29.12.06

Nella sfida tra cinepanettoni vince il telefonino

Della guerra tra cinepanettoni si è parlato in abbondanza, ma tutto questo clamore intorno ai divorzi artistici e alla concorrenza per il favore del copioso pubblico natalizio ha fatto passare in secondo piano una curiosa spartizione di mercato. Infatti i due cinepanettoni di quest'anno, Olè con Massimo Boldi e Natale a New York con Christian De Sica, più il meno natalizio (perchè uscito il 1° dicembre) ma sempre di grande richiamo Anplagghed di Aldo, Giovanni e Giacomo, sono sponsorizzati ognuno da un gestore telefonico diverso. Il medesimo gestore che poi può contare tutto l'anno sul volto dei protagonisti di questi film per i suoi spot.
Chi si è interessato alla questione ha avuto moltissime occasioni di sentire e risentire i motivi e le cause che hanno portato al divorzio della coppia comica più longeva e di successo del nostro cinema, il duo Boldi-De Sica. Motivazioni legate a problemi con la sceneggiatura e con le scelte artistiche del produttore storico dei film di Natale, Aurelio De Laurentiis, e che hanno spinto Massimo Boldi a cercare un'alternativa presso la Medusa.
Ma in un momento in cui il cinema italiano sperimenta il product placement, cioè il posizionamento assolutamente legale di marche e prodotti all'interno di un film con il fine di promuoverli (da noi è legale solo da un anno circa), una simile concorrenza si rispecchia anche sul piano commerciale. Non è infatti una novità che film di così grande successo come i cinepanettoni siano un veicolo perfetto di promozione e dunque che le grandi marche facciano a gara per sponsorizzarli mettendo i propri prodotti nelle mani di Elisabetta Canalis, Vincenzo Salemme o Claudio Bisio. Ancora meglio se poi il testimonial rimane tale per tutto l'anno negli spot televisivi, rafforzando continuamente il legame volto/marca.
Accade così che in Anplagghed, riduzione cinematografica dell'omonimo spettacolo teatrale di Aldo, Giovanni e Giacomo, nelle scene che fungono da raccordo tra uno sketch e l'altro (presenti unicamente nel film) si veda, e chiaramente in più di un'occasione, la caratteristica W arancione simbolo di Wind. Accade pure che in Natale A New York, film "brandizzato" Tim, non solo ci sia Christian De Sica (che per la Tim interpreta il vigile Urbano Persichetti) che ripete battute e tormentoni degli spot ma anche Elisabetta Canalis (altro volto simbolo della Tim non solo in televisione ma anche e soprattutto nella cartellonistica e su internet) e che una delle canzoni più sentite e utilizzate nella promozione del film sia la medesima che viene usata nello spot in causa. Infine accade che Olè, il cinepanettone vanziniano, metta in scena Massimo Boldi che furiosamente stacca la presa del telefono dal muro affermando che tanto non si usa più e poi guardando in camera lanci lo slogan "Life Is Now!", senza contare la preponderanza del marchio Vodafone su tutti i telefoni utilizzati nelle varie videochiamate sparse nel film, che tra le altre cose hanno una qualità ben lontana da quella reale, cosa già accaduta in Il Mio Miglior Nemico in virtù della presenza del testimonial Vodafone estivo Silvio Muccino (a questo proposito si può parlare di cinesponsorizzazione ingannevole?).
Si conferma così in maniera perfettamente legale e alla luce del giorno la vera vocazione di questo cinema che una volta l'anno invade le sale italiane cercando (a discapito delle produzioni straniere) di fare incetta di biglietti staccati per incamerare quegli incassi in grado di mantenere in piedi l'industria fino all'anno seguente.

da IL SECOLO XIX del 29/12/06

21.12.06

Giù Per Il Tubo: animazione in computer grafica in stile Aardman

È un curioso ibrido Giù per il tubo: un film d'animazione realizzato completamente al computer che cerca di imitare lo stile dell'animazione dal vero, quella in stop-motion. E non uno stile generico, ma in particolare quello della Aardman, lo studio che ha prodotto i lavori di Nick Park come Galline in fuga e Wallace & Gromit: la maledizione del coniglio mannaro e che, assieme alla Dreamworks, è responsabile di quest'ultima fatica in 3D. "Penso che siamo riusciti a conservare il look Aardman nel lavoro della cinepresa e della luce, nonché nell'animazione", ha dichiarato Frank Passingham, uno dei responsabili dei layout, spiegando poi come sia stato necessario per esempio "in termini di movimento della cinepresa mantenere la prospettiva bassa per la maggior parte del tempo". Sono stati infatti i piccoli accorgimenti come questo a creare la fusione tra i due stili di animazione.

