Giacomo ha deciso che doveva essere pronta per qualsiasi piattaforma e disponibile a tutti, per questo ha scelto di programmarla in Java e distribuirla sul canale open.
Quando l'abbiamo sentito tuttavia non era ancora deciso quale tipo di licenza adottare.
Punto Informatico: Perché una licenza libera?
Giacomo Bartoloni: Perché penso che uno strumento che porti un miglioramento nella salute debba essere disponibile a tutti. E poi con l'open source si hanno dei mezzi che io, ragazzo di 24 anni, non potrei mai avere. Tramite siti come Sourceforge.net posso trovare altra gente per programmare questa cosa, anche se quando non c'è un interesse economico dietro poi è difficile.
PI: Però sei ancora indeciso sulla licenza
GB: Prima di tutto non sono molto informato sui tipi di licenze e sui diritti e i doveri che comportano. L'unica cosa che mi preme e che chi usi il mio software per professione me lo segnali, vorrei una licenza che mi consenta di chiedere questo.
PI: Come ti poni riguardo alla possibilità che chi modifica il tuo software possa poi distribuirlo in versione proprietaria?
GB: Vorrei più che altro saperlo, se uno rilascia una versione migliorata del mio software e lo mette a pagamento me ne deve parlare, poi io non impedirò questa cosa. Ho messo la prima pietra e so che si può fare di meglio, ma vorrei fosse noto il fatto che questa prima pietra l'ho messa io. Per il momento comunque è distribuito sotto una licenza GNU GPL e sto curando la leggibilità del codice.
PI: Tecnicamente come funziona?
GB: L'ho programmato in Java, usando le librerie SWT, infatti come prima cosa vorrei portare tutto a Swing, per rendere il programma maggiormente indipendente da librerie esterne alla JRE. Per fare il riconoscimento vocale mi sono basato su HTK che è un software che sfrutta le proprietà dei modelli di Markiv nascosi (HMM) e che è utilizzato anche in alcuni programmi commerciali open source ed è sviluppato da un'università inglese. Questo mi dà la sicurezza che dietro ha una vasta comunità che lo segue e lo sviluppa. In questo modo il programma prima rileva e riconosce l'input audio e poi fa il matching con quello che dovrebbe sentirsi dire.
PI: Già è stato testato? O almeno è adottato da chi te lo aveva commissionato?
GB: Il linguista che lo ha commissionato lo ha già, ma ancora deve partire la sperimentazione. Quanto alla fase di test, sono andato in una scuola elementare a registrare le voci dei bambini per allenare il computer, poi ho preso dai linguisti le registrazioni di bambini dislessici. Tutto sta nell'allenare il sistema a riconoscere il parlato. Ho visto che questi sistemi vengono allenati con in media 1800 voci, io l'ho allenato con 60 voci e questo è un problema. Però per ovviare a questo, in parallelo ho sviluppato un programma che faccia la procedura d'allenamento in maniera automatica (HMMTrain). Così anche uno psicologo può allenare il sistema con dei campioni.
PI: Altri partner che possono essere interessati ad una simile applicazione ci sono?
GB:No, ancora non ci ho pensato. Anzi affidando il software alla comunità open source speravo di trovare persone interessate a svilupparlo. Comunque in generale dovrebbero essere gli psicologi e i linguisti le categorie particolarmente interessate, e poi naturalmente tutti quelli che nelle scuole elementari e medie si occupano dei disturbi specifici dell'apprendimento.
Il risultato si chiama STRUDLE (strumento d'aiuto alla diagnosi della dislessia), un progetto open source ospitato su SourceForge, un software che tramite il riconoscimento vocale e la comparazione di questi dati con quelli corretti, permette di fare un primo screening e selezionare i soggetti che potrebbero essere a rischio rispetto a quelli che certamente non lo sono. Siccome si tratta di un'applicazione di ambito medico, Giacomo ha deciso che doveva essere pronta per qualsiasi piattaforma e disponibile a tutti, per questo ha scelto di programmarla in Java e distribuirla sul canale open.
Quando l'abbiamo sentito tuttavia non era ancora deciso quale tipo di licenza adottare.