Il risultato finale è un cartone che riesce a sfruttare il disegno e la computer grafica come un mezzo e non come un risultato. Nessuno degli espedienti tecnologici necessari per realizzare questo cartone animato infatti desta meraviglia nello spettatore, perché sono tutti abilmente nascosti, tutto è finalizzato a creare un effetto di realtà (l'imitazione dell'animazione stop-motion) e quindi di trasparenza. La tecnologia che tenta più che può di nascondere se stessa. E questo è il maggior pregio di una tecnica che riporta necessariamente al centro la narrazione e si sottomette a essa.
L'idea originale tuttavia era quella di realizzare un film in stop-motion tradizionale con magari qualche inserto in computer grafica. Col procedere dell'ideazione della trama però i creatori si sono presto resi conto di come gli "aiuti" da parte del computer sarebbero stati necessari in quasi tutte le sequenze. Uno degli elementi fondamentali del film, l'acqua e l'animazione dei liquidi, è il tallone d'Achille della tecnica stop-motion, tanto che viene evitata come la peste. E Giù per il tubo è tutta una variazione sui temi della vita nelle fogne, quindi decisamente a stretto contatto con l'acqua. Da qui la decisione di tentare di realizzare il film tutto quanto in computer grafica senza tuttavia abbandonare lo stile visivo e l'approccio grafico dei pupazzi in plastilina Aardman.

Lungi dal semplificare la vita agli animatori, questa decisione ha comportato uno slittamento nella pianificazione della lavorazione del film che a questo punto necessitava di passare attraverso i classici step di un cartone animato in 3D, ma con qualche ovvia differenza.
Per esempio i personaggi non avrebbero goduto di un'animazione tradizionale. Una delle caratteristiche più evidenti dello stile Aardman infatti è il cosiddetto "monobrow", ovvero il sopracciglione unico che serve a conferire gran parte dell'espressività ai personaggi, che doveva essere utilizzato anche in questo caso come grimaldello per far esprimere i caratteri, senza contare poi il particolare modo di rendere i movimenti della bocca.
Ma ancora di più, gli animatori dovevano sottostare alle ferree leggi della gravità, solitamente ininfluenti nel mondo dell'animazione ma fondamentali nella modellazione dei pupazzi in plastilina, andando in deroga solo in casi speciali. Un esempio è il personaggio del Rospo, una figura impossibile da modellare nella realtà, quelle gambe sottili infatti non sarebbe assolutamente in grado di reggere il peso di quel corpo e che poteva prendere vita quindi solo grazie al computer.

Le distanze dall'animazione stop-motion sono state prese anche per la realizzazione delle scene più dinamiche, sfruttando a pieno le possibilità di libertà di movimento della macchina da presa che la grafica computerizzata consente.
Sempre Frank Passingham per fare un esempio spiega come "volevamo che Roddy fosse risucchiato nel vortice del flusso d'acqua. Perciò abbiamo effettuato una ripresa a spirale. Inoltre abbiamo scosso e mosso un po' la cinepresa per rendere l'idea del topo che viene trasportato nel mondo sottostante", ma non solo. Anche la scena dell'inseguimento nelle fogne ha richiesto parecchi accorgimenti: "La prima cosa su cui abbiamo dovuto lavorare è stata la velocità della barca. All'inizio la barca ha una certa velocità, poi accelera quando inizia la corsa e quindi va al massimo nella scena finale". La scelta della velocità, lungi dall'essere un particolare trascurabile, è anche il metro con il quale si decide la profondità del fondale, in questo caso un tunnel, e determina anche il livello di messa a fuoco degli sfondi, cosa che serve a conferire il senso del movimento e per l'appunto della velocità. "Così per rendere la sequenza spettacolare" continua Passingham " la squadra ha realizzato una delle più celebri scene d'inseguimento della storia del cinema, ispirandosi alla scena dell'inseguimento delle automobili di Il braccio violento della legge. In quel film le cineprese erano state montate sui paraurti delle auto, noi invece abbiamo montato una cinepresa vicino all'acqua, dando il senso della velocità e rendendo la sequenza ancora più elettrizzante".

da MYMOVIES del 21/12/06

ShareMedia, web-tv made in Italy

Roma - Dal 26 ottobre è sul mercato ShareMedia, una collaborazione Unidata, Unicity, RAI e Microsoft, tesa a fornire servizi, software e infrastrutture per quanti volessero realizzare e distribuire contenuti video attraverso la rete. ShareMedia vuole presentare se stessa non come una IPTV ma come un service di web-tv che si appoggia ad un'infrastruttura libera e non ad una rete proprietaria.

Al progetto, Unidata collabora fornendo l'erogazione del servizio tramite infrastrutture, data center e server, Unicity occupandosi dello sviluppo del software e dei contenuti, RAI sperimentando i contenuti e Microsoft fornendo la tecnologia di base, dai DRM allo streaming. In questo modo Sharemedia può fornire un pacchetto completo (dall'infrastruttura ai contenuti) o parti di esso. Per capirne di più, Punto Informatico ha scambiato quattro chiacchiere con Renato Brunetti, presidente Unidata.

Punto Informatico: Sharemedia afferma di trasmettere filmati con la medesima qualità del segnale televisivo, è la verità?
Renato Brunetti: Sì, trasmettiamo con uno streaming da 1 Mbit, con il video compresso opportunamente otteniamo un broadcasting normale ricevibile correttamente da qualsiasi Adsl media. Se dunque la connessione del cliente consente 1 Mbit, avrà la medesima qualità di una trasmissione video in Mpeg2.

PI: Mi è sembrato di capire che il target a cui vi rivolgete è quello business, aziende che vogliono realizzare delle web-tv interne, giusto?
RB: Sì, uno dei mercati è quello che corporate tv. Sia verso l'esterno che verso l'interno, a scopo formazione o veicolazione di contenuti specifici, come eventi aziendali.

PI: E non ci sono altri mercati nei quali volete entrare?
RB: Beh c'è la vendita di contenuti. Attraverso un sistema molto robusto di DRM se qualche cliente lo vorrà fare potrà scaricare e comprare film o altri contenuti a pagamento. Siamo in grado di offrire sia uno streaming con fruizione immediata del contenuto che il download, cioè ci si scarica il film e lo si vede successivamente con tutto un meccanismo di protezione di contenuti.

PI: In questo senso entra in gioco anche Microsoft. Il vostro rapporto con il big di Redmond si limita al DRM?
RB: No, va anche più in profondo a livello di sviluppo combinato. Parte di quello che stiamo sperimentando sarà integrato in Sharepoint (il celebre portal server Microsoft, ndr.).

PI: Per i contenuti avete preso accordi specifici con le case di distribuzione?
RB: No no, questo sta al cliente, non è il nostro ambiente. Noi forniamo unicamente la tecnologia a chi vuole andare sul mercato della distribuzione dei contenuti.

PI: Punto Informatico ha più volte affrontato la questione web tv - iptv, la vostra scelta cade sulla web tv, perché?
RB: L'IPTV oggi è una soluzione di televisione in diretta o on demand, che è proprietaria dentro la rete, nel senso che ogni operatore ha la sua: Fastweb, Telecom, Tiscali e via dicendo. Si tratta di ambienti chiusi, perché con il set top box di Fastweb non si vede la tv di Telecom e viceversa, sono tv in concorrenza con la tv satellitare o il digitale terrestre.

PI: Invece voi?
RB: Il nostro è un concetto diverso, la tv deve essere trasportata direttamente su internet, disponibile a tutti senza concessioni proprietarie. Anche perché con la grande disponibilità di larga banda è assolutamente possibile anche utilizzando dei set top box di tipo standard come il Media Center di Microsoft. Noi possiamo quindi sia trasmettere verso PC che su set top box aperti (non proprietari) collegati alla tv. Secondo me poi aumentando sempre di più la banda è più logico fare la tv direttamente su internet, e questo è dimostrato anche dal successo di siti come YouTube.

PI: Ecco, voi come vi ponete rispetto alla produzione di contenuti dal basso?
RB: Non è escluso che qualora ci sia un cliente interessato lo possiamo fare, ma a brevissimo termine comunque non è un progetto. A metà dell'anno prossimo forse...

PI: Al momento i vostri clienti di punta sono RAI e Publicis, è prevista l'aggiunta di qualche altro cliente importante?
RB: Non ci sono ancora annunci ufficiali ma arriveranno a breve.