Punto Informatico: Perché una licenza libera?
Giacomo Bartoloni: Perché penso che uno strumento che porti un miglioramento nella salute debba essere disponibile a tutti. E poi con l'open source si hanno dei mezzi che io, ragazzo di 24 anni, non potrei mai avere. Tramite siti come Sourceforge.net posso trovare altra gente per programmare questa cosa, anche se quando non c'è un interesse economico dietro poi è difficile.
PI: Però sei ancora indeciso sulla licenza
GB: Prima di tutto non sono molto informato sui tipi di licenze e sui diritti e i doveri che comportano. L'unica cosa che mi preme e che chi usi il mio software per professione me lo segnali, vorrei una licenza che mi consenta di chiedere questo.
PI: Come ti poni riguardo alla possibilità che chi modifica il tuo software possa poi distribuirlo in versione proprietaria?
GB: Vorrei più che altro saperlo, se uno rilascia una versione migliorata del mio software e lo mette a pagamento me ne deve parlare, poi io non impedirò questa cosa. Ho messo la prima pietra e so che si può fare di meglio, ma vorrei fosse noto il fatto che questa prima pietra l'ho messa io. Per il momento comunque è distribuito sotto una licenza GNU GPL e sto curando la leggibilità del codice.
PI: Tecnicamente come funziona?
GB: L'ho programmato in Java, usando le librerie SWT, infatti come prima cosa vorrei portare tutto a Swing, per rendere il programma maggiormente indipendente da librerie esterne alla JRE. Per fare il riconoscimento vocale mi sono basato su HTK che è un software che sfrutta le proprietà dei modelli di Markiv nascosi (HMM) e che è utilizzato anche in alcuni programmi commerciali open source ed è sviluppato da un'università inglese. Questo mi dà la sicurezza che dietro ha una vasta comunità che lo segue e lo sviluppa. In questo modo il programma prima rileva e riconosce l'input audio e poi fa il matching con quello che dovrebbe sentirsi dire.
PI: Già è stato testato? O almeno è adottato da chi te lo aveva commissionato?
GB: Il linguista che lo ha commissionato lo ha già, ma ancora deve partire la sperimentazione. Quanto alla fase di test, sono andato in una scuola elementare a registrare le voci dei bambini per allenare il computer, poi ho preso dai linguisti le registrazioni di bambini dislessici. Tutto sta nell'allenare il sistema a riconoscere il parlato. Ho visto che questi sistemi vengono allenati con in media 1800 voci, io l'ho allenato con 60 voci e questo è un problema. Però per ovviare a questo, in parallelo ho sviluppato un programma che faccia la procedura d'allenamento in maniera automatica (HMMTrain). Così anche uno psicologo può allenare il sistema con dei campioni.
PI: Altri partner che possono essere interessati ad una simile applicazione ci sono?
GB:No, ancora non ci ho pensato. Anzi affidando il software alla comunità open source speravo di trovare persone interessate a svilupparlo. Comunque in generale dovrebbero essere gli psicologi e i linguisti le categorie particolarmente interessate, e poi naturalmente tutti quelli che nelle scuole elementari e medie si occupano dei disturbi specifici dell'apprendimento.
da PUNTO INFORMATICO del 23/04/07
11.4.07
Quando un software è una tesi di laurea
Como - Alle volte le idee migliori arrivano dall'università e persino in un paese come l'Italia, in cui sono pochi gli atenei in grado di mantenere un laboratorio ad alto livello, alcune buone idee arrivano dai laureandi. È successo con IRIS, sistema di rilevazione degli incidenti stradali messo a punto da due studenti come tesi di laurea specialistica in ingegneria informatica presso il Politecnico di Milano, sede di Como.
Emilio Salmeri e Luca Ronchetti hanno ideato e realizzato, con la consulenza delle forze dell'ordine cittadine, l'applicazione web Indagine e Rilevazione degli Incidenti Stradali, in grado di agevolare l'operazione di immissione e revisione dei dati relativi ad incidenti con feriti o deceduti e soprattutto in grado di renderne molto più veloce e pratica la consultazione da parte sia degli utenti che delle forze dell'ordine.
IRIS è al momento in fase di test, le forze dell'ordine di Como la stanno collaudando ma ancora non è stato adottato ufficialmente. Quando questo accadrà, il principale beneficiario sarà l'ISTAT, che periodicamente si occupa di fornire le statistiche relative alla frequenza, alle motivazione e alle zone degli incidenti. Con IRIS l'istituto di rilevazione riceverà un flusso di dati continuo, nella forma di un file txt, anziché vedersi recapitare mensilmente o trimestralmente, come avviene ore, dei moduli a lettura ottica per ogni incidente. Abbiamo sentito Emilio Salmeri per capire meglio come è stata realizzata e che problemi può risolvere IRIS.
Punto Informatico: Perché per la vostra tesi di laurea avete scelto di costruire un software per monitorare gli incidenti?
Emilio Salmeri: Principalmente perché ci sembrava qualcosa di cui ci fosse molto bisogno, un modo per costruire qualcosa di utile per la comunità. Il nostro territorio infatti, specialmente nei periodi estivi, è interessato da un forte aumento del traffico su strada specialmente dei motociclisti.
PI: Quindi che utilità può avere? Che problemi può risolvere?
ES: Principalmente permette alle forze dell'ordine di comprendere i motivi dell'incidentalità, perché consente di abbreviare il periodo di elaborazione delle statistiche. Cioè se ricevi le statistiche degli incidenti molti mesi dopo che avvengono non capisci che magari accadono in una particolare zona perchè c'è un cantiere o un cartello messo male. Dopo 24 mesi è tardi per fare un'analisi efficace, mentre monitorando tutto online è più facile fare ricerche sull'eccesso di velocità associata all'alcol o alle discoteche ecc. ecc. IRIS non può servire a prevenire gli incidenti ma può aiutare a conoscerli meglio e quindi in questo senso a prevenirli.
PI: In quest'ottica per lo sviluppo avete dovuto collaborare con la polizia?
ES: No no. Lo sviluppo è nostro anche perché loro non avevano le competenze tecniche. Le forze dell'ordine ci hanno guidato nella fase di conoscenza del problema fornendoci elementi di grande aiuto. Ma l'idea è partita anche da loro perché all'inizio il progetto era molto piccolo, poi si è evoluto proprio grazie ai suggerimenti. Il risultato finale insomma è frutto della loro conoscenza del problema e della nostra conoscenza tecnologica.
PI: IRIS vuole migliorare l'attuale conoscenza dei dati relativi agli incidenti stradali, come funziona?
ES: Prima c'è l'inserimento: si inseriscono i dati generali (data, ora, via, manto stradale...), poi i veicoli (targa, tipologia, peso, passeggeri...), poi i pedoni (se ci sono). Una volta confermato l'inserimento, l'applicazione ti dà un codice di protocollo duplice (dell'applicazione e cartaceo). Quando tutto è fatto il documento può essere consultato e modificato direttamente online e con facilità (cosa utile specialmente nel caso di scoperte successive all'archiviazione dell'incidente).
PI: Però è un servizio pensato anche per i cittadini
ES: Sì, ci sono anche funzionalità di contorno come la gestione delle info stradali, la profilazione degli utenti e l'accesso da parte degli stessi alle statistiche relative alla propria zona o da parte delle prefetture alle statistiche del territorio. Chiaramente infine, siccome spesso possono essere molto complesse, ogni query può essere salvata.
PI: Perché farne proprio un'applicazione web?
ES: Perché è 100% compatibile con qualunque client e perchè dalla parte delle forze dell'ordine c'è la possibilità di centralizzare i dati, oltre a consentire l'inserimento e la consultazione contemporanea a più enti, tutto in real time. Anche la manutenibilità ci ha fatto propendere per questa scelta. Abbiamo fatto tutto utilizzando ASP.net e Visual Basic.net su Microsoft SQL Server.
da PUNTO INFORMATICO del 11/03/07
Emilio Salmeri e Luca Ronchetti hanno ideato e realizzato, con la consulenza delle forze dell'ordine cittadine, l'applicazione web Indagine e Rilevazione degli Incidenti Stradali, in grado di agevolare l'operazione di immissione e revisione dei dati relativi ad incidenti con feriti o deceduti e soprattutto in grado di renderne molto più veloce e pratica la consultazione da parte sia degli utenti che delle forze dell'ordine.