PI: Ma parliamo sempre di corporate tv?
RB: Beh anche una via di mezzo, sono contratti non ancora chiusi e quindi non posso anticipare, ma tra poche settimane saranno definitivi.


da PUNTO INFORMATICO del 21/12/07

3.12.06

Hollywood, le star si mettono in proprio
producono film per internet e cellulari

E' uscito oggi nelle sale e fra soli quindici giorni sarà scaricabile via internet. E' il film "10 items or less", diretto da Brad Siberling, protagonisti Morgan Freeman e Paz Vega che verrà distribuito sul web e potrà essere scaricato attraverso il sito di Clickstar. E' un ulteriore novità nel movimentato mondo del cinema che sta passando dalla vecchia era analogica a quella digitale.

Ma la notizia più interessante è che Clickstar non è gestito dalle major cinematografiche o da qualche imprenditore del web, ma da un gruppo di attori e registi che hanno deciso di muoversi in maniera indipendente sul fronte delle nuove tecnologie. Freeman ne è l'animatore e accanto a lui ci sono Danny De Vito, Peter Bogdanovich e Tom Shadyac.

Clickstar è una compagnia di produzione e distribuzione indipendente con la quale Freeman intende diffondere il cinema digitale attraverso internet. "10 items or less" potrà essere scaricato in noleggio (quindi da vedere entro 72 ore) dal sito della Clickstar già due settimane dopo l'uscita in sala e farà da traino per la compagnia di Freeman che vuole diventare una valida alternativa alla distribuzione tradizionale creando di un canale a banda larga dal quale diffondere prime visioni o uscite pre DVD.
Una distribuzione di questo tipo non andrà ad intaccare né il box office né il mercato dei DVD, secondo Freeman, ma si sommerà a questi: "Esercenti e produttori hanno etichettato troppo in fretta le nuove tecnologie come una minaccia. " ha detto l'attore "Nulla li ha mai tirati fuori dal business e credo proprio che nulla lo farà. L'esperienza di fruizione cinematografica continuerà".

Il sentimento di insofferenza verso il sistema di distribuzione canonico americano da parte di registi e autori è già abbastanza diffuso. Ma solo ora, grazie all'affidabilità e alla qualità dei nuovi mezzi digitali, si sta creando un curiosissimo partito trasversale di star hollywoodiane stanche della dittatura degli studios o semplicemente desiderosi di sperimentare con le tecnologie digitali. Grandi nomi che non sono quelli che ci si aspetta, cioè i soliti Lucas e Cameron o i più giovani Soderbergh e Clooney da tempo in campo per la promozione delle nuove tecnologie nel cinema.

Robert Redford, da tempo in prima linea nel mondo del cinema indipendente con il suo Sundance Film Festival, ha infatti commissionato a cinque cineasti indipendenti (tra i quali anche Jonathan Dayton e Valerie Faris registi del recente successo "Little Miss Sunshine") la realizzazione di brevi film (dai 3 ai 5 minuti) destinati alla fruizione su telefoni cellulari che saranno presentati al 3Gsm World Congress di Barcellona nel febbraio 2007. Già esistono contenuti cinematografici per telefonini ma per la prima volta dei registi realizzeranno dei minifilm con in mente quel tipo di destinazione.

L'obiettivo di Redford è dunque lo stesso dei suoi colleghi, nelle sue parole, creare una piattaforma che consenta "agli artisti di sviluppare, crescere ed avere l'opportunità che pubblico e consumatori possano vedere lavori che altimenti non potrebbero vedere. Il Sundance è stato creato per diventare un luogo dove dare vita a nuove voci nel cinema e nutrire questo sviluppo. Il telefono cellulare rappresenta una nuova direttrice per il futuro".

Ma anche David Lynch è sul piede di guerra: "I distributori tradizionali sono una pena nel cuore e io ho chiuso con tutto questo", Il regista ha deciso, da qualche settimana di prendere su di sè e sulla sua compagnia (la Absurda and 518 Media) l'onere di distribuire i suoi film, anche per avere più controllo sui risultati delle sue opere. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le difficoltà legate alla diffusione nelle sale cinematografiche del suo ultimo film Inland Empire (tre ore di puro Lynch onirico), lungaggini e resistenze da parte dei distributori che hanno spinto il regista americano a fare tutto da solo, in un tour promozionale che per il momento toccherà 10 città americane e nel quale sarà accompagnato da una mucca: "Ho mangiato molto formaggio sul set del film" ha dichiarato "e mi ha reso felice".