IRIS è al momento in fase di test, le forze dell'ordine di Como la stanno collaudando ma ancora non è stato adottato ufficialmente. Quando questo accadrà, il principale beneficiario sarà l'ISTAT, che periodicamente si occupa di fornire le statistiche relative alla frequenza, alle motivazione e alle zone degli incidenti. Con IRIS l'istituto di rilevazione riceverà un flusso di dati continuo, nella forma di un file txt, anziché vedersi recapitare mensilmente o trimestralmente, come avviene ore, dei moduli a lettura ottica per ogni incidente. Abbiamo sentito Emilio Salmeri per capire meglio come è stata realizzata e che problemi può risolvere IRIS.
Punto Informatico: Perché per la vostra tesi di laurea avete scelto di costruire un software per monitorare gli incidenti?
Emilio Salmeri: Principalmente perché ci sembrava qualcosa di cui ci fosse molto bisogno, un modo per costruire qualcosa di utile per la comunità. Il nostro territorio infatti, specialmente nei periodi estivi, è interessato da un forte aumento del traffico su strada specialmente dei motociclisti.
PI: Quindi che utilità può avere? Che problemi può risolvere?
ES: Principalmente permette alle forze dell'ordine di comprendere i motivi dell'incidentalità, perché consente di abbreviare il periodo di elaborazione delle statistiche. Cioè se ricevi le statistiche degli incidenti molti mesi dopo che avvengono non capisci che magari accadono in una particolare zona perchè c'è un cantiere o un cartello messo male. Dopo 24 mesi è tardi per fare un'analisi efficace, mentre monitorando tutto online è più facile fare ricerche sull'eccesso di velocità associata all'alcol o alle discoteche ecc. ecc. IRIS non può servire a prevenire gli incidenti ma può aiutare a conoscerli meglio e quindi in questo senso a prevenirli.
PI: In quest'ottica per lo sviluppo avete dovuto collaborare con la polizia?
ES: No no. Lo sviluppo è nostro anche perché loro non avevano le competenze tecniche. Le forze dell'ordine ci hanno guidato nella fase di conoscenza del problema fornendoci elementi di grande aiuto. Ma l'idea è partita anche da loro perché all'inizio il progetto era molto piccolo, poi si è evoluto proprio grazie ai suggerimenti. Il risultato finale insomma è frutto della loro conoscenza del problema e della nostra conoscenza tecnologica.
PI: IRIS vuole migliorare l'attuale conoscenza dei dati relativi agli incidenti stradali, come funziona?
ES: Prima c'è l'inserimento: si inseriscono i dati generali (data, ora, via, manto stradale...), poi i veicoli (targa, tipologia, peso, passeggeri...), poi i pedoni (se ci sono). Una volta confermato l'inserimento, l'applicazione ti dà un codice di protocollo duplice (dell'applicazione e cartaceo). Quando tutto è fatto il documento può essere consultato e modificato direttamente online e con facilità (cosa utile specialmente nel caso di scoperte successive all'archiviazione dell'incidente).
PI: Però è un servizio pensato anche per i cittadini
ES: Sì, ci sono anche funzionalità di contorno come la gestione delle info stradali, la profilazione degli utenti e l'accesso da parte degli stessi alle statistiche relative alla propria zona o da parte delle prefetture alle statistiche del territorio. Chiaramente infine, siccome spesso possono essere molto complesse, ogni query può essere salvata.
PI: Perché farne proprio un'applicazione web?
ES: Perché è 100% compatibile con qualunque client e perchè dalla parte delle forze dell'ordine c'è la possibilità di centralizzare i dati, oltre a consentire l'inserimento e la consultazione contemporanea a più enti, tutto in real time. Anche la manutenibilità ci ha fatto propendere per questa scelta. Abbiamo fatto tutto utilizzando ASP.net e Visual Basic.net su Microsoft SQL Server.
da PUNTO INFORMATICO del 11/03/07
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