da LA REPUBBLICA e REPUBBLICA.IT del 2/12/06

2.12.06

Sette anni per far ballare i pinguini

Sapevamo che non sarebbe stato facile addestrare un pinguino a ballare!", scherza George Miller (regista e ideatore di Happy Feet nonchè autore di due film della saga Mad Max e di Babe - maialino coraggioso), ma quello che vuole dire è che, a differenza del suo film precedente sugli animali (per l'appunto Babe), girato tutto quanto con bestie vere e qualche aiuto digitale, in questo caso ha dovuto affidarsi al 100% all'animazione in computer grafica. A giudicare dai tempi di realizzazione del film non sembra che questo gli abbia semplificato la vita.
Infatti, per la realizzazione di questo film, sono stati necessari sette anni. Sette anni nei quali George Miller ha avuto tempo per girare un altro film e nei quali è uscito La marcia dei pinguini, il documentario francese sempre incentrato sulla complicata vita dei pinguini imperatori a cui il cartone somiglia molto, ma dal quale Miller ci tiene a discostarsi: "Per fortuna è qualcosa di molto diverso. Se quei pinguini avessero ballato allora si che me la sarei presa!".

Sette anni in cui il lavoro è stato spalmato tra due case di produzione. L'australiana Animal Logic infatti non è uno studio di animazione e non potendosi trasformare interamente ha dovuto necessariamente interagire con un altro studio in America, la Giant Killer Robots di San Francisco. Tuttavia non potendo disporre dei fondi necessari per implementare una rete a fibra ottica che collegasse i due luoghi di lavoro, la produzione si è appoggiata a Sebastian, un progetto universitario per la realizzazione di film a distanza che fornisce connessioni ad alta velocità dedicate. Questo ha consentito l'invio di grosse moli di dati in tempi ragionevoli (ma non brevi!). In questo modo sia la parte australiana che quella americana della produzione potevano lavorare nel medesimo ambiente informatico (CineSync).
A questo punto dovrebbero essere più chiare le motivazioni che hanno prolungato per sette anni la lavorazione. Ma non basta. Molti altri fattori hanno influito, dalle difficoltà tecniche ai miglioramenti tecnologici.

Innanzitutto fin dall'inizio c'è stato il problema del motion capture: catturare i movimenti di Savion Glover, il ballerino di tip tap professionista che è stato scelto per prestare la sua abilità al protagonista Mambo, non è stata cosa facile. I passi di tip tap sono infatti incredibilmente veloci, specialmente nel caso di un professionista come Glover, e un normale sistema di motion capture non sarebbe stato in grado di percepire quello che gli stessi animatori non riuscivano a vedere a occhio nudo.
Una volta risolto questo problema è stato necessario spingere tutta la tecnica del motion capture decisamente in avanti, a un nuovo livello di complessità. Complessità necessaria, per esempio, a mettere a punto un sistema che consentisse di catturare i movimenti di un grande numero di ballerini che si esibivano contemporaneamente. In questo George Miller è stato aiutato dal lungo protrarsi della lavorazione.
Nei sette lunghi anni di lavoro infatti la tecnologia ha continuato a cambiare e a evolversi per cui capitava che, alcune cose scartate all'inizio della lavorazione per impossibilità tecnologica, divenissero invece possibili a un diverso stadio di produzione.

"Prima di iniziare la produzione di Happy Feet si potevano raccogliere informazioni in motion capture per appena cinque ballerini su uno stesso set" dice Brett Feeney, supervisore agli effetti speciali, "quando abbiamo finito quel numero era triplicato, potevamo arrivare fino a 17". A questo va poi aggiunto che in alcune scene del film i pinguini che ballano contemporaneamente sono diverse migliaia, e ognuno deve avere uno stile personale. È stato necessario quindi mettere a punto una tecnologia che gestisse indipendentemente ogni personaggio anche nelle scene di massa.
A un certo stadio della produzione poi è servito anche che la Animal Logic sviluppasse per l'occasione uno strumento, poi chiamato "lattice terrain adaptation", in grado di stabilire in tempo reale come i personaggi reagivano ai diversi tipi di terreno (neve, ghiaccio, terra...).
Il continuo miglioramento della tecnologia ha cambiato la natura stessa del film che all'inizio era abbastanza semplice. Lo stesso regista aveva previsto unicamente inquadrature da lontano poiché non credeva che i suoi personaggi, composti ognuno da 6 milioni di piume digitali, potessero essere realizzati con un'accuratezza tale da reggere un'inquadratura ravvicinata. Ma assieme alla tecnica, nelle parole di Miller, "anche le nostre ambizioni si sono evolute".

da MYMOVIES del 1/12/06